CAPITOLO 12

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Vi lascio il link della canzone che ha ispirato questo capitolo

Buona lettura ♡


CAPITOLO FINALE


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Era incredibile come l'aver preso la decisione di curarsi e di stare meglio lo spaventava più di stare in quel corpo privo di energie che sfiorava la morte ogni giorno. Aveva sistemato le cose che aveva accumulato in quella piccola stanza bianca nel borsone che ora si trovava ai piedi del letto. Poco più in là c'era la custodia con all'interno la chitarra di sua mamma.

Si sentiva irrequieto. Voleva muoversi, ma non sapeva dove andare e rimanere fermo seduto sul letto appena rifatto con le mani in grembo non lo calmava affatto. Dalla finestra entrava la luce fastidiosa del sole che filtrava tra le nuvole grigie che coprivano tutto il cielo quel giorno, rendendo quelle pareti ancora più bianche. A momenti gli mancava il fiato. Non gli sembrava di essere lì, di essere lui che stava vivendo quella situazione. Si sentiva completamente staccato da quella realtà come un corpo morto troppo pesante per la sua anima che vagava in quello spazio angusto che non gli apparteneva. Stava lasciando andare tutta la sofferenza di cui si era circondato fin da piccolo quando la violenza era diventata abitudine e l'amore rarità. Stava lasciando andare quello che era stato per anni, un ragazzino in balia delle proprio emozioni sottomesso agli eventi e gettato nella vita senza istruzioni sul come si fa ad affrontarla nelle sua discese e nelle sue salite. E ora si trovava in un limbo dove non era nessuno. Dove la tristezza se l'era lasciata alle spalle, ma la felicità era ancora molto lontana. Si sentiva svuotato, privo di emozioni e motivazioni. Quello che davvero desiderava era raggiungere un senso di stabilità. Non voleva scendere a compromessi con la vita e con se stesso perché l'avrebbe portato soltanto all'apatia. Voleva comprendere la vita in tutte le sue sfumature, riuscire ad accettarle e trarne sempre qualcosa di utile. Tutte quelle emozioni che da sempre riusciva a provare non le voleva semplicemente abbandonare, voleva viverle e dominarle. Ora però non aveva gli strumenti per farlo. Se avesse iniziato a pensare come era solito a fare nel soffermarsi nei dettagli di ogni piccolezza, a riflettere troppo sulle sue scelte sarebbe subito ricaduto in quel baratro. Se chiudeva gli occhi la sentiva ancora addosso quella sensazione, di trovarsi nel vuoto nero con qualcosa che lo teneva per il collo bloccandogli il respiro che gli faceva contorcere le viscere per via dell'inquietudine e della tristezza. Forse il vuoto che si portava dietro non l'avrebbe mai abbandonato, ma sarebbe riuscito ad accettarlo a condividerlo con la sua musica.

Si alzò sospirando. Sua madre sarebbe arrivata verso le quattro del pomeriggio per portarlo via da quell'ospedale per poi rinchiuderlo in un'altra stanza a cui si sarebbe dovuto adattare nuovamente. Sperò che almeno non fosse così bianca anche quella.

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