Come tutto ebbe inizio

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Il traffico scorreva regolare ad intermittenza. Non una volta che non si formasse un ingorgo. Da quattro mesi lavoravo nella nuova redazione, ma ancora non mi ero abituata a quel nuovo stile di vita. Da dietro la parete a vetri del mio ufficio, guardavo le macchine giù in strada: mi sembravano tante formiche, ognuna con il suo compito utile a mantenere gli ingranaggi cittadini in funzione.

Quattro mesi e ancora non mi ero abituata ad avere un ufficio tutto mio. E un'assistente personale. Finalmente potevo permettermi un computer come si deve. Non un coso contro cui imprecare ogni volta che si bloccava, o che ti faceva venir voglia di scaraventarlo giù dal balcone quando, puntualmente, si spegneva e riavviava per conto proprio.

L'orologio a parete segnava le 9.10. La riunione era prevista per le 9.30. Non era una riunione qualsiasi, le decisioni che avremmo preso in quelle ore, avrebbero segnato il futuro di ogni membro del consiglio.

Sarebbe stata dura spuntarla, ma eravamo pronti a far valere le nostre ragioni.

Sentii bussare.

"Avanti" dissi distrattamente.

"Il suo caffè capo" annunciò Daniela, la mia assistente, sguardo sveglio e fresco e con una creatività fuori dal comune. Posò la tazzina sulla scrivania e uscì.

Ed ecco un'altra cosa a cui ancora dovevo abituarmi: sentirmi chiamare "capo". Non che non mi ci avessero mai chiamata, ma in questo caso la parola aveva un significato diverso. Era carica di tutto il sudore e i sacrifici fatti per arrivare alla posizione che occupavo. Se ci penso, non riesco a non sorridere di soddisfazione, alla faccia di coloro che per me avevano prospettato solo il fallimento. Portai la tazzina in vetro alle labbra e presi un sorso di caffè, rigorosamente macchiato.

Per una persona qualsiasi non sarebbe stata un'idea saggia fare un carico di caffeina vista la concitazione del momento e lo scombussolamento intestinale che mi impediva quasi di respirare, ma ormai era una bevanda così presente nella mia vita, da esserne diventata parte integrante, provocandomi unicamente un appagante senso di beatitudine.

Guardo la tazzina mezza vuota e mi perdo nel fondo di quella bevanda marroncina, non riuscendo a non pensare a quello che sta accadendo: qualche anno fa non avrei nemmeno potuto immaginare che oggi avrei avuto tutto questo intorno a me, che il mio desiderio di sempre si sarebbe realizzato. Ero arrivata così tante volte vicino al successo ma, mai come questa volta, avevo avuto il coraggio di cogliere l'occasione.

Un momento dopo si aprì nuovamente la porta dell'ufficio. Non avevo nemmeno bisogno di alzare lo sguardo, sapevo benissimo chi era. L'unico membro della redazione che non si degnava di bussare se doveva entrare nel mio ufficio. Non per maleducazione, escludeva solo la mia porta perché neanche io bussavo al suo ufficio. Nonostante ciò avesse già causato un paio di situazioni imbarazzanti, non riuscivamo a cambiare la cosa e, in fondo, ci stava bene così.

"Babbasunazza, sei pronta?" disse senza tanti giri di parole. "Io si, tu togliti quella faccia di culo"

"Purtroppo, c'era solo questa nell'armadio stamattina. Le altre sono ancora a lavare e non ho fatto la lavatrice"

Alzai gli occhi al cielo, ma dovetti ammettere che non era male come risposta.

"È arrivato?"

"Si, è già in sala riunioni."

Annuii con il capo

"Martina e gli altri?"

"Idem."

"Ok, va bene. Andiamo, ma per favore niente sottile ironia."

Fa segno di chiudersi la bocca con una cerniera a mo' di promessa, ma la vedo incrociare le dita dietro la schiena.

"Tranquilla, a quello ci pensa Tania."

Finisco il caffè, inutile aspettare ancora. Uscendo dal mio ufficio mi fermo a leggere la targa sulla porta, "Margherita Giacovelli - editor in chief", perché, ovviamente, scrivere direttore sarebbe stato un cliché. Mi incammino verso la sala riunioni per la prima, vera assemblea di redazione e vedo avanti a me tutti gli eventi che hanno segnato la mia vita.

E vedo Monica, immobile in corridoio, con lo sguardo di sempre, lo stesso che aveva il primo giorno in cui ci siamo viste tramite Skype, lo stesso che aveva quando finalmente, dopo un anno dalla nostra conoscenza online, ci siamo incontrate di persona.

È l'unica persona che, ancora, riesce a portarmi sulla terra dai miei milioni di pensieri e dalle milioni di idee folli che vorrei attuare. Ma è ancora troppo presto per esagerare, me lo dice sempre: "dobbiamo muoverci con cautela. Godiamoci il successo ma non facciamolo scappare via". Per quello non si toglierà mai di dosso l'appellativo di "mamma Monica".

The Web Coffee - Un romanzo di web, amicizie e successoWhere stories live. Discover now