Capitolo 3

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Fiori rossi dalla fanciulla rossa

Primo problema dell'essere un fantasma: potevo passare attraverso le pareti? Osservai la porta d'ingresso e feci un respiro profondo (per così dire).

- Ce la puoi fare, Grid. - mi dissi. - Sei un fantasma, no?

Presi la rincorsa (per quanto si possa prendere la rincorsa a un metro da terra) e mi precipitai verso l'ingresso. Quando mi spiaccicai contro la porta come una zanzara ad un parabrezza pensai Come non detto. Non sentivo dolore, e nessuno poteva vedermi, ma il senso di umiliazione comparve lo stesso. Feci un giro su me stessa, pensando a come entrare in casa, ma fortunatamente la porta si aprì. Si affacciò mio padre, scrutando il cortile con aria pensierosa. Deglutii. Aveva il volto tirato, gli occhi rossi per le lacrime e pure la barba incolta. Da quanto tempo ero morta? Fece per rientrare, e io ne approfittai per superare la soglia.

- Casa dolce casa. - dissi.

Lanciai un'occhiata a mio padre, che nel mentre si dirigeva a passo lento verso la sala da pranzo. Non mi sentiva e non mi vedeva. Mi sentivo così male per lui... Poi mi venne un'idea. Avevo sbattuto contro la porta, quindi potevo toccare gli oggetti, non ero completamente incorporea. Feci una prova. Afferrai il telecomando della tv, buttato nel divano, e cliccai il tasto di accensione. Partì un telegiornale a basso volume. Lanciai un fischio di sorpresa. Funzionava. Spensi la tv e fluttuai in cucina, dove mio padre stava seduto al tavolo con la testa tra le mani. Passava così la giornata quando io non c'ero? Allungai una mano verso di lui, ma poi ci ripensai. Come avrei reagito se una forza invisibile mi avesse toccata? Come minimo mi sarei messa a strillare. Quindi scartai l'idea. Volai in camera mia e afferrai un pezzo di carta e una penna dalla scrivania in disordine. Mi si strinse il cuore. Papà non aveva toccato le mie cose, aveva lasciato tutto com'era. Tornai in cucina e quando mio padre sbiancò fissando il foglio capii che neanche quella era stata una buona idea. Ma ormai era troppo tardi. Mio padre era immobile, sembrava non respirare. Vidi il suo pomo d'Adamo muoversi mentre deglutiva rumorosamente. Sembrava terrorizzato. Beh, non potevo biasimarlo, stava guardando un foglio e una penna volanti. Poggiai il foglio al mio posto a tavola, accanto a lui, e iniziai a scrivere davanti ai suoi occhi. Lui spalancò la bocca e, una volta che ebbi finito, fissò le mie parole mentre le lacrime iniziavano a scivolargli lungo le guance. Ecco cos'avevo scritto:

Caro papà,

So che può sembrarti strano e incredibile, ma sto bene. Sono qui accanto a te, solo che tu non puoi vedermi né sentirmi. Ho visto anche il mio funerale, e grazie per le belle parole. Anch'io ti voglio bene. Scusa se sono morta. Ti prego, non avere paura.

Dopo un po' (probabilmente aveva avuto bisogno di leggerlo un paio di volte per crederci) fissò l'aria di fronte a sé, cercandomi.

- Grid? - mi chiamò, e la voce gli tremò per il pianto. - Sei davvero qui?

Ripresi la penna.

Sì, papà. Se ti abbraccio non urlerai, vero?

Glielo scrissi, giusto per prepararlo ad abbracciare un essere invisibile.

- No, tesoro. - rispose lui, spalancando le braccia e alzandosi in piedi. - Torna da me.

Lo strinsi forte e sentii il suo cuore battere contro il mio orecchio. Vivo. Chiusi gli occhi e sorrisi, mentre anche lui, un po' titubante, mi stringeva a sé.

- Figlia mia. - singhiozzò, seppellendo il viso sulla mia spalla. - Sono così felice che tu sia qui.

- Anch'io, papà. - risposi, anche se non poteva sentirmi.

Restammo abbracciati per un bel po' di tempo, cosa che sarebbe stata imbarazzante se fossi stata viva, poi gli spiegai la mia situazione con carta e penna. Il mio risveglio, il funerale, l'incontro col Capitano e con quelle bestie, le novità dell'essere un fantasma. Si sistemò gli occhiali sul naso e fissò l'aria, forse pensando che stesse guardando me.

La Scrittrice FantasmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora