A porte chiuse

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Mentre Ginny Gee si metteva l'ottavo strato di rossetto e si sistemava il Wonderbra per prepararsi alla sua performance, più di un potenziale partecipante alla sua trasmissione stava seriamente pensando di scappare di casa.

Nella sua camera, tappezzata di poesie copiate qua e là e con la collezione di porcellini di terracotta sparsa un pò ovunque, Laura Turnbull si stava depilando le odiate sopracciglia rosse chiedendosi se fosse possibile eliminare le lentiggini con un intervento chirurgico. Era ora di darsi da fare con quel benedetto compito di storia, ma raramente faceva quel che avrebbe dovuto. Aveva deciso  che il mondo cospirava contro di lei. Non bastava avere un padre che se n'era andato di casa per trasferirsi dalla Stupida Betsy e una madre che, invece di riprendersi il marito, si era messo con quell'ameba di Melvyn Crouch. No! Ci voleva anche quell'orribile colore di capelli, delle gambe da vomito e un naso all'insù che a sua nonna sembrava tanto carino, ma per lei era una vera sciagura. Non c'era da meravigliarsi se non aveva uno straccio di ragazzo: per attirare il sesso maschile bisognava essere a posto, come la sua amica Chelsea.

La vita di Laura stava letteralmente cadendo a pezzi e nessuno sembrava preoccuparsene. Quel programma radiofonico non le poteva dire nulla di nuovo sulle situazioni imbarazzanti. Ma proprio in quel momento, a conferma della propria intelligenza in cui credeva ciecamente, le venne un'idea geniale.

Intanto Jemma Farrant, nella sua nuova camera arredata in tonalità che andavano dal color pesca alla mela acerba, stava ascoltando la radio schiacciandosi il pollice contro gli incisivi più forte che poteva. Jemma odiava i suoi denti. Era convinta che fossero così sporgenti perché si era succhiata il pollice da piccola. Ma i denti non erano l'unica cosa che Jemma odiava: detestava i suoi capelli color fanghiglia, ostinatamente lisci; inoltre non sopportava di aver dovuto lasciare il Sussex per trasferirsi a Leehampton, dove non conosceva nessuno e aveva dovuto cominciare una nuova scuola a metà anno. La cosa che odiava di più però era il suo guardaroba: pieno di vestiti che potevano andare a una poppante di nove anni e non certo a una teenager.

Se solo la nonna fosse stata là: lei si che avrebbe sistemato le cose. Ogni volta che Jemma cercava il coraggio di dire qualcosa di decisivo a sua mamma finiva per lasciar perdere. Odiava litigare e la mamma non si lasciava contraddire. La nonna invece era davvero in gamba per essere sulla soglia dei settanta. Viveva in un villino disordinato alla periferia di Brighton, con una tartaruga di nome Maud e Claw, un pappagallo parlante. Era convinta che la vita andava vissuta fino in fondo e consigliava a tutti di cogliere le occasioni al volo. E allora come mai la mamma, che era sua figlia, non le assomigliava manco un po?

A Wellington Road Sumitha Banerji aveva sbattuto fuori da camera sua il fratello minore e se ne stava davanti allo specchio a raccogliere i lunghi capelli neri in un'acconciatura che la facesse sembrare più alta. Si stava chiedendo se una telefonata all'

Ora del Lamento avrebbe fatto capire ai suoi genitori che stavano bloccando il suo sviluppo emotivo.

Le era stato proibito di tagliarsi i capelli, dipingersi le unghie e truccarsi, e suo padre pretendeva ancora di sapere esattamente dove andava, con chi e quando sarebbe rientrata. Quel giorno non aveva neanche provato a nominare la discoteca: sapeva benissimo quale sarebbe stata la risposta. L'ultima volta che aveva chiesto se poteva andare allo Stomping Ground la risposta di suo padre era stata: <<Quello non è il genere di posto che una ragazzina della tua età possa frequentare>>. E la mamma aveva continuato a guardare la figlia con occhi da cerbiatto, ma non aveva detto una sola parola in difesa di Sumitha. Sua madre era un vero disastro.

