1. L'errore

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Ero una di quelle ragazze che hanno tutto, una bella casa, un bell'aspetto, una bella vita. Mia madre ha sempre avuto la triste abitudine di accontentare ogni mio capriccio, quindi se le avessi chiesto 300 euro per una borsa, me li avrebbe dati senza nemmeno pensarci. Per questo motivo una sera, quando le chiesi di prestarmi la sua mercedes rossa fiammante mi diede le chiavi come se mi stesse regalando l'ennesimo paio di Louboutin. A diciassette anni te ne approfitti, se puoi avere una cosa perché rifiutarla?

In realtà non sapevo nemmeno io dove andare, quindi mi lasciai guidare dalla strada, tanto buia quanto solitaria, dai 200 cavalli che vibravano sotto il cofano e dall'adrenalina che saliva sempre di più.

Quella macchina andava veramente forte, forse anche troppo.

Mentre pigiavo il piede sull'acceleratore qualcosa si fiondò in mezzo alla strada e non avrei potuto evitarlo. Provai a inchiodare ma era troppo tardi e l'airbag mi esplose violentemente in faccia. Quando ripresi i sensi erano ormai passate delle ore e la macchina era ridotta uno schifo. Ero uscita di strada finendo contro un pino. Per chilometri non si vedeva nulla oltre ai campi di grano, che diamine ci faceva un pino là in mezzo?

Scesi dalla macchina zoppicando e parecchio intontita per fare un piano della situazione e cercare il cellulare, che sicuramente era finito chissà dove per via dell'urto. Vedevo offuscato e i miei bellissimi capelli biondi erano diventati un groviglio di polvere e sangue, altro che la macchina, quella che stava uno schifo ero io. Visto che il cellulare ormai era andato, mi incamminai verso la strada per cercare di capire che razza di animale avessi investito.

Fu allora che il cuore mi si fermò in gola.

Come avevo potuto scambiarla per un animale? Non l'avevo nemmeno vista...

Il suo corpo era steso in mezzo alla strada circondato da un'enorme pozza di sangue. La sua pelle era talmente bianca che sembrava brillare di luce propria. Iniziai ad avvicinarmici lentamente sperando di cogliere qualunque segno vitale.

Ogni osso del suo corpo sembrava essersi spezzato, i vestiti erano completamente zuppi di sangue e terra. Il suo viso era girato verso il lato opposto della strada e quando le giunsi vicino, impallidii. Avrà avuto all'incirca la mia età, la sua mandibola era completamente squarciata, labbra e naso nemmeno esistevano più e come se non bastasse aveva gli occhi tremendamente spenti, due enormi occhi nocciola che fissavano il vuoto.

Era un immagine talmente raccapricciante che mi venne un conato di vomito, a stento riuscii a trattenermi, purtroppo peró non c'era tempo per restare lì a piangersi addosso. Ormai il danno era fatto.

Maledii quel giorno, la macchina infernale e mia madre, anche se in fondo sapevo di chi era veramente la colpa. Ero stata io l'idiota imprudente. Ero stata io ad averla investita, non la macchina, tantomeno mia madre.

Dovevo fare qualcosa, presto sarebbe giunta l'alba. Presi tutto il coraggio che potei e trascinai il suo cadavere oltre la collina, in mezzo a un campo c'era un capannone abbandonato, dove nessuno sarebbe mai andato a curiosare. Le lacrime mi rigavano le guance, il naso continuava a sanguinare e la testa sembrava che stesse per esplodermi da un momento all'altro, eppure il senso di colpa che cresceva era il dolore più grande. Ormai stremata riuscii a nascondere il suo cadavere in quella catapecchia schifosa e lo coprii con una coperta lercia e putrida che trovai lì dentro. Non riuscii a smettere di ripetere cose come "Mi dispiace" o "Cazzo, ho fatto un casino!"

Ripulii la strada da tutto quel sangue come meglio potei con la mia felpa rosa, ormai rossa. Pregai che almeno la macchina non mi avesse abbandonata. Grazie a Dio, non so come ma funzionava ancora.

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