A cosa pensi

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Angolo autrice:
Ciao stelline! ⭐️
Innanzitutto vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto il prologo e che lo hanno apprezzato: ci tengo molto a questa storia e spero davvero che vi piaccia.
Poi volevo spiegarvi una cosa: da questo capitolo in poi ci sposteremo indietro nel tempo e ripercorreremo tutto il percorso che ha portato Scar, la nostra protagonista, alla scena narrata nel prologo.
Vi consiglio dunque di fare molta attenzione alle frasi iniziali di ogni capitolo, perché saranno importanti...poi capirete il perché!
Buona lettura ❤️

Tre mesi prima

Vorrei sapere a cosa pensi,
quando non pensi a nulla.

Le grandi storie d'amore iniziano sempre con un incontro memorabile, inaspettato e sconvolgente, un momento che ti stravolge completamente la vita e che non ti permette in alcun modo di dimenticarlo.
Ne parlano tutti i libri, ne cantano tutte le canzoni: il primo sguardo, quello fatale, le prime parole che ti si stampano nella testa, la prima impressione che, si sa, è quella che conta.
Incontri-scontri, romanzati e poetici, talvolta forzati, talaltra banali.
Il nostro non è stato così.
Anzi, se dovessi raccontare a qualcuno di come ci siamo conosciuti, molto probabilmente ne rimarrebbe deluso, si aspetterebbe qualcosa di meglio.
Ma il punto è che, quando la nostra storia è iniziata, aveva tutti i presupposti per non essere né una storia, né tantomeno nostra.
Non c'era nulla di romantico nell'apatia del tuo primo sguardo, nel mio disinteresse, nelle voci di tutti gli altri che mi impedivano di far caso al tuo silenzio.
Ci sono persone che s'innamorano subito, altre che non lo fanno mai.
E poi ci siamo io e te, che forse ci siamo innamorati o forse no, che forse lo abbiamo fatto dal primo istante o forse non l'abbiamo ancora fatto.
Ci siamo io e te, che di tutto questo non c'abbiamo capito nulla, che abbiamo abbattuto qualsiasi cliché da romanzo rosa.
Ci siamo io e te ma, all'inizio di questa storia, c'ero soltanto io.
Io e tutto quello che ero prima di perdermi a causa tua.
Io e tutto l'amore che mi tenevo dentro, incapace di donarlo davvero a qualcuno.
Io e Dave, uno dei tuoi amici più cari, che uscivamo insieme da qualche mese e che credevo fossimo la relazione migliore che avrei mai potuto avere.
Ecco, credo che comincerò a raccontare da qui: non dal giorno in cui le cose sono cambiate, ma da quello in cui erano esattamente le stesse.
Comincerò dalla quotidianità di una mattina qualunque, dalla me stessa di sempre.
Comincerò da lí e, spero, prima o poi arriverò da qualche parte.

*

Era una mattina di metà Aprile e il cielo di Londra, come sempre, abbracciava il sole a tal punto da nasconderlo.
Una tazza di caffè e un piatto con metà waffle ancora integro, il solito quaderno strapieno di parole, la solita matita tra i capelli che cercava inutilmente di tenerli su.
La penna che tremolava, incapace di dar vita a qualcosa in più di quella parola.

Vorrei.

L'avevo appuntata il giorno prima durante la lezione, eppure da quel momento non ero riuscita ad aggiungere altro.
Che cosa avrei voluto?
Ciò che avevo desiderato in passato, con il tempo ero riuscita a guadagnarmelo.
Avevo lasciato la mia città, la mia America, per trasferirmi a Londra, dove avevo iniziato a frequentare una famosa scuola per aspiranti scrittori e poeti.
Avevo trovato casa nel quartiere più stimolante della città, due coinquilini che erano come fratelli, un lavoro che mi permetteva di seguire le lezioni al mattino e conoscere tantissima gente di sera.
Ero felice, tutto sommato.
Con i miei graffi e le mie cicatrici così come Scar, il mio diminutivo nonché soprannome, ci teneva a ricordarmi.
Un po' ammaccata, con un po' di delusioni alle spalle, ma tutto sommato felice.
<< Ehi capitalista, buongiorno! >>
Eric entrò in cucina con indosso soltanto un paio di boxer, stiracchiandosi senza pudore e sbadigliandomi in faccia appena prima di schioccarmi un bacio sulla guancia.
Quando ero arrivata a Londra qualche anno prima avevo pensato di prendere un appartamento da sola ma, visti gli affitti esorbitanti per la paga da barista che ricevevo, alla fine avevo dovuto cercare dei coinquilini.
Eric e Shelby vivevano insieme già da un anno quando mi avevano conosciuta ed io, nonostante inizialmente avessi faticato ad aprirmi, adesso li vedevo come la cosa più vicina ad una famiglia che mi fosse rimasta.
Esteticamente erano i tipici ragazzi che ti saresti aspettato a Camden Town, la zona di Londra in cui il nostro appartamento si trovava: Eric con i suoi capelli a spazzola e i suoi piercing, Shelby con la sua chioma blu elettrico e i suoi vestiti alternativi.
Due ragazzi indipendenti, nati a Londra ma trasferitisi qui non appena avevano iniziato a gestire da soli la loro libertà.
<< Buongiorno metal detector! >> gli sorrisi.
C'eravamo affibbiati quei soprannomi poco dopo esserci conosciuti.
Io, data la mia cittadinanza americana, ero la capitalista; Eric il metal detector per i suoi infiniti piercing e Shelby era Medusa, così come sottolineavano i suoi capelli blu annodati in numerosi dreadslocks.
<< C'è ancora del the nel bollitore? >>
<< Io non l'ho fatto, lo sai che preferisco il caffè >>
Eric sbuffò.
<< Dannata americana! >>
<< Ehi! >> lo apostrofò la voce di Shelby dal fondo del corridoio << Lascia in pace la mia amica! >>
Ridacchiai, divertita come sempre da quei continui teatrini.
<< Buongiorno tesoro >> mi baciò la guancia anche lei, avvicinandosi poi ad Eric per fare lo stesso.
Proprio come lui, che aveva una percezione della temperatura alquanto alterata, aveva dormito in intimo e adesso lo sfoggiava sotto una larga vestaglia dalla fantasia africana.
<< Continuate a dire buongiorno, ma in realtà è quasi mezzogiorno! >> puntualizzai, ricevendo in cambio due dita medie sollevate.
<< Parli perché non hai fatto il turno di notte ieri, principessa >> rispose subito Eric mentre iniziava a prepararsi il suo solito the per colazione.
Inglesi fino al midollo, quei due non erano capaci di vivere senza berne almeno un paio di tazze al giorno.
<< C'era molta gente? >>
<< Il solito >> mormorò Shelby, sedendosi come sempre sul tavolo, proprio accanto ai miei appunti.
Lavoravamo tutti e tre allo stesso bar dietro casa, il Flame, locale che il padre di Eric gli aveva dato in gestione quando il figlio aveva deciso di trasferirsi a Camden.
<< Tu invece che hai fatto? >>
Le indicai la serie di fogli sparsi vicino alle sue gambe, sollevando le spalle delusa.
<< Non riesci proprio a scrivere? >>
Scossi la testa, al che Shelby mi buttò le braccia al collo.
<< Oh andiamo tesoro, vedrai che prima o poi uscirà >> tentò di rassicurarmi << Una poetessa meglio di te qui non esiste! >>
Le sorrisi debolmente, ma la verità era che in quel periodo non la pensavo esattamente così.
La scuola di scrittura che frequentavo indiceva ogni anno una gara finale, il cui premio era rappresentato dalla pubblicazione del proprio lavoro grazie ad un'importante casa editrice.
Ed io, nonostante fosse ormai il mio terzo anno, non ero ancora riuscita a vincere.
<< È solo che la tematica non mi aiuta >> mi lamentai, sottraendomi al suo abbraccio per bere un altro sorso di caffè << Insomma, che cosa potrei mai scrivere dopo vorrei ? >>
A rendere più complicata la competizione infatti, ogni anno i professori assegnavano una parola chiave che avrebbe dovuto racchiudere il senso della poesia e quell'anno, più degli altri, io non la trovavo affatto stimolante.
<< Oh beh, io vorrei un sacco di cose! >> esclamò lei, ma Eric la interruppe subito.
<< Il problema non è la tematica amore mio, è quel fidanzato insapore che ti ritrovi! >>
Shelby scoppiò a ridere, mentre io alzai gli occhi al cielo per l'ennesima volta.
<< Cosa c'entra Dave adesso? >>
Eric sbuffò, iniziando l'ennesimo discorso uguale a tutti gli altri.
Uscivo con David da qualche mese, eppure lui non riusciva ancora a sopportarlo.
<< Non ti stimola abbastanza >> si lamentò << È apatico, noioso... >>
<< E non è bravo a letto! >> aggiunse subito Shelby ridacchiando.
La guardai male.
<< Questo non doveva restare tra noi? >>
Lei si morse il labbro, sollevando le braccia.
<< Ops! >>
Fosse stata un'altra situazione, probabilmente me la sarei presa.
Ma noi tre eravamo così affiatati che, a dirla tutta, era strano condividere qualcosa con lei che non sapesse anche Eric.
<< Ah bene, adesso mi nascondi le cose! >> finse di offendersi Eric, incrociando le braccia e mettendo il broncio << Non ci siamo proprio, Miss California >>
Ridacchiai per quell'ennesimo soprannome, ricordando come inizialmente avevo creduto che li utilizzasse per prendermi in giro e quasi ne ero infastidita.
<< Non te le nascondo, ma tu odi già abbastanza Dave anche senza questi particolari >>
Eric annuí tra sé e sé.
<< Non è che io lo odi >> ammise poi << Solo che non capisco perché ci stai insieme >>
Non potevo dargli torto, ma neanche ragione.
Dave era un bravo ragazzo, bello quanto bastava per attrarmi, con la testa sulle spalle e i piedi per terra.
Studiava legge all'università pubblica e sognava di diventare un avvocato per difendere i più deboli, una cosa che gli attribuiva certamente molti punti di merito.
Allo stesso tempo però, ero perfettamente consapevole che ciò che sentivo per lui non era quell'amore di cui parlano i romanzi, quello sconvolgente e passionale, che ti toglie il respiro e non ti fa chiudere occhio di notte.
La nostra era una relazione tranquilla, matura, rispettosa degli orari e dei limiti, della mia diffidenza e del suo essere abitudinario.
<< Ci sto insieme perché mi piace >> risposi però consapevole che, se mai avessi detto quelle cose ad Eric e Shelby, loro mi avrebbero costretta a lasciarlo.
La pensavano diversamente, quei due.
Amavano le cose folli, i salti nel vuoto, le passioni disarmanti.
Erano estremi e li adoravo per questo ma io, io che avevo programmato per filo e per segno la mia vita, io che adoravo essere sempre al corrente di ciò che mi succedeva, io che odiavo le sorprese e i cambiamenti...io non avrei potuto essere più diversa.
<< A proposito, stasera mi presenta i suoi amici >> la buttai lí << Vi va di venire? >>
Shelby si affrettò a rifiutare.
<< Io ho il turno assieme a Roxy >> sorrise con aria sognante.
Roxy, all'anagrafe Rossella, era una ragazza italiana trasferitasi a Londra il mese prima per la quale la mia amica si era presa una spaventosa cotta, a tal punto da costringere Eric a farla lavorare sempre con lei.
Stava disperatamente cercando di capire quale fosse il suo orientamento sessuale, anche se per adesso senza particolare successo.
<< E tu, metal? >>
<< Assolutamente no! >> esclamò Eric, ridacchiando << Preferisco lavorare piuttosto che uscire con il tuo ragazzo >>
Lo mandai a quel paese, accompagnando il mio gesto con una linguaccia.
<< Ti odio! >>

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