Autogrill, h. 6:45
-Cosa desidera?-
Erano le sette meno un quarto e l'autogrill era già stra pieno.
Solitamente lei è una di quelle persone che sa sempre cosa vuole, anche solo se si tratta di ordinare una semplice colazione, eppure quella mattina Diana non sapeva decidersi.
Forse perché aveva troppa fame, forse perché Luca le aveva dato carta bianca e aveva paura di prendere qualcosa che non gli piacesse.
Dietro di lei una famiglia di americani parlava con un tono di voce decisamente troppo alto per quell'ora del mattino, spintonandola involontariamente e mettendole fretta.
Quando finalmente alzò lo sguardo e si decise ad ordinare, la ragazza alla cassa sembrò non essersi poi accorta di tutta quell' indecisione, e accennando uno sbadiglio le consegnò lo scontrino senza aggiungere altro.
Al bancone delle colazioni un ragazzo le prese con fermezza lo scontrino dalle mani senza neanche guardarla in faccia, ma non avrebbe potuto nemmeno volendo, visto che il cappellino arancione della divisa era stato posizionato in modo da coprirgli metà viso, in quella maniera zarra in cui lo indossano i rapper.-Il caffè americano e la ciambella può venirli a prendere dopo il mio ragazzo?- chiese.
Finalmente il commesso si alzò il cappello e Diana poté guardarlo in faccia. Aveva questi occhi azzurri ghiaccio e un viso ancora giovane, anche se la barba le suggeriva che fossero all'incirca coetanei.
-Per una bella ragazza come te questo ed altro.- rispose lui.
Un tipo che si atteggia da sborone con una voce così nasale non era credibile proprio per niente, ma lo ringraziò ugualmente con un sorriso e si sedette a uno dei pochi tavoli rimasti.
Mentre era concentrata a mandare un messaggio a Luca, per sapere come stava andando la sostituzione della gomma che aveva causato quell'inaspettata sosta, il rumore dell'altra sedia del suo tavolino che strisciava sul pavimento la costrinse ad alzare la testa: il ragazzo del bancone si era seduto proprio lì.
Lo guardò attonita, mentre lui sembrava studiarla. Trascorsero interminabili secondi di silenzio, quando finalmente lo sconosciuto parlò .
-So che ti sembrerà una domanda strana, ma mi devo togliere questo dubbio o continuerò a tormentarmi per il resto della vita. Ti chiami Diana?-
Lei annuì, con un'espressione basita sul volto e la certezza che da un momento all'altro sarebbero uscite le telecamere di scherzi a parte. Lui invece sembrava non contenere più l'euforia di chi sperava tanto che la risposta fosse un sì.
-Lo sapevo! Ti sei fatta mora, ma per il resto non sei proprio cambiata! Cavolo, come stai? È un po' che non ci sentiamo Didi!-Didi.
Odiava quel soprannome, eppure quando aveva 18 anni l'aveva sopportato per quasi un anno, solo ed esclusivamente perché affibbiatogli dal ragazzo per cui aveva messo da parte tutte le certezze e le regole che si era imposta nella vita. L'eccezione.
-Nicolas?! Non ci credo! Come stai? È un po' che non ci sentiamo.-
-4 anni! E non ho ancora capito il motivo per cui mi ha lasciato.-Le venne da ridere. Era strano che ci pensasse ancora, ne avevano parlato parecchie volte, ma lui era un testone. Non capiva che la fiducia era come un vaso di cristallo, e che una volta rotta va perduta. Puoi cercare di aggiustarlo, fare finta che le crepe non ci siano, ma perderà acqua da tutte le parti se cerchi di riempirlo per metterci un fiore.
Nicolas l'aveva imparato con il tempo, assolutamente estraneo all'idea di essere lasciato, poiché di solito era il contrario.
Forse Diana gli era rimasta impressa proprio per questo.-Ne dobbiamo seriamente riparlare?- gli chiese ironica.
-No, forse no, meglio se non ne parliamo.-Ci fu un attimo di silenzio in cui Diana mangiava la sua colazione e Nicolas la osservava.
-Perderai il posto di lavoro.-
-Non è un problema, io di qui vorrei solo scappare, cambiare aria. Prendere il primo volo Alitalia. -
-Non fare cazzate- lo ammonì Diana a bocca piena, proprio come quando stavano insieme molti anni prima. Lui, testa calda, faceva sempre quello che voleva e non ascoltava nessuno, così alla fine la ragazza doveva arrendersi e trattenersi dal dirgli ogni volta un bel 'te l'avevo detto'.
-Non faccio cazzate da un po', la mia vita sta diventando noiosa. Ho anche smesso di fumare.-
-Seriamente?! Fumavi 2 pacchetti al giorno quando stavamo insieme! Sei molto più bravo di me allora, io ho preso il vizio.-
Nicolas la guardò un po' storto. Gli pareva strano che, proprio lei che odiava il fumo e lo rimproverava sempre, avesse iniziato.
Il tempo aveva cambiato entrambi, era evidente. Eppure lui continuava a prendere multe per eccesso di velocità e lei a mangiarsi le unghie quando era tesa, proprio come stava facendo ora. Le tolse la mano dalla bocca portandola verso la sua, e lasciando un leggero bacio sulle dita che stava mordicchiando.-Non ti ho mai tradita, anche se continui a pensarlo. Non l'ho mai fatto.-
Ci fu ancora silenzio. La mano di Diana, perennemente fredda, cominciava a scaldarsi a contatto di quelle calde del ragazzo seduto di fronte a lei. Nessuno pareva voler muoversi.
-Didi- seguì un sospiro pesante - io ti direi ancora di prendere un aereo e partire insieme a me.-
Quelle parole le fecero ritirare la mano in fretta. Chiuse gli occhi e fece un bel respiro, come chi spera che al riaprirli tutto sarà diverso, tutto sarà migliore.-Nico, il mio fidanzato è dal benzinaio che sta cambiando la ruota della macchina. Sto bene con lui.-
-Ma lo ami?-
-Sì.- rispose lei con fermezza.
-Noi non ce lo siamo mai detti.-
-Ti amo?-
-Già.-
-Eppure era così.-
-Mi dispiace tanto Didi.-
-Anche a me Nico, anche a me. Ho scommesso tutto su noi due.-Il cellulare di Diana si illuminò, la gomma era stata cambiata. Era tempo di andare.
Decise che avrebbe portato direttamente lei la colazione a Luca, e Nicolas le servì le ultime cose.-Allora ognuno per le sue?-
-Ti vorrò sempre bene, lo sai.-Autogrill, h. 7:31
Diana chiuse la porta dell'autogrill alla sue spalle. A tutti quella dannata porta sembrò cigolare più del solito.
Se riuscite a trovare tutti i riferimenti alla canzoni del titolo siete bravi. Vvb.