Capitolo 7: Soli insieme

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Quando tornammo alla mensa, Rian, così come la maggior parte del personale lavorante presso la base, si era dileguato lasciando solamente dietro di se un aspro odore di avanzi e sedie disordinate. Il robottino che qualche decina di minuti prima serviva i piatti, ora era piegato su se stesso in una posizione innaturale, storta; mi chiesi se anche una persona, una volta deceduta, avrebbe preso una simile postura. L'essere assunse con uno scatto del "volto" verso il basso le sembianze di Hein Kiyuu: gli occhi ruotati e la sigaretta che gli pendeva ancora fra le labbra scure e sporche di sangue. All'improvviso queste si schiusero e la lingua schioccò meccanicamente formulando una parola priva di senso compiuto "kore". Mi portai una mano alla bocca ed indietreggiai producendo un singulto spezzato dalla paura. La creatura, immobile dietro al bancone mi fissava con gli occhi vitrei e morti ma non accennava ad avvicinarsi, sentii le gambe tremare e mi poggiai ad un tavolo vicino per non cadere.

- Cosa ti prende? - Bastian mi posò una mano sulla spalla, e quando guardai da lui al robottino, questo era tornato in sé; il volto privo di sporgenze, liscio e scuro come ossidiana.

- Sono solo un po' stanca. - risposi guardando di sottecchi la figura antropomorfa. La spossatezza ti fa brutti scherzi, Lena. Probabilmente Hein Kiyu, come già mi aveva detto Rian, era già stato giustiziato, forse proprio mentre io scherzavo con Bastian, o forse quando mi godevo il pranzo, o ancora quando ridevo con i ragazzi. Sì certo, io ridevo, e qualcun altro moriva! Senza che io facessi niente per salvarlo. Con che diritto io potevo sorridere, divertirmi con quel peso che mi gravava sulle spalle? In un certo senso lui si fidava di me, lo potevo sentire fin dentro le ossa come una consapevolezza primordiale eppure lo avevo deluso, sì, sicuramente lo avevo deluso.

- Lena, sei strana... cioè, più strana del solito. - si affrettò ad aggiungere Bastian.
Il ragazzo al mio fianco, inconsciamente, aveva iniziato a farmi strada verso la mia stanza, forse aveva intenzione di farli riposare un po'. Aveva lo sguardo assorto in qualcosa che. ancora una volta, non riuscivo a vedere, a captare. Con delicatezza ed esitazione mi poggiò un braccio attorno alle spalle con fare protettivo. Che gli prendeva? Tutto d'un tratto era più gentile e comprensivo. Pensai di star sorridendo, ma il volto del ribelle mi colpì di nuovo come un pugno in faccia. Bastian è l'alleanza: l'icona di ciò che più al mondo volevo - dovevo - estirpare.

Mi scostai con uno scatto dalla sua presa leggera. Il ragazzo lasciò la mano a mezz'aria e schiuse le labbra per la sorpresa. Mi sentii immediatamente in colpa perché in fin dei conti non meritava di essere trattato così e lo sapevo, eppure non riuscivo a farne a meno. Non riuscivo a vedere i suoi occhi senza scorgere la malvagità di quel giorno su Marte che lo aveva animato come un folle, un animale imbestialito.

- Non c'è bisogno che mi accompagni. - ribattei fredda, non lasciandogli il tempo di dire qualcosa, qualunque cosa. Prima che potesse rispondere, presi a camminare più velocemente, così da inabilitarmi nell'udire un'ipotetica risposta; ma ormai mi sembrava di conoscerlo: sapevo che non avrebbe detto una sola parola.

Quando aprii la porta della mia stanza, mi ci fiondai dentro accasciandomi subito dopo sul letto ancora sfatto. Ripensai alla camera così ordinata di Bastian e al casino che io invece producevo ed ero. No, non ero io il problema, forse.

Per la prima volta da diversi giorni mi permisi finalmente di piangere, immersa dalle lenzuole calde e profumate: un pianto liberatorio, lungo e silenzioso. Colmo della tristezza per Hein Kiyu, per la sua famiglia, per il fatto che io non conoscessi i miei genitori come invece credevo di fare, per come in quel luogo fossi sola, sola e infinitamente patetica. Colmo della rabbia nei confronti del tenente, nei confronti di chi mi aveva tenuto tutti i segreti, rabbia nei confronti di Bastian perché Bastian era Bastian, ma soprattutto rabbia nei confronti di me stessa. Sciocca. Debole. Patetica.

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