- Se fossi stata educata a Calcutta...- aveva continuato suo padre.

-Ma io non sono cresciuta in quella dannata città!- era esplosa Sumitha.

-Rimango della mia opinione. Il tuo linguaggio dimostra che bella influenza hanno avuto i tuoi amici inglesi. La risposta è no: non andrai in discoteca. E non cambierò idea.

Non era giusto! Non vivevano mica a Calcutta! Sumitha ci andava ogni tre anni a trovare i nonni. Ma era nata in Inghilterra, i suoi amici erano tutti inglesi. Perché mai i suoi genitori continuavano a sdoppiare la sua esistenza? Loro erano venuti in Inghilterra a studiare e ci erano rimasti perché lì avrebbero avuto maggiori possibilità di lavoro. Eppure insistevano a educare lei e di fratello nello stesso modo in cui erano stati educati loro due, in India, secoli prima! Suo padre diceva che le ragazze dovevano portare i capelli lunghi in segno di decoro. Ma sulla rivista "LUrlo!" Sumitha aveva letto che i capelli corti slanciavano la figura.

Il problema più urgente per il momento era la serata in discoteca. Suo padre diceva che quei generi di posti erano dannosi e inutili.

Quella sera però l'avrebbe fregato. I genitori dovevano andare a una festa fuori città e lei aveva avuto il permesso di andare a dormire a casa di Laura Turnball. Quello che i suoi non sapevano era che Laura, proprio in quel momento, stava cercando di convincere sua madre a lasciarla andare in discoteca. E se anche la signora Turnball avesse telefonato per parlare con i suoi genitori non li avrebbe trovati perchè dovevano uscire subito dopo pranzo. A casa rimaneva solo la nonna con Sandeep, il suo fratellino. Ma non parlava bene l'inglese e quindi non rispondeva mai al telefono. Sumitha era convinta di potercela fare. Alzò il volume della radio e si mise a cantare a squarciagola. Suo padre odiava quella musica...

Ma era a casa di Chelsea Gee che le cose andavano malissimo. Chelsea si stava guardando allo specchio, cercando di spazzolare i suoi riccioli ribelli e sperando che quell'orribile brufolo che le era scoppiato proprio sul mento sparisse all'istante. In realtà sperava che anche sua mamma potesse sparire all'istante. Era una giornalista, e curava una rubrica de "L'Eco" che si chiamava "Ditelo a Ginny", il peggio era che ogni volta parlava e spettegolava di tutto: sesso, amore, moda...lei che indossava delle mini arancioni sul suo sedere taglia 48!

In quel momento pregava che nessuno dei suoi amici stesse ascoltando la radio. Sua madre stava di nuovo per esibirsi ancora una volta ai microfoni di Radio Leehampton. Proprio Ginny Gee-la comprensiva madre giovanile che di mette dalla parte dei teenager- che aveva ordinato di non Rientrare più tardi delle dieci e mezza. Davvero divertente! Chelsea andò in cucina e trovò un foglietto con una piccola ma bella scrittura, che diceva:

Sabato, 9:30

Caro Barry, puoi scongelare (non è difficile, papà, puoi farcela) qualcosa per il pranzo?

Niente di elaborato altrimenti la bambina ( bambina io?!) non mangia.

Sono andata alla radio per la diretta (ti prego, fa che non ci sia nessuno dei miei amici in ascolto!) (chissà perché ho accettato?) ( te lo dico io: perché sei un'esibizionista!) A proposito tocca a te andare ( cosa sono, un pacco?) a prendere la bambina ( di nuovo?) stasera. Deve tornare per le 22:30. È di sopra con un muso lungo fino ai piedi. Dice che le IMPEDIAMO DI VIVERE (strano, mi sembrava fosse proprio il contrario). (Coooosa?!) ci vediamo più tardi,

Gin

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