Le luci, il caos, la musica che rimbomba nelle orecchie.
Quella musica che lui avrebbe definito 'spazzatura', io la ascoltavo a tutto volume nella mia stanza solo per il gusto di farlo arrabbiare.
Corpi sudati di sconosciuti si strusciano tra loro.
Alcuni volti nascosti dalla penombra, altri parzialmente illuminati dalle luci stroboscopiche.
Il fumo aleggia nell'aria circostante, forma delle nuvole che si dissolvono salendo verso il soffitto.
La maggior parte dei ragazzi è impegnata in una visita odontoiatrica... è lodevole il fatto che tengano tanto alla cura del cavo orale, ma forse dovrei dirgli che non è igienico se fatto con la lingua.
C'è chi cerca un po' di privacy negli angoli bui che si susseguono nel tragitto verso il piano superiore e chi, senza il minimo pudore, si dà da fare nel bel mezzo della pista.Invece su uno dei due divanetti di pelle con le gambe accavallate, ci sono io, intenta a mescolare il mio mojito con la cannuccia, facendo tintinnare tra loro i cubetti di ghiaccio.
Che noia...
Mi decido a fare un altro sorso di quell'intruglio che sa vagamente di menta.
Che cosa ci faccio qui? Mah...«CHE NOIA!» faccio presente al suo artefice, seduto accanto a me, enfatizzando la "A".
«Sei tu che non vuoi ballare...» mi fa notare con un'alzata di spalle (come se fosse questo il problema...) per poi soffermare lo sguardo sulla mora che è appena passata davanti a noi sculettando come un'oca.
Alzo gli occhi al cielo e mi concedo un ultimo sorso del mio drink -bleah- che decido di abbandonare sul bracciolo.«Andiamo a casa.» mi alzo e tiro Cole per il gomito.
Lui però mi ferma e indica la ragazza di prima che gli sta facendo l' occhiolino. «Non vedi? Il dovere mi chiama!»«Oh, andiamo! Dille che il tuo cavo orale è apposto e ti lascerà in pace» recupero la mia borsa e incrocio le braccia sul petto.
«Ma che stai dicendo?» chiede ridendo. «Ma cosa hai bevuto?»
Non abbastanza da dire cose senza senso... beh quelle le dico anche da sobria.
«Lascia stare, andiamo e basta, ok?»«Guarda che sono serio: tu aspettami qua» mi fa sedere di nuovo sul divano «finisci di bere» continua indicando il bicchiere sul bracciolo «e io torno subito» conclude dandomi un bacio sulla guancia.
Primo step: mi rialzo in piedi imprecando mentalmente in tutte le lingue che conosco.
Secondo step: mi impongo di mantenere la calma per non picchiare Cole in presenza di testimoni oculari.
Terzo step: mentre infuria la lotta tra i miei neuroni, una mano sfugge al mio controllo e gli assesta uno scappellotto.
Amen.«Sono seria, idiota!» riesco a fermare in tempo l'altra mano, già partita in direzione della sua guancia. «Voglio andarmene Se non mi ci porti tu lo chiederò a qualcun altro»
Ora anche il suo sguardo è serio: ho fatto centro!
Scatto in piedi come una molla, recupero il cappotto dal bracciolo del divano trascinando con me il bicchiere che rovescia il restante contenuto sul tappeto, ma poco mi importa: voglio solo andare via da questa casa.
Ho quasi raggiunto l'uscita ma il mio polso viene afferrato e strattonato all'indietro dal ragazzo verso il quale è rivolta tutta la mia collera.«Dove cazzo stai anda-» non gli lascio finire la frase perché presa da un qualche istinto animale lascio cadere il cappotto e gli assesto uno schiaffo, forte, tale da fargli rimanere l'impronta della mia mano sulla guancia. E so che ha capito perché l'ho fatto dato che non reagisce, ma quando sto per colpirlo di nuovo afferra anche l'altro mio polso e mi conduce fuori, lontano dagli sguardi incuriositi dei presenti.
Ma ora più che mai ho bisogno di rimanere sola, perché ho una grande voglia di piangere e nessuna voglia che qualcuno mi veda farlo.
Il vento gelido di febbraio mi scompiglia i capelli che mi schiaffeggiano. Nonostante il freddo pungente, la rabbia che mi fa ribollire il sangue mi infonde quel tanto di calore che mi serve per non congelare.
