1- Stephan

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Parigi, 22/06/2023


Ma chére  Yumiko,
ti chiederai come mai io ti abbia scritto una lettera quando avrei potuto benissimo mandarti un messaggio, chiamarti sul cellulare o, perché no, parlarti di persona, dal momento che -evento più unico che raro- siamo entrambi nella stessa città. Hai ragione: tu che mi conosci bene sai che, da bravo figlio dell'era digitale, non disprezzo affatto i moderni mezzi di comunicazione... e sai anche che non mi piace scrivere, o almeno non per me. Non ho mai tenuto un diario segreto: l'idea di trasferire su carta i miei pensieri, per quanto invece adori leggere quelli altrui, mi ha sempre fatto sentire nudo e vulnerabile, e in fondo la corrispondenza via posta, quella più intima e seria, mi suscita esattamente le stesse Eppure sento comunque di doverlo, volerlo fare stavolta.
Insomma, io mi stavo godendo l'ennesima vacanza a Parigi (una delle tante nella mia vita), e mentre passeggio nel tardo pomeriggio sul lungosenna noto da lontano una figurina familiare venire nella mia direzione. Eri tu, deliziosa in quell' abitino azzurro che ti disegnava dolcemente i fianchi, la stessa statura di quando eri ragazzina e ancora ti fa sembrare tale, e quel je ne sais quoi, quell' aria più grave e matura nei tuoi occhi che le nostre videochiamate non mi hanno mai mostrato e che tradisce la tua vera età, anche se sei di soli quattro mesi più grande di me.
Dietro di te il tuo ormai storico ragazzo camminava con una rinnovata primavera nei piedi, probabilmente più che lieto di interrompere la più tua che sua ricerca di bouquistines.
Ci siamo diretti tutti e tre ad un caffè lì vicino e mentre aspettavamo che arrivassero le nostre ordinazioni sono partite le classiche chiacchiere casuali, small talk insomma, abbiamo constatato quanto siamo cresciuti e cambiati dal nostro primo incontro: siamo giovani adulti, ormai, e la prospettiva di dover entrare a breve nel mondo del lavoro ci attrae e spaventa allo stesso tempo ("quanto passano in fretta gli anni, fatemi scendere!").
Ma ho capito quale distanza ci separa solo quando Tomoya ha tirato di punto in bianco in ballo la parola matrimonio. Con te, immediatamente dopo la laurea, alla quale a suo parere manca poco. Non so se l'abbia detto scherzando o meno, ma da quel momento in poi ogni ricordo di questa giornata mi appare sfumato, ogni movimento meccanico nella consapevolezza di aver sprecato il mio tempo e le mie opportunità. Mi scuso se da quel momento in poi la conversazione non è stata brillante.
Domani tornerai a Napoli -io resterò qui ancora un po'- e, dal momento che non mi pare opportuno trattare questo argomento in pochi minuti o per telefono e chat varie, vorrei innanzitutto, se tutto è già stato deciso e concordato, augurarti la felicità più profonda per le tue nozze.




E tu non sai quanto mi senta ipocrita a scrivere questo.
Perché la verità, Yumiko, è che tu mi sei sempre piaciuta, o meglio ti ho sempre amata. Quella tua disastrosa primavera dei tuoi tredici anni ha suscitato in me un senso di protezione che col passare del tempo, unito al mio già forte affetto per te ed alimentato dalla nostra vicinanza, è diventato qualcosa di più. Ho perso il conto dei mesi passati a sperare invano dei mesi passati a sperare invano che la tua relazione finisse, di modo che tu potessi approdare a me ed io potessi godere appieno di ogni piccola parte di te, dai capelli troppo voluminosi di cui ti lamenti sempre, passando per quel labbro rosso che tiri fuori quando sei imbronciata fino ai tuoi discorsi troppo pieni di passioni per tutto ciò che ami. So che ci sentiamo talmente spesso da poter vedere ogni tua sfaccettatura e so bene anche che un matrimonio non è la fine del mondo, non porta alla fine di ogni rapporto che non sia quello tra i due sposi, ne ho le prove continuamente sotto gli occhi, ma... il pensiero di saperti finché morte non vi separi tra le braccia di un altro, ora che è così tangibile da sembrare reale, suscita in me una tristezza e una rabbia travolgenti.
Mi sono aggrappato così tanto e così a lungo all' idea della rottura, della natura effimera di quella che sembrava essere a tutti gli effetti una semplice relazione adolescenziale da fuoco di paglia, che ora mi sembra di aver perso tutto.
So che non è corretto nei vostri e nei tuoi confronti, l'ho sempre saputo, ma non ho potuto evitarlo.
Questo è quanto volevo davvero dirti. Mi sembra di avere il cuore più leggero adesso, ma so già che con la piena consapevolezza (che ancora non mi sembra di avere) arriverà il dolore, e spero di non commettere pazzie. Già aver preso la decisione di scriverti mi sembra surreale.
Vorrei solo non provare tutto questo ed essere degno di te anche in questo frangente, ma dubito di riuscirci.
I miei migliori auguri, e addio.
Sempre tuo,

Stephan.














***

"una [...] primavera nei piedi" (riga 17): Idioma tradotto letteralmente dall'inglese. "A spring in one's step" significa camminare energicamente e/o in modo da dimostrare di essere allegro.
Bouquistines: Tipiche bancarelle di libri sul lungosenna.

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