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Non so che ore siano. Penso sia passata la mezzanotte da un po'.
Non so da quanto o dove sto correndo,  mi basta solo che sia lontano da casa.
Piango e non riesco a smettere.
Papà non doveva dirmi quella cosa.

Erika fai un favore a tutti, vattene e non tornare più

Le sue parole mi rimbombano in testa come un brutto mal di testa. Non è la prima volta che me lo sento dire, mia sorella Kat me lo ripete ogni giorno ma non ci faccio troppo caso, dopotutto ha solo dodici anni, non sa quello che dice.
Ma papà lo sa invece. Appena sentite quelle parole mi sono messa le scarpe e sono corsa fuori.
Ora mi fanno male i polmoni.

"Smetti di fumare idiota!"

Lo so, dovrei proprio farlo, sono due anni ormai che vado avanti.
A differenza di molti ragazzi della mia età, non ho cominciato per farmi notare, anzi, non volevo farmi vedere in pubblico con una sigaretta in bocca.
Da quando la mamma è morta la situazione non ha fatto altro che peggiorare. Papà ha cominciato a bere di più e ogni sera era sempre la stessa storia.
Tornava a casa ubriaco e scagliava tutta la rabbia che aveva in corpo su di me e mia sorella. Ora per fortuna le cose sono cambiate, ma non dimenticherò mai quelle serate passate a cercare di proteggere mia sorella dalle mani pesanti di mio papà, quelle nottate in bianco a piangere e a dare tutta la colpa a me stessa.

Ora sono seduta su un marciapiede, non so bene dove di preciso, non penso di essere mai passata di qui.
Istintivamente porto una mano alla tasca della felpa e prendo una sigaretta.

"Ma allora vedi che sei idiota?!"

Si, lo so. Questa stupida vocina dentro la mia testa che mi fa sentire in colpa per ogni cosa, mi infastidisce sempre di più. Ma ora come ora non mi interessa dei miei polmoni.

Accendo la sigaretta e finalmente smetto di piangere, prendo il telefono per vedere se ci sono messaggi o chiamate perse, ma nulla.
Infastidita appoggio il telefono a terra e mi guardo in giro. Sembra stia per piovere e non ho portato neanche una giacca, ho solo una misera felpa della nike grigia, troppo larga per me, e dei leggins neri.
Ho i capelli che sono un casino, il mascara è colato sulle guance.

Sento dei passi, subito mi asciugo le lacrime mischiate con il mascara e rimango in allerta.
Nel marciapiede di fronte passa un ragazzo, lo sento singhiozzare. Cerco di non farmi notare spostandomi un po' più in dietro, ma lui si gira nella mia direzione.
Si asciuga in fretta il viso con la manica della giacca e io distolgo lo sguardo quando lo vedo venire verso di me.
- Scusa..-  lo vedo in piedi davanti a me, le mani in tasca e gli occhi ancora rossi. -.. Avresti una sigaretta?- ha la voce roca, si sente che ha appena smesso di piangere.
-Si. Un momento.- mi sta venendo mal di testa forte, ma faccio finta di nulla e gli porgo la sigaretta.
-Tutto okay?- chiedo dopo avergliela
data. Mi scruta mentre lo fisso.

È tanto alto, sembra avere capelli scuri, ma è buio e ha il cappuccio, non lo vedo bene.

- Non sono affari che ti riguardano.- prende la sigaretta e se ne va.

"Che modi, ma sa cos'è la gentilezza?!"

Vabbè.
Guardo l'ora del telefono, è la una passata e sto cominciando ad avere freddo.
Mi incammino verso casa mia e rifletto ancora una volta a quello che ha detto papà.

Non lo pensava davvero
Non lo pensava davvero
Non lo pensava davvero
O almeno spero.

Arrivo davanti il cancello di casa, suono diverse volte ma a quanto pare, sono andati a dormire. Cerco nelle tasche le chiavi e per fortuna le trovo.
Tolgo le scarpe e mi metto a letto. Sto sdraiata a pancia in su e fisso il soffitto.

Quel ragazzo.

Chissà come si chiama, chissà perché stava piangendo, chissà se è ancora in giro.

Mi è aumentato il mal di testa, mi giro su un lato e appena chiudo gli occhi mi addormento.

Problematic soulsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora