-Lui chi è?-
-Lui chi?-Faccio cenno a Marco di voltarsi a guardare qualche tavolo più in là del nostro.
Sotto i portici Clarissa sorseggia uno spritz in quel vestito fucsia che svolazza ad ogni colpo d'aria, e che le sta così bene.
-Sarà un altro che è impazzito per lei. È incredibile la quantità di persone con cui è uscita in questo periodo, ho quasi perso il conto. Il bello è che le danno tutti retta.-
-Non penso che possa dirle tutto quello che le dicevo io.-
-Boh, non credo. Il poeta è un lavoro piuttosto raro.-
-Spero che- inizio, ma mi interrompo e lascio la frase sospesa finché il mio sguardo ritorna sul viso di Marco, che intuisco cominci ad essere stufo di questo mio vizio di non terminare mai le frasi e perdermi nei miei pensieri.
-Mi auguro di cuore che non ci incontreremo mai più.-
-Smettila di fare il melodrammatico, e sii realista, abitiamo in un paese di 2000 anime! Come fai a non incontrarla più? L'unica cosa che ti consiglio di fare è cercare di evitare una denuncia per stalking. -Incrocio le braccia offeso, non son mica ai quei livelli. Al massimo potrei squagliarmi sotto il sole di questa torrida estate, cosa che probabilmente sto già cominciando a fare visti gli aloni di sudore sotto la mia t-shirt.
In quel momento, però non m'importa. Qualcosa nel mio subconscio, maledetto Freud, mi fa alzare dalla sedia per dirigermi verso il tavolo di Clarissa, con tutta la disinvoltura che sono riuscito a raccogliere al momento. In compenso, probabilmente mi è caduta la dignità.
Non mi curo dell'espressione stupita sul volto di Marco, che non ho neanche il coraggio di guardare in faccia, perché so che altrimenti perderei subito tutta la mia forza di volontà.-Ciao Clarissa!-
Nel voltarsi tutta la sua chioma bionda e riccioluta ondeggia, accompagnata da un sorriso per nulla sorpreso.
-Ciao Tommaso, che piacere vederti! Non stare in piedi dai, prendi una sedia e mettiti con noi!-
Strascico una seggiola impagliata al tavolino, cercando di ignorare le occhiate malefiche che mi invia il tizio seduto davanti a lei, che per placare la rabbia mordicchia nervosamente la cannuccia del suo spritz.
-Tommi, ti presento Antonio. E' un carabiniere.-
Lui non mi stringe la mano, ne dice qualcosa di amichevole. Cerco semplicemente di ignorarlo.
-Non ti vedo abbronzata! Non vai in vacanza quest'anno?- le chiedo, cercando di far fruttare il mio talento da osservatore.
-In realtà sono appena tornata, siamo stati a Berlino, Antonio ha una casa là. Mamma mia, è proprio la città dei miei sogni, andrei a viverci! È come me la sono sempre immaginata!-Mentre mi racconta del suo viaggio a Berlino, Clarissa guarda con occhi sognanti Antonio che le sorride a sua volta. Sento un bruciore incontenibile salirmi dallo stomaco alla gola.
Sapevo benissimo che il suo sogno era quello di visitare la capitale della Germania, me lo ripeteva sempre.
Io purtroppo non potevo permettermi altro che Riccione, in cui la mia famiglia possiede un bilocale.
Siamo sempre andati là noi due, a Riccione. Non era il massimo, lo so, ma ci passavamo più tempo possibile e lei mi sembrava felice, anche se sapevo che non era quello che voleva.-Tu andrai a Riccione?-
Non c'è nessuna malizia nella sua domanda, solo genuina curiosità, ma io mi sento terribilmente in imbarazzo e tuttalpiù sento il carabiniere sghignazzare al mio fianco.
-Sì, sai... insomma, la notte giovane, la piadina, i selfie di ragazze dentro i bagni..-
Clarissa ride, e la sua risata spensierata mi fa quasi avere malinconia della squallida, bellissima Riccione. Così facciamo quasi a testa, una volta io ed una lei, a raccontare aneddoti sulle nostre estati lì, aneddoti che fanno ridere solo noi perché magari ci dimentichiamo dei pezzi o dal nulla aggiungiamo personaggi, che sono nostri amici o conoscenti, e che ci scordiamo di introdurre prima.
Continuiamo a parlare, pur sapendo che ad Antonio non interessano, ma in verità lui è solo una scusa per poter raccontare e ricordarci di quella che era, e forse, finalmente, lasciare andare i ricordi come facciamo con quel fiume di parole dalla bocca.Ricevo un messaggio da Marco, che ho effettivamente dimenticato al tavolino. Mi sento in colpa, e saluto Antonio con una stretta di mano, mentre abbraccio Clarissa per qualche secondo di troppo, per cui mi allontano appena sento il carabiniere tossire.
Marco mi guarda male, ma so che non è arrabbiato. Credo sia solo stanco di sentirmi parlare della mia ex, ma io ho dalla mia anni e anni di favori da riscattare, perciò non mi preoccupo più di tanto.
Sono un pessimo amico, lo so.-Com'è andata?- mi chiede con un tono non troppo entusiasta.
-Quasi quasi mi pento- sussurro, alzando le spalle -e non ci penso più.-