Era una notte serena, di una tranquillità sospetta. Il cielo era costellato di stelle e la luna somigliava a uno spicchio di limone. Le strade erano frequentate da giovani che camminavano spensierati, da coppie che si tenevano mano nella mano, da sposini che spingevano il loro passeggino; neonati beati nella culla del sonno. L'aria era fresca, leggermente umida, e le note di una musica moderna danzavano nel vento delicate. Un tram sferragliò affrontando una leggera curva. All'angolo della strada un gruppo di ragazzi stava fumando davanti a una tabaccheria e rideva a crepapelle. Astaroth strofinò il dorso dell'indice destro sui suoi baffi; il clima di guerriglia che aveva lasciato a Palermo gli sembrava solo un brutto ricordo.
Ebbe un giramento di testa e dovette fare uso dei suoi poteri per ritrovare l'equilibrio e non cadere per terra. Da quando era giunto sulla Terra, pensò, si sentiva di nuovo quel vecchio prete che aveva dovuto interpretare per aiutare il Messia nel suo disegno, consapevole, questa volta, che il suo tempo era stato svuotato sul sentiero della vita, come un vaso colmo d'acqua rovesciato sul letto di un fiume. La morte era l'attesa alla foce. Una notte ancora, una settimana, non lo sapeva. Ma aveva fatto del suo meglio, aveva portato a termine la sua missione. Giuda era vivo, e con lui Lux e tutti gli altri. Poggiò una mano sull'armatura d'acciaio che indossava, poi sul suo viso, ruvido e incavato.
"A che pensi?" domandò Giuda.
"Pietro" rispose Astaroth, mentendo. "Spero che non cambi idea. Insomma, ha deciso di non venire con noi per passare questo tempo con sua moglie. Spero che non commetta sciocchezze."
"Cosa pensi che possa fare?"
"Voi due!" esclamò Lux, impaziente. "Pietro se la caverà. Lo ha sempre fatto. Ora andiamo. Andrea e Sofia sono lì dentro."
"Sì!" rispose Giuda, poi si voltò verso l'angelo caduto. "Non ho avuto nemmeno il tempo di ringraziarti. Il tuo cavallo... sapevi che sarebbe successo."
"Sapevo che ti avrebbe riportato in vita. Ma sei stato tu a decidere da che parte stare."
"Credi che io abbia commesso un errore a disintegrarmi insieme a Goethe? Intendo dire, l'equilibrio è stato corrotto. Forse Satana non c'entra nulla con quello che abbiamo visto a Palermo. Insomma, guardati in giro, non c'è nessuna guerra civile in atto. Forse..."
"L'universo trova sempre il modo di rimettere a posto le cose." Astaroth tossì, una tosse secca e dolorosa come un pugnale nel petto e nella gola. Fece una smorfia. "Andiamo."
"Ti senti bene?" chiese Giuda. "Non pensavo che gli angeli caduti..."
"Sto bene!" esclamò Astaroth, interrompendolo.
Lux stava camminando verso la chiesa tenendo per mano Achille ed Eva e aveva guadagnato un certo distacco, dunque non poteva sentire nulla.
Astaroth fissò Giuda negli occhi. "Ascoltami bene. Hai una famiglia adesso. Sei un padre. Hai visto cosa può fare Satana, cosa ti ha fatto diventare; uno schiavo. Ma non c'eri quando Lux ha partorito, non hai visto quello che ha dovuto subire per mettere al mondo quelle due creature meravigliose... Se solo ti raccontasse la metà delle cose che..." Astaroth portò una mano alla bocca e trattenne un conato di vomito, mandò giù la saliva e riprese a parlare. "Non puoi più perdere il controllo, non puoi più pensare solo a te stesso. Hai scelto la tua strada, quei ragazzi... sono il futuro. Proteggili! Proteggili al costo della tua vita." Astaroth afferrò Giuda per il collo del giubbotto. "Achille ha bisogno di te."
Giuda era pallido in viso. "Cosa vuoi dire?"
Astaroth mollò la presa dal giubbotto e abbassò lo sguardo. "Lui... è come te." Poi prese a camminare verso Lux, e Giuda lo seguì, in silenzio, dopo qualche istante.
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Ricordi di un mondo passato - L'essenza del Male
FantasyLa storia dei protagonisti di "Ricordi di un mondo passato" continua.