Incontri

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Circa 30 anni fa, in un'aula universitaria semi circolare e gremita di studenti - una di quelle vecchie ma incantevoli e mitiche aule magne con le gradinate di legno vissuto e odorante di cultura e pregio; una ragazzina, molto provinciale sebbene sveglia e con le idee chiare, arrivata da poco nella capitale, decide di seguire una lezione di diritto internazionale.
Pensava che sarebbe servito per i suoi studi di interprete parlamentare o per la carriera diplomatica che chissà un giorno avrebbe intrapreso.

Entrata in aula scelse un posto nelle gradinate superiori, non troppo centrale per non dare nell'occhio e non attaccato ad altri studenti per non dare fastidio o essere fonte di brevi distrazioni. La lezione era appena iniziata e l'oratore non aveva nemmeno l'aria tanto simpatica, anzi ricordo ancora la sua voce ben distinta e piena di sé, e di quello che raccontava non si capiva poi tantissimo. Forse perché non aveva seguito il paio di lezioni precedenti, forse perché il diritto non era proprio il suo forte ... i suoi pensieri vennero improvvisamente catturati da uno studente, una specie di gradasso che osava interrompere il docente con domande pertinenti che denotavano una certa arroganza ma anche una certa conoscenza della materia. Come due magneti, gli occhi della ragazza non riuscivano a staccarsi da quel ragazzo vestito in jeans e dall'aria disordinata, da quel viso neanche tanto bello ma certamente da "bad boy". "Però" si era detta "se il tipo fa domande di un certo calibro, ci avrà capito qualcosa e magari potrei prendere in prestito i suoi preziosi appunti ...".

Così alla fine della lezione decise con tanto di coraggio, visto che non le piaceva parlare agli sconosciuti ed esporsi, di chiedere gentilmente: « scusa mi potresti far dare un'occhiata e copiare i tuoi appunti giacché sono arrivata in ritardo e non ho assistito alle lezioni precedenti? »

La risposta che avrebbe potuto essere un sì o un no fu invece un fiume di parole incomprensibili, in un dialetto con accento molto forte, quasi da strada. Chissà perché però spinta dal tono caldo, da un'erudizione non proprio latente, dalla spavalderia dimostrata poco prima e da due labbra senza freno che continuavano a muoversi come se avessero vita propria e a parlare con entusiasmo; la ragazza si ritrovò al bar sorseggiando un succo di pera in compagnia di un perfetto sconosciuto che pretendeva di essere mezzo addormentato senza la sua dose di caffeina.

Ma l'incomprensibile storia degli appunti, in realtà mai letti e mai avuti, finì davanti casa sua dove doveva poggiarli perché ingombranti e dove la portò per non so quale altra inspiegabile ragione.

I ricordi sono spezzettati, strade semi buie, fermate del bus, adrenalina,  il fatto che insistesse ad accompagnarla fino al collegio di suore dove risiedeva, tante domande per i tipici convenevoli di quando si vuol sapere dell'altro, scambio di numeri telefonici ed immancabili telefonate nei giorni seguenti. Passarono, settimane, mesi fino a giungere alle festività natalizie ... e proprio in quel periodo dove avrebbe dovuto viaggiare per raggiungere il suo paesino ed i suoi affetti la ragazza ormai perdutamente innamorata decise di restare! Non so se quello fu l'inizio della fine o viceversa, non so nemmeno perché era passata la voglia di studiare e di diventare quello che mi ero prefissato. Tutti i miei piani andati in fumo ad uno schiocco di dita, da melodramma.

Quanta eccitazione, quanti pensieri in perspettiva, quante illusioni ma tanto benessere. Vivere un minuto di quella strana relazione è come vivere le giornate a 300 all'ora; giornate colme di sguardi, carezze, ed insensate fuorvianti gelosie.

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