Epilogo

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«Non ce la faccio Michael, non ci riesco!»

Il mio migliore amico sta cercando di spingermi all'interno dall'imponente Accademia Musicale, alla quale sono riuscita ad essere ammessa. Ho aspettato a dirlo a mio padre che era per questo motivo che ho deciso di riprendere lezioni di musica. Gli è quasi preso un infarto quando gli ho detto che era perché volevo seguire le sue orme. Credo sia felice. Io al momento sono terrorizzata.

«Entra!» sibila Michael, che posa le sue mani dietro la mia schiena e mi spinge, facendomi barcollare.

«Ho paura!» piagnucolo e lo sento sbuffare.

«Non vorrai mica fermarti qui!» si sposta di lato a mi guarda, severo. Io scuoto il capo.

«No, no» prendo un respiro profondo, massaggiandomi le tempie: il mal di testa è dovuto alla notte insonne a causa di mio padre e Stana che hanno deciso di darsi alla pazza gioia. Non che non mi faccia piacere, ma preferirei fossero cose fatte quando io non sono presente.

«Farai fare tardi anche a me!» esclama Michael imbronciato e io mi mordo un labbro, colpevole.

Michael ha deciso di lasciare il suo lavoro, forse proprio prendendo spunto dalla mia idea di rivoluzione, chissà, e ha deciso di cominciare a studiare psicologia. La dottoressa Luce è molto fiera di lui. Anche di me, sia chiaro. É da un po' che non la vedo. Mi ha accompagnata per molta strada, ora è giusto che sia io a spiccare il volo. Sono ancora la ragazzina timida e piena di ansia, infatti lei è qui, mi sta scombussolando le budella. Ma sono fiera di me. Non evito più lo specchio non appena ci passo davanti, ma mi sorrido, mi osservo pensando che va bene così. Continuo a non uscire la sera, a non fare vita giovane, a piazzarmi alle nove di sera a letto con il computer ad ascoltare la musica a tutto volume. Ma mi accetto così, perché è così che sono.

Inspiro. Espiro.

«Ok, vado» non mi guardo indietro e sento le gambe molli, mentre varco la soglia.

«Ciao Micky» lo saluto senza voltarmi. Se lo facessi, forse scapperei a casa. Spingo la porta e mi guardo attorno, osservo l'atrio accogliente e luminoso, pieno di busti di musicisti famosi, e trattengo il fiato nel salire le scale, verso l'aula dove si tiene il corso di storia della musica, stringendo tra le mani il foglio su cui è stampato il mio orario per il primo semestre.

Tre ore più tardi, la piccola scintilla di ansia è ancora presente, ma ho un sorriso tra le labbra pienamente convinto e fiducioso, rispetto a ciò che sto facendo. In queste ore ho capito che sono nel posto giusto, per la prima volta in chissà quanti anni.

Esco dall'aula e mi diriggo nel giardino sul retro, ampio e pieno di alberi che stanno lentamente perdendo le foglie e prendo il telefono dalla borsa, prima di comporre il numero di Asthon, che mi risponde quasi subito.

«Ciao!» esclamo felice.

«Lena, come sta andando?» mi chiede il ragazzo dall'altro capo della cornetta.

«Per il momento alla grande» rispondo entusiasta «Come va la band?»

Ashton ha lasciato la guida del Wonderland ed è riuscito a mettere su un complesso con cui si trova perfettamente a suo agio. Sono già stati contattati per suonare in piccoli locali ed i suoi occhi hanno ripreso a brillare di nuovo. Rimaniamo a chiacchierare prima che i morsi della fame si facciano persistenti, e lo saluto prima di riattaccare. Mangio la mia insalata e mi guardo attorno, osservando i vari studenti in pausa pranzo intenti a parlare allegramente, sentendomi davvero sola in questo momento. Così mi alzo, dopo aver finito di mangiare, e comincio a girovagare per il campus, annoiata. Il giardino è più grande di quello che mi aspettassi e mi ritrovo a camminare senza meta seguendo i pettirossi, finché non raggiungo una piccola pineta al margine dell'Accademia, vicino alla scala anti-incendio, attirata da una melodia suonata alla chitarra. Una melodia a me familiare. Accompagnata poi, da una voce maschile intonata, dolce, precisa.

But tell me, did you sail across the sun?

Did you make it to the Milky Way to see the lights all faded

And that heaven is overrated?

Tell me, did you fall for a shooting star

One without a permanent scar?

And did you miss me while you were looking for yourself out there?

Mi avvicino piano, finché non vedo la persona in questione davanti ai miei occhi e trattengo il fiato: è seduto su un gradino con la chitarra in braccio. I suoi capelli biondi sono lunghi fin sotto le orecchie, ricci. Indossa una t-shirt dei Queen, dei jeans neri ed un paio di stivaletti in camoscio. Canta con il viso rilassato, un sorriso tra le labbra rosee. E poi riapre gli occhi ed incontra i miei: sono di un azzurro così bello da togliermi il fiato. Non appena mi vede smette di suonare, e io non riesco a smettere di guardarlo, come se sentissi in lui qualcosa di familiare.

«Scusami» mi affretto a dire, dopo qualche secondo, scostando lo sguardo, imbarazzata.

«Mi piace molto "Drops of jupiter" » mi affretto ad aggiungere, rialzando di poco lo sguardo su di lui. Il ragazzo sorride dolcemente e, quando lo fa, sento qualcosa nella mia mente lottare per farsi valere.

«Non preoccuparti» mi risponde, facendomi cenno di avvicinarmi. «É il tuo primo giorno?» mi chiede con cortesia, mentre io mi siedo sul gradino sotto al suo. Annuisco, allungando timidamente la mano verso di lui.

«Lena. Mi chiamo Lena» mi presento impacciata.

Lui la stringe, senza smettere di sorridere.

«Piacere, Luke»

Sentendo quel nome, quel pensiero diventa ancora più imponente e non riesco a mettere un freno alla mia lingua.

«Scusa se te lo chiedo» comincio, osservando la sua espressione interrogativa.

«Ma...ci siamo incontrati da qualche parte?»

⏳⌛⏳

Una delle prime cose che ho pensato mentre ideavo Hourglass era il finale, che doveva essere così, sentivo fosse giusto finisse così. Sono molto affezionata a Lena, che sì, mi rappresenta molto. Alcune cose vissute da lei le ho vissute anche io. Le ho messo delle emozioni che ho provato sulla mia pelle, delle quali avevo paura di parlare perché avevo paura di sentirmi dire "sei esagerata". Lei alla fine è riuscita a fare alcune cose che vorrei essere in grado di fare io: perdonare, accettarsi, lasciar andare il passato, rimboccarsi le maniche, vivere la propria paura senza che essa possa bloccarti. Avere la forza di fare. Da quando ho cominciato questa storia la mia vita è cambiata abbastanza, ho fatto diverse cose delle quali sono fiera, ma ce ne sono tante che ancora non sono in grado di fare. Il mio obiettivo è arrivare allo stesso punto in cui il personaggio della mia storia è arrivato. Forse se l'ho scritto, posso essere capace di farlo.
Grazie a chi ha letto, ci vediamo con la prossima storia💕

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