Prologue.

7 2 1
                                    




Registrazione 824, Roma Italia ore 23.34

"Signorina Bennati lei dov'era quando il soggetto è scomparso?" disse l'agente con fare dolce ma inquisitorio.

"Ero appena tornata a casa dopo esser stata a casa sua per fare un progetto scolastico." Rispose la ragazza.

L'ambiente era umido, si trovavano in una stazione di polizia nella periferia di Roma.

Le pareti erano di un azzurro spento, macchiate e graffiate. Il soffitto era basso e non c'erano finestre.

La ragazza e l'agente stavano seduti l'uno di fronte l'altra. Il poliziotto guardava l'adolescente in modo insistente, per carpire ogni segno di disonestà.

La ragazza se ne stava a fissare il pavimento, rispondendo passivamente alle domande che le venivano poste.

Aveva il viso pallido, gli occhi sconvolti, le labbra tremolanti. Era sul punto di piangere.

Gli occhi scuri fissavano un punto fisso sul terreno. Fissava così intensamente da sembrare che bucasse il pavimento.

Sentiva la voce dell'agente in sottofondo rispetto ai propri pensieri. Questi ultimi le turbinavano nella mente senza sosta. I pensieri, i pensieri.

Perché?  Dove era finito? Era sicuramente colpa sua. L'aveva scoperto, l'aveva incastrato.

Che vigliacco. E' scappato? C'era il suo sangue però. Si è veramente suicidato? Nono, non può averlo fatto. Non ne è capace. Non ha la forza. E' un mostro, è un pazzo. Non ci credo. L'ha già fatto una volta, l'ha nascosto. Può farlo ancora no? Può simularlo.

Non è morto, non è sparito, non è possibile.

"Che rapporto aveva con lui? Eravate buoni amici?" chiese dopo poco l'agente.

La ragazza guardò l'agente. Per la prima volta durante l'interrogatorio.

Lo guardò come per trapassarlo.

Quegli occhi neri erano ancora più scuri. Era arrabbiata, era amareggiata.

"Non lo conoscevo bene."

"E come vi siete conosciuti?"

Bisognava stare attenti quando si stava con lui. Era facile perdersi una reazione incontrollata.

Era così bravo a emulare le emozioni che quasi sembrava fossero più sue che di chiunque altro.

La ragazza si sentiva sopraffare dai sentimenti.

Non era amore, non era affetto. Era rabbia, pura rabbia. Cieca, paralizzante rabbia.

L'aveva scoperto ma non ha potuto dirlo a nessuno perché lui era sparito. Non ha potuto portare a termine il suo obiettivo.

Ecco perché era sparito. Non si era suicidato. Aveva paura. Sapeva che la ragazza avrebbe parlato.

Lei se lo sentiva, una morsa allo stomaco, un silenzio forzato.

E' scappato quel vigliacco. Non è morto. Lei se lo sentiva, nelle viscere.

L'agente si accorse che la ragazza non rispondeva.

"Va bene, finiamola qui, ti mando a casa. Verrai sicuramente richiamata per ulteriori domande."

La ragazza si alzò di scatto, seguita dall'agente che la scortò fuori dalla stanza esageratamente illuminata per le sue contenute dimensioni.

Non può essere semplicemente morto, pensò la ragazza.

Se fosse morto ne sarei la diretta colpevole. Chi crederebbe ad un'assassina?

Chi, se non un assassino?

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 10, 2019 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

AmigdalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora