1-Lily

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Era tutto diverso.
Non pensavo che una città potesse apparire effettivamente così diversa da un'altra, già solo dopo pochi minuti.
L'aria era diversa, più aspra ma allo stesso tempo meno pungente di Chicago.
Il vento estivo che potente investiva i miei capelli dal finestrino mi faceva sentire inebriata e allo stesso tempo mi innervosiva.
Ero già stata a New York, da piccola, con mia madre, ed era sicuramente una città invitante, insomma tutti i grattacieli e tutte quelle persone e le luci, sembrava davvero di essere in uno di quei classici film in cui, sicuramente per caso, l'ambientazione risultava essere sempre Manhattan.
La verità, però, era che tutto ciò non mi rappresentava: questa città, quest'aria, questa gente, questi grattacieli.
Perfino la macchina con cui mio padre era venuto a prendermi non mi rappresentava più, anzi, non rappresentava più lui.
Erano passati diversi anni, lo ammetto, forse 4 da quando la custodia era passata a mia madre, e adesso che avevo compiuto 16 anni ed il giudice aveva finalmente permesso il trasferimento, che potevo finalmente stare di nuovo con quella figura paterna così protettiva, alla mano, un po' folle, mi ritrovavo con un tipo dell'Upper East Side quasi sconosciuto?
Sapevo del suo aumento, lo ammetto, un po' ero anche curiosa di sapere come se la stesse cavando, ma non avrei mai pensato di ritrovare un uomo così diverso.
Ad ogni modo, non che mi aspettassi chissà cosa...volevo solo scappare dall'inferno che mi lasciavo dietro Chicago, ricominciare da capo, e questo mi era sembrato il modo migliore.
La macchina finalmente si accostò, lasciandomi davanti ad un cancello con lo stemma della mia famiglia, ecco quello non me lo aspettavo.
Mio padre ed i suoi genitori non erano mai andati d'accordo, che si fossero in qualche modo riappacificati?
Mio nonno apparteneva alla famiglia dei Monrose, azionisti degli anni d'oro che erano riusciti a fare fortuna e questa fortuna si era tramandata di generazione in generazione fino a mio padre, che ,però, si era sempre rifiutato di farne parte...fino ad adesso almeno.
mi girai un'ultima volta prima di entrare nella maestosa Villa seguita dall' autista/maggiordomo David. Dopo una breve conversazione lui mi accompagnò in quella che sarebbe diventata la mia camera e mi disse che mio padre sarebbe tornato molto tardi quella sera.
La stanza era completamente vuota, tranne che per un grande letto e per un pacco posizionato proprio al centro della stanza con un post-it sopra :
-spero ti faccia sentire a casa.
Benvenuta piccola,
Papà.-
Ero arrivata da cinque minuti e lui già mi comprava regali?
Speravo di sbagliarmi su questa nuova persona che mi sembrava mio padre, speravo di rivederlo ed accorgermi che non era cambiato assolutamente nulla.
Aprii il regalo comunque, e trovai una chitarra GIBSON J-15, una delle migliori acustiche in commercio, la desideravo da anni ormai ed ora che finalmente me la trovavo davanti, non sapevo bene che emozioni provare.
Ne era la prova, era la prova che mio padre voleva darmi, era come se mi dicesse 'so come sembra ma tranquilla, siamo ancora io e te contro il mondo piccola.'
Passai il resto del pomeriggio ad accordare e suonare quella meraviglia.
Verso le 22:00 mi resi conto di essere davvero distrutta e di aver bisogno di una grande dormita.
Mi ritrovai a guardare il tetto, svuotata e fredda dopo aver tirato fuori, tramite la musica, tutta le emozioni che provavo.
In fondo mi ero trasferita in un'altra città, lasciando mia madre e tutta la mia vita.
Avrei cominciato il quarto anno di liceo  in pochi giorni e, onestamente, ero un po' scettica al riguardo.
L'unica nota positiva nel ricominciare la scuola sarebbe stata che le lezioni mi avrebbero distratta dai miei tanti, troppi pensieri.
Nel frattempo che tutte queste informazioni venivano elaborate nella mia mente, non mi resi nemmeno conto di aver chiuso gli occhi ed essere completamente crollata lasciandomi dominare da sogni tormentosi e pieni di speranza.

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