0. Caldo, acceso, vivo

78 18 11
                                    

Aprì gli occhi, vivi e ribollenti come vetri fusi, e vide il mondo per la prima volta

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Aprì gli occhi, vivi e ribollenti come vetri fusi, e vide il mondo per la prima volta. Era un turbinio di bolle e fiotti d'acqua scura, era disordine viscoso e oppressivo, lampi di luce come lame nelle pupille. Si lasciò trasportare dalle correnti calde e sentì il tumultuoso battere del suo cuore nel petto, lo sgomento attraversarle la gola e le narici nel bisogno impellente di respirare. Percepì lo specchio increspato sopra di sé schiumare e ringhiare inferocito, le orecchie dolerle e la bocca aprirsi in spasmi sordi e dolorosi.

Mosse il corpo, le braccia esili e bianche, troppo vibranti e lontane per essere davvero sue, e le agitò più in fretta che potè, tagliando l'acqua con le dita e allungando il collo per tentare d'arrampicarsi fuori dalla cappa liquida che la spingeva sempre più giù in una corsa affannata e inarmonica.

Le sue mani furono le prime ad avvertire il gelo e l'impatto del vento, poi fu la volta della testa. Richiuse gli occhi, spalancò la bocca in un gesto automatico e inspirò, sentendo l'aria attraversarle la gola fino ai polmoni e poi uscire di nuovo in una danza tanto veloce e disperata da stordirla. Rivide i colori scuri e densi, gli stessi che l'avevano accompagnata durante la sua risalita, nel terreno brullo, nella vegetazione secca che, arrendevole, si lasciava attraversare da lame di vento freddo.

Poi, però, alzò lo sguardo al cielo, e rimase senza fiato, spiazzata da tutte quelle sfumature: osservò il cobalto trasformarsi in cremisi, le tonalità violente dell'alba che andavano sbiadendo nei colori tenui del giorno. Vide le nuvole attraversare quella tavolozza vibrante, sporcarla di bianco e poi avanzare, pigre e frammentate, sempre più lontano...

Aika.

Percepì il vento assottigliarsi vicino alle sue orecchie in un sibilo stridulo che sembrò entrarle dentro, parlarle, attraversala e farla tremare tanto da lasciarla senza fiato.

Aika. Quello era il suo nome. Aika...

Prima che potesse richiudere gli occhi e assaporare quelle poche, uniche lettere che le appartenevano, percepì un movimento scuro sulla riva. Strizzando le palpebre, Aika si sforzò di arrivare sulla terra ferma il più in fretta possibile, arrancando, con il fiato corto, e cercando di non inghiottire acqua.

Tossì un paio di volte, graffiando la sabbia molle con le unghie, e per un momento si lasciò andare, esausta, poggiando il viso sulla riva umida, tra i palmi aperti delle sue mani e con le gambe ancora solleticate dalla risacca delle onde. Inspirò, dopodiché si decise ad alzarsi, facendo leva sulle braccia pallide e deboli e sputando granelli argillosi, e cercò ancora quel movimento nell'immobilità della terra.

In mezzo al grigio terroso del fango, un'ombra scura sembrava agitarsi e contorcersi, non molto distante dal punto in cui si trovava. Una volta in piedi e reggendosi su gambe malferme, Aika la raggiunse, cauta, e la pelle d'oca causata dal freddo pungente sulla pelle nuda fu accompagnata da un sentimento più sordido e istintivo, che le lasciava in bocca un sapore acido. Sentiva il bisogno di allontanarsi, di correre, eppure rimase con le pupille incollate al nero che tremolava e si contorceva sul bagnasciuga.

Era di un buio così fitto e denso che non riusciva davvero a vederlo, per quanto si sforzasse; era un vuoto che sbucava all'improvviso e inghiottiva la terra bagnata, tanto che non riusciva a far altro che distinguere i contorni in cui il fango spariva, riappariva, si agitava.

Quel nulla fremente, d'improvviso, si fermò, rivolto verso di lei. E due gemme di fuoco freddo le si posarono addosso, paralizzandola. Il colore che percepiva dentro di sé – caldo, acceso, vivo – pareva svuotarsi di fronte a quegli occhi ciechi, lasciando solo una scia indefinita e incolore. Gemette piano senza nemmeno accorgersene, e quella fu la prima volta in cui sentì la propria voce, un'eco sottile e lontana, tagliente come vetro.

«Aika» sussurrò l'essere in un crepitio di foglie e acqua e vento, scandendo lentamente ogni lettera, tra sbuffi e rivoli densi di nero. «Che nascita incantevole



Banner di Skadegladje

Un Canto d'Ombra e OssaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora