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Il suono agghiacciante del campanello rimbombò tra le mura di casa Park, mettendo i proprietari e le cameriere in allerta. La madre di Jimin si sistemò il colletto del vestito blu e aderente che aveva addosso, prima di girarsi verso il marito e addrizzargli la cravatta, mentre il giovane Jimin si mordicchiava nervosamente il carnoso e roseo labbro inferiore.

"Apri, Matilda." ordinò la donna all'anziana domestica, che senza emettere una sillaba si diresse a piccoli passi rapidi verso la porta d'ingresso e la aprì, rivelando i signori Kim, con la loro unica figlia davanti a loro.

È davvero carina, pensò Jimin, ma non mi piace, proprio per nulla.

"Benvenuti cari, prego, accomodatevi" gli invitò la signora Park con un gesto della mano. "Grazie per averci invitati, è un piacere per noi essere qui" ringraziò il padre di Jennie facendo un piccolo inchino, sorridendo cordialmente ai genitori di Jimin.

"Ma figuratevi, il piacere è tutto nostro. Avervi ospiti per cena è un onore." sorrise il signor Park, trascinando Jimin di fonte a sé. Appoggiò le mani sulle sue spalle, e le strinse delicatamente, come ad incoraggiarlo a parlare.

"B-buonasera." balbettò a disagio il ragazzino; grave errore, balbettare non gli era consentito, doveva mostrarsi sempre sicuro di sé, specialmente in un occasione così importante. Così l'avevano istruito i suoi genitori da quand'era nato. Il padre strinse di più la presa, rimproverandolo non a parole ma a gesti, in modo da fargli capire l'errore commesso senza far notate nulla agli ospiti.

"Prego, seguiteci nella sala da pranzo." disse la madre di Jimin gentilmente, facendo strada agli ospiti tra le mura della loro villa. "Avete una casa magnifica." si complimentò la signora Kim, ammirando gli innumerevoli e prestigiosi quadri appesi alle pareti, e l'arredamento elegante in stile Maria Antonietta. "Grazie mille." ringraziò la signora Park, arrivando finalmente nella sala da pranzo.

Si sedettero intorno al grande tavolo rettangolare, lucido e bianco, già apparecchiato perfettamente. I genitori del ragazzo sedettero a capo tavola, mentre quelli di Jennie a lato, costringendo il ragazzo dai capelli corvini a prendere posto accanto alla giovane.

"Le cameriere dovrebbero arrivare a momenti con l'antipasto, si sono impegnate davvero tanto per preparare questa cena." avvisò il padre di Jimin, prima di iniziare a conversare con gli ospiti riguardante le varie pietanze che avrebbero gustato, e da dove provenivano.

Jimin era davvero a disagio. Quella era davvero la cena che segnava l'inizio dell'unione tra lui e Jennie come coniugi, la fine della sua libertà...o almeno, lui credeva che quella fosse libertà. E come biasimarlo; non aveva mai avuto l'opportunità di assaggiare il vero gusto della vita, di vedere con i suoi curiosi occhi il mondo esterno.
Non ci poteva credere, non voleva farlo, non voleva Jennie, non voleva spostarla. Ma temeva di non poter fare nulla.

Le cameriere portarono le varie portate della cena, e una volta che tutti ebbero mangiato e si furono complimentati per la bontà del cibo, Matilda portò lo spumante.

Il padre di Jimin si alzò in piedi, alzando il bicchiere in aria, e disse in tono fiero: "Vorrei fare un brindisi a Jimin e Jennie, che presto saranno marito e moglie, e all'unione delle nostre due famiglie. Speriamo in un figlio, e che il futuro ci riservi felicità e gioia." sorrise.

I loro genitori fecero scontrare delicatamente i loro calici in cristallo, brindano ai due adolescenti. Jennie gli sorrideva visibilmente felice, ma non si poteva dire la stessa cosa di Jimin. Sentì la mano della ragazza posarsi sopra la sua, e come per riflesso la tirò via di scatto, come se si fosse scottato, ricevendo uno sguardo torvo dal padre.

"Okay be', direi che un bel bacio potete scambiarvelo ora, dico bene, no?" rise la signora Park, incurante del disagio che il figlio stava provando in quel momento.

Jennie gli si avvicinò nuovamente, come se non si fosse accorta del modo brusco in cui le aveva scansato la mano poco prima, o ignorandolo deliberatamente, appoggiando le mani sulle sue spalle, e girandogli il volto nella sua direzione, in procinto di baciarlo per davvero.

Era troppo, davvero troppo. La scostò delicatamente, volendo mettere fine a quel contatto ancora prima che iniziasse, però poi alzò visibilmente la voce, rivolgendosi ai suoi genitori. "No, no! Sentite, niente bacio. Non voglio. Solo perché avete deciso di unire le nostre due famiglie tramite un matrimonio tra me e Jennie, non significa che io debba fare anche finta di essere innamorato di lei! Non mi piace, quindi non ho intenzione di baciarla! Non lo farò adesso e non ho intenzione di farlo in futuro. Non potete anche chiedermi di fingere, ne ho abbastanza." fece irritato, senza pensare alle conseguenze di quello sfogo. Era frustato, irritato e imbarazzato, e non sarebbe riuscito a tenersi dentro tutto ciò ancora per molto. Prima o poi sarebbe esploso, e destino....e fortuna, volevano che accaddesse proprio in quel momento.

Suo padre sbatté con forza le mani sul tavolo, facendolo sobbalzare visibilmente. "Park Jimin, ritira tutto ciò che hai detto, e fallo ora." lo intimò con tono gelido, e il volto che trasmetteva una grande rabbia.

Il corvino deglutí spaventato, scuotendo debolmente la testa. Non poteva rimangiarsi tutto in quel momento, anche perché non l'avrebbe aiutato in alcuni modo. "N-no. Non voglio baciarla. Non voglio essere il vostro burattino. Ho accettato di sposarla perché non mi avete dato la possibilità di rifiutare, ma non voglio baciarla."

Jennie aveva cominciato a singhiozzare debolmente, mentre la madre la consolava. Il padre di lei invece lo stava incenerendo con lo sguardo, indispettito dalla maleducazione del giovane. I suoi genitori? Beh, loro erano furenti. Era la prima volta che Jimin aveva da ridire riguardo a qualcosa. Aveva sempre preferito ingoiare bocconi amaro piuttosto che prenderle.

Il signor Park si avvicinò a lui minaccioso, facendolo indietreggiare. Si sentiva piccolo piccolo in quel momento, e il coraggio di poco prima si era completamente dissolto. "Vai in camera tua, adesso, e fallo in silenzio. Ti pentirai di ciò che hai detto, ne hai la mia parola." sussurrò intimidatorio, con sguardo duro.

Il corvino annuì a testa bassa, iniziando a percorrere il lunghissimo corridoio senza fiatare. Poi gli venne una malsana idea, qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita per sempre, ma ancora lui non poteva saperlo.

Cambiò direzione, e invece di salire le scale per andare al piano superiore uscì dalla porta d'ingresso, ed iniziò a correre rapido tra i folti boschi che circondavano casa sua, senza sapere nemmeno lui dove andare.
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yolo, secondo capitolo :3

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