Prologo

138 3 0
                                    

Guardo la mia espressione persa nello specchio di fronte a me,sono pronta a lasciarmi alle spalle tutte le stronzate che hanno caratterizzato questi primi diciannove anni della mia vita.

Anni che ho perso dietro a regole in cui non credevo,regole ridicole e senza valori.

Ma nella società in cui ero abituata a vivere erano essenziali,senza quelle non eri nessuno.

E io non potevo essere nessuno,almeno per i miei genitori.

Ivy Katherine Pierce doveva apparire impeccabile,avere un futuro brillante e splendere per bellezza e intelletto.

Tutte cazzate, la Ivy Katherine Pierce che tutti conoscevano non era mai esistita,anche se in realtà nemmeno io so chi è Ivy Pierce.

A questo mi sarebbe servita questa "fuga",scapparmene in un luogo remoto degli Stati Uniti mi sarebbe servito,andarmene dai miei genitori,dalla mia vita a Boston,da un luogo che non mi era mai appartenuto.

Lo avevo capito prima del diploma,mi guardavo intorno,osservavo gli sguardi altezzosi e compiaciuti dei miei compagni,coperti dalle toghe di alta sartoria e io mi sentivo a disagio,un intrusa in quel mondo fatto di vizi lussuosi e trasgressioni taciute.

Così la sera tornai a casa e consultai le università di tutta la west coast finché non trovai quella di Portland,così lontana dalla mia famiglia,così mediocre e nascosta.

Harvard,Yale,Brown erano i college ai quali i miei genitori avevano insistito per farmi fare domanda.

"Ivy devi per forza frequentare una di queste se vuoi diventare qualcuno nella vita."

"Ivy senza la migliore istruzione sarai solo una nullità,una persone mediocre"

"E non puoi essere mediocre se non vuoi disonorare la nostra famiglia."

E invece io così feci,il giorno dopo chiamai l'università di Portland,mandai la domanda d'iscrizione e mi presero.

Ed ora eccomi qui,ad osservare i miei occhi nocciola,grandi e tristi,riflessi nello specchio,liscio la gonna del vestitino fiorato che indosso prima di sistemarmi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio.

Avrei voluto andare fino all'aeroporto da sola,ma i miei genitori non me l'avrebbero mai permesso,mai.

Così prendo la mio borsa Hermes dal letto e mi dirigo verso le scale di marmo.

Le mie valige sono già nel portabagagli della Mercedes che mi aspetta fuori dalla villa.

Do un ultima occhiata a quella che è stata la mia casa per diciannove anni,un tempo che mi sembra lunghissimo,un passato che voglio lasciarmi alle spalle,una persona che non voglio più fingere di essere. Mai più.

Osservo il salone che si intravede dall' entrata sontuosa,i divani ordinati e raffinati,i quadri costosi,il pianoforte al centro della stanza,il tavolo di cristallo,tutte cose che non mi rappresentano.

Ringrazio il cielo che i miei genitori siano fuori casa,li ho salutati un'ora fa,dicendo loro che sarei rientrata per qualche breve visita visto che Yale,università che loro credevano avrei frequentato,non era poi tanto distante da casa.

Ma Portland sì che lo è ,altro che se lo è.

Questo mi rassicura,mi fa quasi sentire ottimista,un sentimento che non è molto ricorrente in me.

"Buon viaggio Miss Pierce." Dice con gentilezza reverenziale Josephine,la nostra domestica.

"Grazie Josephine..per tutto." Le sorrido,pensando che forse questa sarà l'ultima volta che la vedo.

Lei mi sorride di rimando,ha sempre avuto un atteggiamento quasi materno con me,forse perché sono sempre stata l'unica persona a trattarla come una di famiglia e non una semplice domestica o forse perché era stata la persona più simile a una mamma che avessi mai avuto.

Ed ecco quel senso di soffocamento,quella sensazione che mi attanaglia ogni volta che reprimo un'emozione forte.

Trattengo il fiato illudendomi che così tratterrò anche le mie sensazioni.

Sono sempre stata una persona fredda,cresciuta in una famiglia in cui mantenere un contegno consono al proprio cognome era fondamentale.

Viso inespressivo,atteggiamento distaccato,sguardo altezzoso e abbigliamento ricercato. Queste erano sempre state le direttive di mia madre,l'educazione che aveva sempre prefisso a me e a mio fratello.

Il quale sembrava accettarle di buon grado a differenza mia.

La ribelle e impertinente Ivy,così mi vedevano i miei genitori.

Una ragazzina che non sapeva tenere la bocca chiusa davanti alle ingiustizie.

Sono una persona riservata e taciturna di natura,ma ho anche una lingua tagliente e questo mio aspetto ha sempre indispettito i miei genitori.

I Pierce disposti a pagare carte false pur di tenere nascosti i panni sporchi della propria famiglia.

Debolezza era la parola che non doveva mai essere pronunciata in questa casa enorme e effimera,come le nostre apparenze.

Chiudo la porta di casa dopo aver osservato per un'ultima volto il volto malinconico di Josephine,noto che trattiene a stento le lacrime e si sforza di non abbracciarmi,come faceva una volta quando i miei genitori mi sgridavano dopo aver detto qualcosa che non mi era permesso dire. Ma io ho sempre odiato gli abbracci,tranne i suoi, riesco a sentire ancora il calore delle sue braccia che mi avvolgono il corpo.

Quello esile e piccolo,quello che ancora accettava un po' di affetto.

Non mi sono più lasciata abbracciare nemmeno da lei dopo i dieci anni.

Erano più di nove anni che non lasciavo avvicinare nessuno a me,nemmeno l'unica persona che mi aveva mostrato un po' di amore.

Harnold,l'autista,mi aspetta al volante,quando mi sistemo sul sedile posteriore mi rivolge la parola.

"All'aeroporto,miss Pierce?" Chiede in cerca di una sicurezza.

" sì,grazie Harnold...e faccia il più in fretta possibile,non vorrei perdere il volo" lo rimbecco,forse più dura di quello che volevo essere.

"Ma signorina...pensavo che il volo partisse fra più di quattro ore."

Merda.

"Ehm...c'è stata una variazione della quale mio padre non è stato informato,non si preoccupi." Gli sorrido rassicurandolo e mentendo spudoratamente,so che se mio padre venisse a conoscenza di tutto ciò potrebbe anche licenziarlo.

A questa idea mi sento in colpa.

Ma non mi importa più quando sento il rombo del motore,sto sfrecciando in autostrada verso la mia via di fuga.

Questo mi basta a infondermi coraggio.

Il coraggio di iniziare a vivere davvero.

Finché starai con me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora