Holmganga

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7. HOLMGANGA

Hildr fu svegliata bruscamente da una secchiata di acqua fredda. Annaspò e sputò l’acqua che le era finita in bocca e nel naso. Fuori dalla cella Ivar sorrideva divertito.
“Il sole sorge, Hildr!”
“Che vuoi? Credevo che gli Hòlmganga si svolgessero domani.”
Era rinchiusa da due giorni, non mangiava, a stento beveva, e passava le notti insonni. Il vestito, lo stesso che indossava dal matrimonio del re, era sporco e stracciato, ed era ricoperta di polvere da capo a piedi.
“Sono qui per comunicarti una lieta notizia.” Disse il ragazzo, poggiando il peso sulla stampella. Hildr camminò sino alle sbarre e pose i gomiti tra gli spazi vuoti.
“Alfred è venuto a salvarmi in nome dell’amore? Mi auguro sia questa la lieta notizia.”
Ivar irrigidì la mascella a quella presa in giro, il temperamento della ragazza non era stato scalfito neanche dalla gattabuia.
“Spiacente, ma il tuo prode cavaliere si è dimenticato della tua esistenza.”
Hildr fece spallucce e assunse un’espressione menefreghista, alimentando la rabbia in lui.
“Poco importa, domani morirò.” 
“Non morirai. Andrai con Harald, o come regina o come schiava.”
“Io morirò domani, Ivar. Non andrò con Harald, non sarò né la sua regina né la sua schiava. Mi ucciderò prima di partire. Lo sai che non rinuncerei mai alla mia libertà.”
Il sorriso di Ivar si spense e i suoi occhi si adombrarono, le parole della ragazza erano farcite di coraggio.
“Non ti interessa diventare regina? Potresti unirti ai miei fratelli e dichiararmi guerra.”
“Non mi è mai interessato diventare regina. Io voglio solo dimostrare di essere una donna in grado di agire al pari di un uomo, anche meglio. Io non sono come te, Ivar. Io non mi vendicherei di te se decidessi di sposare Harald. Lo hai detto tu stesso che ora non ci lega niente più.”
“Tu sei innamorata di Alfred?” le domandò con tono risoluto, le dita intorno al coltello.
“Come posso essere innamorata di un tizio con cui ho parlato per un’ora? Sei ridicolo!”
La spavalderia di Hildr innescò la rabbia di Ivar. Di colpo aprì la cella, la sbatté contro il muro e le puntò il coltello allo stomaco.
“Rispondimi!”
“Uccidimi!” gridò Hildr sollevando le sopracciglia come a sfidarlo. Sussultò quando la punta del coltello le pungolò la pelle.
“Io non potrei mai ucciderti. Non ne ho la forza, nonostante tutto quello che hai fatto.”
“E che cosa ho fatto, eh? Volerti bene e proteggerti in tutti questi anni è il crimine di cui sono accusata? Beh, sono orgogliosa di essere colpevole!”
“Tu mi hai tradito, Hildr.”
Hildr lo spintonò tanto da farlo ruzzolare sul pavimento, gli tolse l’arma di mano e la gettò fuori dalla cella.
“Non sono io quella che ti ha tradito! Scommetto che sei venuto per dirmi che Freydis aspetta un figlio da te.”
Ivar spalancò la bocca per la sorpresa, non era così che si era immaginato quella conversazione.
“E tu come lo sai? Hvitserk e Isobel hanno il divieto di farti visita.”
“Io so molte cose. Credo che una traditrice debba essere bene informata per mettere in atto il suo piano malvagio.” Ironizzò lei, sedendosi sul pavimento lercio di fronte a lui. Ivar si trascinò sino alla parete opposta e si massaggiò le gambe doloranti.
“Almeno il senso dell’umorismo non l’hai perso. Comunque sì, sono venuto per dirti che aspettiamo un figlio.”
“Tu non puoi avere figli, Ivar.”
“Io sono un dio, posso fare tutto! E come la spieghi la gravidanza di Freydis?”
Hildr proruppe in una risata fragorosa mentre lui la fulminava con lo sguardo. Uno di fronte all’altro, osservandosi, sembravano due leoni in procinto di farsi a pezzi.
“Tu non sei un dio e non puoi generare figli. Mi dispiace, ma è questa la realtà.”
“Io sto per diventare padre, sono il re di Kattegat, ho una splendida moglie, sono tutti segnali del mio essere divino!”
“Tu sei solo uno stupido!” lo rimbeccò Hildr con tono stizzito, era stanca di quel suo delirio. Adesso fu Ivar a ridere, le dita a disegnare figure nella polvere.
“Ti dà fastidio che io sia riuscito a soddisfare una donna mentre il tuo re sassone non lo ha fatto con te?”
“E chi ti dice che io non sia andata a letto con Alfred? Magari a York sono sgattaiolata via per incontrarmi con lui, chissà!”
“Dunque sei innamorata di lui?”
“Se tu fossi un vero dio, lo sapresti.”
Ivar non disse nulla, lei aveva ragione e la sua confusione stava solo aumentando. Vederla ridotta in quelle condizioni, sporca e malnutrita, gli faceva male.
“Non avrei mai voluto che le cose andassero in questo modo, Hildr.”
“Il Veggente me lo aveva predetto, sai. Mi aveva anticipato che non saremmo stati insieme per sempre, che una serpe dorata sarebbe sgusciata nel sangue e che avrebbe portato sventura.”
“La serpe saresti tu?”
Hildr lo guardò e scosse la testa, il pensiero di dirgli la verità la spaventava da morire.
“Ho impiegato molto tempo a capirlo, però alla fine ho dedotto la soluzione. La serpe dorata è Freydis, il colore fa riferimento ai suoi capelli. Da quando è entrata nella tua vita non siamo più stati insieme e ha portato solo sventura.”
“Non ti credo. Lo dici solo perché vuoi salvarti.”
“Freydis ti tradisce. Incontra ogni sera un servo nella foresta dietro la gattabuia e fanno sesso, probabilmente lo fa per restare incinta. Quello che ha in grembo non è tuo figlio, Ivar. Tu non puoi avere figli.”
Ivar sospirò, deluso e ferito dal comportamento meschino della ragazza. Si levò sulla stampella e faticosamente uscì dalla cella, dunque richiuse a chiave la porta.
“Sei crudele, Hildr.”
“Mai quanto te, Ivar.”

La Valchiria del Re || Ivar The Boneless Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora