"Continuo a credere ai tuoi occhi. Non mi interessa cosa hai fatto nella tua vita. Sarò sempre accanto a te. Non farmi aspettare per troppo tempo, per favore ritorna. Io continuo a credere ai tuoi occhi. Non c'è nessuna scelta, appartengo alla tua vita. Perché vivrò per amarti un giorno. Sarai il mio amore e voleremo via. E volerò con te. Ogni giorno e ogni notte. Sogno sempre che sei accanto a me. Oh, amore, ogni giorno e ogni notte. Beh, ho detto che tutto andrà bene. E volerò con te."
Questa storia inizia così, con la traduzione di alcune frasi del testo di una famosa canzone di vent'anni fa scritte al centro della seconda pagina di una cosa che trovai per caso, poco meno di un mese fa, mentre tornavo a casa a piedi dal supermercato.
Non penso sia importante conoscere il nome di chi pubblica questa breve storia, così come non è fondamentale sapere quello di chi l'ha scritta. Non lo so' neanch'io. In fondo non mi serve saperlo, perché queste cose potrei averle scritte Io. Oppure il ragazzo di circa venticinque anni che ho appena visto uscire dal tabaccaio o la signora vestita di grigio che mi è appena passata accanto insieme al suo jack russel.
Potrebbe averla scritta chiunque.
Comunque, quel giorno erano quasi le quattro del pomeriggio e camminavo lentamente sul marciapiede; la busta che avevo nella mano destra pesava talmente tanto che mi stava quasi segando la mano, mentre nell'altra portavo una cassa d'acqua naturale. In più, come se non bastasse, avevo una tracolla colma di roba che mi premeva sulla spalla destra. Se poi vogliamo essere precisi e dettagliati ero anche vestito come uno straccione. Sembravo un proprio uno straccione, ma cercavo di non pensarci buttando l'occhio sulle siepi di edera cresciute rigogliose sui muretti di cinta che separavano il marciapiede dai giardini condominiali. Ogni tanto l'edera si colorava con grandi macchie bianche e viola, là dove aveva lasciato spazio al gelsomino e al glicine in fiore. Mancavano pochi metri alla fine delle mie piccole sofferenze quando mi fermai accanto ai soliti e stracolmi cassonetti dell'immondizia posti a due passi dal portone di casa. Dentro e attorno c'era di tutto: buste, scatoloni pieni e vuoti, giocattoli, vestiti, un tavolino di legno senza una gamba e persino un materasso. A quel punto mi ricordai che nella tracolla avevo cose da buttare e così mi fermai, posai busta e acqua a terra, aprii, afferrai le cose che volevo buttare e le lanciai senza neanche guardare dove finissero.
Ripresi a camminare che ancora sentivo il rumore della loro caduta. Non so' perché ma mi fermai quasi subito. Ero di spalle ma qualcosa dietro di me aveva attirato la mia attenzione. Mi girai di nuovo e notai che sul tavolino con tre gambe erano riposti un discreto numero di fogli rilegati tra loro alla buona con due spessi cartoncini. Su quello che avrebbe dovuto essere la copertina era letteralmente cucito un fiore di mandragora appassito ma che ancora lasciava intravedere il suo colore blu, a tratti violaceo. Tornai indietro per osservare meglio. Quel fiore, sistemato su quella piccola pila di fogli poggiata su un tavolino con tre gambe accanto a dei cassonetti, mi aveva ammaliato. Era un accostamento strano, non riuscivo a capire perché mai qualcuno avesse voluto privarsene.
Così lo presi e lo aprii.
Mi guardai attorno per assicurarmi che nessuno mi stesse guardando, non so' perché ma mi sentivo in imbarazzo, come se stessi violando l'intimità di qualcuno. E in fondo di intimità si trattava, visto che tutti i fogli erano scritti a mano e molte pagine erano sporche di cibo, di caffè e di aloni tondi e scuri. Come se quella stesura avesse alienato l'autore in ogni fase della giornata. Come se l'autore ci avesse persino pianto sopra.
Sicuramente mi stavo facendo mille film inutili, ma il manoscritto di certo non mi aiutava a non viaggiare con la fantasia. Era strutturato in brevi capitoli su cui, ogni tanto, era segnata una data. Mi saltò subito all'occhio che le varie parti andavano a ritroso nel tempo e ciò mi incuriosì. Che cos'era? Un viaggio all'indietro? Una ricerca? Un tentativo di ricordare qualcosa? Qualcosa finito bene? Beh no, non credo visto che è stato affidato alla nettezza urbana.
Avevo mille domande, a cominciare da quella benedetta mandragora che ricorreva in ogni parte, ma dovevo assolutamente rientrare a casa altrimenti mi si sarebbero scongelati i surgelati di seconda marca che avevo appena comprato per cena, così lo ripoggiai dov'era e me ne tornai a casa.
Pensai a quella mandragora per tutto il pomeriggio e la sera, più il tempo passava e più la sua immagine era ingombrante nella mia testa. Non so perché quell'oggetto mi avesse rapito così tanto, forse per la sua particolarità o forse perché sembrava che l'autore, più che buttarlo, volesse affidarlo al caso. La voglia di prenderlo con me e leggerne il contenuto era già forte all'inizio, figuriamoci dopo sette ore. E quindi, verso le ventitré, decisi di rompere gli indugi infilandomi una felpa nera con tanto di cappuccio e di scendere per vedere se fosse ancora lì.
E ancora lì era.
«Sono passate diverse ore» pensai, «se non è venuto nessuno allora posso prenderlo»
Lo afferrai di scatto e corsi a casa col fare di un ladro, come se avessi rubato chissà quale tesoro. Una volta chiusa la porta, senza neanche togliermi la giacca, mi sistemai sul divano e, dopo aver accarezzato con gli occhi quel fiore in copertina, aprii la prima pagina col massimo rispetto.
"La Mandragora ama rapire inermi occhi".
Doveva essere il titolo.
Nella seconda pagina trovai i versi scritti sopra. Non ci volle molto prima che un'altra domanda si aggiungesse a quelle che già avevo: è della Mandragora che l'autore scrive, o di una persona?
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La Mandragora ama rapire inermi occhi
RomanceNon penso sia importante conoscere il nome di chi pubblica questa breve storia, così come non è fondamentale sapere quello di chi l'ha scritta. Non lo so' neanch'io. In fondo non mi serve saperlo, perché queste cose potrei averle scritte Io. Oppure...