nineteen ;

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yoongi entrò di nuovo nell'ospedale, salendo le scale con facilità.

oramai andava a memoria, conosceva bene la strada  e conoscevano bene lui, le dottoresse e le infermiere.

entrò nella stanza, 139. se la sarebbe sognata una notte di queste.

tante volte gli era capitato di sognare jimin, steso su quel lettino, con le guance paffute e rosse oramai pallide e prosciugate.

erano passati solo cinque giorni, ma per lui erano un infinità.

gli occhi- i bellissimi occhi, secondo yoongi- di jimin erano sempre chiusi.

avrebbe pagato qualsiasi cosa più di vederli aperti, di poterli guardare e di poterci morire dentro.

voleva affogare e sciogliersi nel dolce sguardo di jimin, soprattutto quando diventava sottile nel mentre che sorrideva.

si erano conosciuti in un ristorante giapponese, mentre un amico di yoongi dava spettacolo e faceva ridere tutti.

quella stessa sera rimasero soli e andarono a bere, arrivando fino ad essere un po' brilli.

iniziarono a parlare del più e del meno, dei problemi e delle cose belle, erano sinceri l'uno con l'altro, leggeri.

nessuno dei due si fidava facilmente delle persone, però il loro rapporto era diverso.

yoongi aveva raccontato dei problemi con la ricca famiglia, mentre jimin dei problemi a scuola.

così per tre o quattro sere dopo il loro incontro, chiaccherarono davanti a del soju o a una pizza.

il tempo che passavano assieme non sembrava mai essere abbastanza, e a quanto pare non lo era.

poi un giorno, dal nulla, yoongi cancellerò il proprio numero dal telefono di jimin, sparendo.

disse a seokjin, un amico in comune, che semplicemente non voleva più vederlo, sentirlo.

quel ragazzo gli aveva fatti talmente tanto bene che il maggiore era rimasto scottato, stupido, non sapeva come comportarsi, quindi scappò.

la sua vita era basata su questo, scappare. era per questo che era scontroso, semplicemente perché non riusciva ad approcciarsi con le persone e quindi si metteva sulle difensive, facendosi odiare.

potrebbe sembrare una cosa stupida, ma il suo carattere funzionava esattamente così.

con tutti i pensieri e i ricordi che frugavano nella sua testa, yoongi prese e strinse la piccola mano di jimin, abbastanza fredda.

si sedette sul letto, accanto al minuto corpo del minore. era dimagrito ancora di più, stando in quel letto.

la seconda volta che aveva provato a suicidarsi era avvenuta da poco, e si era buttato dalla finestra, rompendosi una gamba.

però stavolta aveva rischiato veramente di dissanguarsi, per questo i medici non sapevano se sarebbe sopravvissuto.

yoongi ci sperava con tutto sé stesso, non faceva altro che sperare di vedere gli occhi del suo piccolo sole aprirsi e illuminare di nuovo il suo mondo.

anche perché  nonostante non l'aveva mai ammesso, l'unico numero telefonico che sapeva a memoria era quello di jimin.

i carinissimi fiori che gli aveva spedito il minore erano esposti perfettamente al centro del tavolo in soggiorno, yoongi era un perfezionista.

tutto aveva un ordine, un posto,un modo.

intanto che continuava a pensare fissava il bellissimo volto di jimin, perdendosi dentro le sue dolci lineature.

"ah. come farei se tu non riaprissi gli occhi, mio piccolo sole?"

i fiori della notte silenziosa. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora