Stringeva la penna in mano.
Le dita strette attorno al sottile cilindro argentato.
L'orologio appeso al muro dell'ufficio sembrava appesantire l'atmosfera della stanza con ogni singolo tick.
La pressione era insopportabile.
Il calore dei termosifoni sembrava ribollire nell'aria soffocandole ogni singolo respiro.
Ancora una volta il suo sguardo scattò sul suo calendario e una fitta trafisse il suo petto con la lama della più dolorosa delle spade.Era il 13 dicembre.
Anche quest'anno quel giorno era inevitabilmente arrivato.
Lasciò cadere la penna.
No, non quest'anno.
Quest'anno avrebbe dimenticato. Quest'anno sarebbe stato un 13 dicembre come per il resto di Kalos.
Perchè lei doveva soffrire quel giorno... perchè?Si alzò stringendo le dita attorno al bordo di legno caldo della scrivania e fece scivolare la sedia sul vecchio pavimento.
Afferrò i suoi fidati eccentrici occhiali da sole e la giacca pesante.
Fuori il vento gelido sferzava gli alberi privi di foglie della via deserta.
Tutti erano nelle loro case a godersi felicemente l'inverno, mentre lei la sua bufera di neve la viveva anche nel gelido cuore.Dunque si avviò verso la porta ma, posata la mano sulla maniglia, non fu lei a tirare la porta.
Fu bensì l'uomo che sostava sull'uscio dalla parte opposta dello stipite congelato dal soffio dell'inverno.
"Ah"
Disse lei riconoscendolo:
"Non ti aspettavo a quest'ora... pensavo saresti venuto più tardi"
Sbottò fredda. Chiaramente infastidita da questo anticipo.
L'uomo avvolto in un cappotto di pelle la guardò per qualche secondo, poi sospirò: "Sono uscito prima dal laboratorio e ho pensato di venire a prenderti. Come mai uscivi così presto?"
La donna non se la sentì di mentirgli.
"Senti Auggy... io quest'anno non verrò..."
Un'espressione sorpresa nacque sul viso del giovane:
"Se hai da fare possiamo-"
"No. Quest'anno voglio semplicemente dimenticare..."
"Dimenticare? Ma... Malva..."
"Non riuscirai a convincermi. Se ho un modo per non provare più dolore questo è dimenticare. Non ce la faccio, ogni 13 dicembre, ogni anno, a riaprire una ferita che sto cercando di curare..."Il silenzio calò tra i due.
Il fischio gelido del vento era ora l'unico suono udibile.
I rami degli alberi che scricchiolavano piegandosi sotto la forza impetuosa della bufera mentre i fiocchi di neve formavano nell'aria gelata intricati giochi di correnti e ghirigori.
"Malva..."
"No."
"Malva ti prego... non puoi..."
"Tu non puoi dirmi cosa posso!"
La donna scansò con una spallata il giovane in cappotto e sbattendosi la porta alle spalle si incamminò a grandi passi nella soffice neve appena caduta. Poi scomparve tra gli sbuffi bianchi della bufera.Calò nuovamente il silenzio mentre l'uomo abbassava lo sguardo sul marciapiede imbiancato mettendosi le mani in tasca.
Era il 13 dicembre anche per lui dopotutto.
Da quando era successo, per nessuno dei due la vita era stata la stessa.
I primi anni ogni giorno era un 13 dicembre. Poi piano piano le ferite avevano iniziato a rimarginarsi e solo l'inferno del 13 dicembre era rimasto acceso, ardente nei loro cuori, un costante promemoria del dolore che li consumava, appunto, dal primo dei 13 dicembre.
IL 13 dicembre.
Quello che aveva arso più di tutti i seguenti. Quello la quale notte si era ripiegata sfrigolante sotto la potenza delle fiamme. Quello nel quale una potenza era crollata sotto le mani del bene.
Ma chi siamo noi per definire il bene?Il giovane ora camminava a capo chino verso uno dei pochi negozi ancora aperti in quel clima glaciale.
Il fioraio.Dal primo 13 dicembre l'uomo andava ogni anno dal fioraio. Ogni anno ne cercava uno diverso, per non farsi riconoscere.
Tintinnarono le campanelle appese sopra la porta quando il giovane si fece strada nel negozio irrorato dall'aroma sottile di diversi generi di fiori.
"Buonasera! Come posso aiutarla?"
Chiese gentilmente la commessa alzandosi da dietro la cassa.Il giovane si guardò attorni scrutando i fiori.
"Vorrei un giglio..."
Gli occhi della commessa si illuminarono:
"È da tanto che non mi viene chiesto un giglio! Ne ho tantissime varietà, addirittura una particolare rarissima color celo notturno; sennò ho gigli rosa, bianchi-""Vorrei un giglio arancione..."
Un velo calò sul volto della ragazza: "un giglio arancione. I gigli arancioni non hanno una buona reputazione lo sa. Non le consiglio di regalarlo a qualcuno..."
"Vorrei un giglio *arancione*..."
Ripetè lui cercando di mantenere la sua voce tutta in un sol'pezzo."Va tutto bene signore?" Chiese preoccupata la ragazza avvicinandisi al giovane.
Doveva andarsene da quel negozio prima di perdere la sua compostezza e ritrovarsi in lacrime davanti ad una povera commessa che probabilmente non sapeva nemmeno il perchè della cosa.
"S-senta la prego" la voce rischiò nuovamente di spezzarsi "mi dia un giglio arancione... sono- sono di fretta"
Senza ulteriori domande lei scomparve nel retro del negozio per qualche secondo.
Secondi che per lui furono interminabili eternità di silenzio che pesava su di lui come un masso.Tornò dunque lei con in mano un fragile giglio dall'acceso colore del sole al tramonto.
"È sicuro di volere soltanto un fiore? Solitamente vendiamo bouquet o mazzolini..."
"Sì" disse solo il giovane posando un paio di spiccioli sul ripiano di legno del bancone.
La ragazza lo guardava perplessa. Lei non poteva capire, nessuno avrebbe potuto capire, tranne Malva e forse i giusti.
Ma i giusti ormai avevano dimenticato.
Se ammazzi una formica perchè ti da fastidio di certo ti scorderai presto di lei, ma se sei una delle compagne di tale formica, se la vedi morire davanti ai tuoi occhi dopo tutto ciò che avete passato, allora sì, sì che te lo ricordi...
Senza spiccicare ulteriori parole l'uomo uscì dal negozio, stringedosi al petto quel fragile giglio, proteggendolo dalle lame del vento sotto il suo cappotto.
La neve cadeva fitta, l'intero paesaggio era imbiancato. Ma il giovane sapeva esattamente dove andare.
Passo dopo passo, avanzando nella cortina di neve che si depositava sui suoi vestiti e suoi suoi capelli raggiunse il luogo che stava cercando.
Un tempo in quel luogo si erigeva un edificio.
Prima del 13 dicembre.
Ora nella neve fresca crescevano come bucaneve dei gigli arancioni.
Tanti quanti gli anni che erano passati da allora.
Ogni anno il giovane comprava un fiore.
Ogni 13 dicembre lasciava il fiore nella neve.
E come per qualche strana magia le radici crescevano dal gambo tagliato e scendevano nel profondo del vibrante terreno gelato e il fiore risplendeva come il sole del tramondo,
immune alle stagioni,
immune a qualsiasi atto umano,
ogni fiore splendeva su quel terreno da anni e per anni, senza mai appassire, senza mai morire,
eterno nel suo silenzio.
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- RANDOM -
FanfictionIn questo libro troverete di tutto. Da cose dei fandom più disparati a cose sui miei OC a cose tra fandom ed OC. È letteralmente un posto dove butterò tutte le robe a caso che scrivo. Buona lettura!