1. Prima Parte

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Piccola nota introduttiva:

Come molte persone qui su Wattpad ho deciso di dividere questo primo capitolo in due parti, sia per non farlo troppo lungo sia per cercare di mantenere alta la curiosità nel lettore.
Premetto che non è il mio stile, dato che non sono una a cui piace lasciare le cose a metà.

Questa è stata pressocché una scelta organizzativa e, casomai arriverò a pubblicarne il cartaceo (anche se sinceramente ne dubito fortemente), credo proprio che unirò i due capitoli.

Correva. La sirena antiaerea stava suonando e lei non ci stava più con la testa.
Non aveva nulla contro gli ebrei né contro chiunque altro fosse stato diverso da lei, eppure il Nazismo mirava ad un'unica imposizione: l'annientamento delle razze inferiori.

Era pomeriggio inoltrato e quel fastidioso rumore che precedeva l'odore di cadaveri in stato di decomposizione, sangue, cenere e distruzione, l'aveva fatta scattare sull'attenti, facendola alzare di scatto dalla tavola dove si era seduta a pelare le patate per correre in strada. Ogni volta era in condizioni peggiori delle precedenti, ma ormai era abituata a non farci troppo caso. Nonostante ciò, la scena era sempre la stessa. Poco cambiava, se non il numero di feriti e di case distrutte dalle bombe degli alleati. Bisognava essere veloci a uscire dalle case e a fiondarsi in strada, nella speranza di riuscire a mettersi in salvo.

Ricordava fin troppo bene le volte che aveva visto gente che correva con le lenzuola in mano, nuda, perché la guerra e il nemico non aspettavano nessuno.
La vergogna, ormai, era stata surclassata dall'istinto di sopravvivenza. Non si sentiva neppure più la necessità di rendersi troppo presentabili, perché non vi era né tempo né interesse nel farlo. Chi, d'altronde, avrebbe avuto piacere di apparire in uno stato di precaria bellezza il giorno della sua stessa morte?

Dopo il frastuono assordante e la potenza distruttiva di un terremoto, tutto quello che restava del paesino non era altro che una nuvola di polvere, che aveva assunto l'amaro sapore della miseria.

La ragazza corse verso la madre che teneva in braccio la figlia Helen di pochi mesi, stretta al petto per non farle inalare l'odore acre saturo di cenere e polvere. Si tenne stretta alla madre, piangendo disperata a causa della paura e del dolore, dato dal suono lancinante e dalla polvere che l'aveva sporcata e che, tuttora, le causava grande fastidio agli occhi e alla pelle.
Poco dietro le spalle della donna, però, ancora giaceva la loro casa che, per miracolo, pareva intatta. Un leggero sorriso apparve sul volto della giovane che, con lentezza e delicatezza, posò la fronte su quella della madre. «Madre, per fortuna state bene...»
Lei la guardò, accennando un sorriso che lasciava trasparire la stanchezza del gesto. «Sto bene, Elsa... Per grazia del Signore.» disse lei, in aggiunta a quella risposta fortuita.

Lei, a seguire, si guardò intorno, mentre gli occhi arrossati si riempirono nuovamente di lacrime. Peter e Joachim Kaiser non erano lì con loro, mentre la loro povera madre piangeva disperata, urlando i loro nomi davanti alle macerie della loro casa, a circa due isolati da loro, come se l'unico motivo per cui figli non fossero stati lì con lei fosse stato il fatto che le sue urla non erano abbastanza forti da perforare i timpani del cielo.

L'anziana signora Meier, dall'altro lato della strada sterrata, si avvicinò alla donna e le poggiò con dolore e premura la mano sulla spalla, mentre la poveretta continuava a urlare e piangere in preda alla disperazione più profonda, piegata in avanti con il viso tra le mani.

Era uno scenario orribile. Vedere tutte quelle persone soffrire e subire solamente, perché impotenti al peso della guerra, le procurava un nodo allo stomaco e le bloccava la saliva in gola, rendendo il tutto difficile da mandare giù. «Elsa...»

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