Capitolo 1

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Avete presente la sensazione di pace e tranquillità che precede il suono improvviso della sveglia? Bene, io non l'ho mai provata ma mi chiedo come possa essere. Ho sempre avuto la straordinaria capacità di aprire gli occhi prima dell'inizio della mia suoneria di Barbie, che avevo scaricato diversi anni fa ma che, essendomici affezionata parecchio, avevo deciso di tenere. Ebbene, questa mattina è un'eccezione. Apro gli occhi di scatto e con un gesto fulmineo alzo la schiena dal letto causandomi un leggero giramento di testa, mi alzo più lentamente e accendo il cellulare per controllare l'ora. Mi accorgo sin da subito di essere in ritardo di venticinque minuti ma, da ossessiva compulsiva quale sono, avevo già calcolato la sera prima il margine di tempo che avrei potuto impiegare nel caso in cui mi fossi svegliata tardi, e mi ringrazio mentalmente per averlo fatto anche stavolta. Scendo a fare colazione salutando i miei genitori e mio fratello Francesco che così come me oggi ha un esame. È più grande di tre anni e studia ingegneria biomedica, ma a differenza mia, riesce a rimanere sempre pacato e tranquillo nonostante a distanza di alcune ore debba affrontare un esame. Siamo due poli opposti ma nonostante ciò siamo consapevoli del fatto che ci saremo sempre l'uno per l'altra. A causa dell'agitazione non riesco a mangiare come si deve, afferro un solo Pan di Stelle e mi preparo mentalmente per l'ultimo esame della sessione estiva, concedendomi il lusso di immaginare per soli tre minuti la vacanza che mi aspetterà dalla settimana prossima. Mi preparo velocemente indossando dei vestiti che, seppur adatti per un esame, possano esentarmi dal morire di caldo essendo quasi fine luglio, prendo gli innumerevoli appunti di Anatomia 2, da me scritti con estrema cura e dedizione e afferro prontamente le chiavi della macchina. Mentre percorro il tragitto tra casa mia e l'università mi ripeto mentalmente i concetti più importanti quando, essendomi fermata ad un semaforo, non presto attenzione ad una signora che mi lancia delle occhiate perplesse pensando che stia parlando da sola. Ah, magari fosse così! Ho la strana abitudine di attaccare dei post-it sul cruscotto in modo da poterli consultare qualora sia necessario in modo tale da strapparli con ferocia e soddisfazione una volta aver finito l'esame, liberando la mia adorabile 500 bianca di decine di post-it così come la mia mente di centinaia di informazioni. Dopo aver ripetuto per l'ennesima volta il sistema nervoso centrale, finalmente arrivo al parcheggio dell'Università. Oggi, in realtà, poiché la solita aula in cui teniamo gli esami è occupata da alcuni docenti per un corso di aggiornamento, siamo stati sfrattati nel plesso destinato al terzo e al quarto anno. Essendo arrivata come mio solito in anticipo, vado al bar e prendo un caffè per cercare di affievolire l'ansia ma, dopo appena dieci minuti, mi dirigo a testa alta verso la porta dell'Università e attendo in corridoio l'arrivo dell'addetto per firmare, in modo da essere la prima e andarmene via subito. In realtà, poiché odio aspettare in preda all'angoscia che arrivi il mio turno, sono tanto audace e temeraria al punto da offrirmi volontaria come cavia, anche se in alcuni casi, data la mia eccessiva preparazione molti miei colleghi mi chiedono di farli passare avanti per non essere valutati dopo di me. Perciò, come mio solito fare, inizio a ripetere nuovamente diversi argomenti e, senza neanche accorgermene, cammino avanti e indietro per il corridoio fino ad arrivare difronte alla porta del bagno. Continuo a ripetere imperterrita e concentrata al massimo mentre entro al suo interno per lavarmi le mani, gesto che compio sempre quando sono testa e agitata, e, improvvisamente, mentre guardandomi allo specchio continuo a ripetere ossessivamente lo stesso argomento, la porta dietro di me si spalanca rivelando la presenza di Alessandro, che, sorpreso quanto me, mi guarda come se, tra i due, quella fuori di testa fossi io.
"Cosa c'è? Ti sembra strano che ripeta anche in bagno?" Gli domando sorridendo.
"No, Giulia. Mi sembra strano che tu ripeta nel bagno degli uomini" Mi risponde con la solita faccia da schiaffi e prendendosi gioco di me per la miliardesima volta nell'arco di vent'anni.
"Mi stai prendendo in giro per caso?" Mi guardo attorno nella speranza di dimostrare di avere ragione ma, per mia sfortuna, la presenza dei vespasiani alla mia sinistra e della porta con l'insegna blu, mi fa capire di aver commesso un errore. Inizia a ridere sommessamente mettendosi una mano sulla pancia e con le lacrime agli occhi, fin quando io, arrabbiata come non mai, dato che di figuracce non ne ho mai abbastanza, scivolo su un pezzo di carta igienica bagnata e chiudo gli occhi per prepararmi alla terribile caduta che avrebbe seguito ma, prontamente, come se fossi una damigella in difficoltà, Alessandro si sporge in avanti e con una falcata mi prende al volo, impedendo sia a me sia ai miei preziosi appunti di scivolare e bagnarsi.
"Ah-ah sei sempre la solita, se non ci fossi io chissà cosa faresti tu" Asserisce con la solita aria da -so tutto io, chi ti credi di essere tu?- In effetti, mi duole ammetterlo, ma ha ragione. Alzo gli occhi ancora chiusi per lo spavento e mi imbatto nell'azzurro delle sue iridi. Non ho ma visto un colore così intenso, limpido e cristallino. Naturalmente non gliel'ho mai detto, ma ho sempre pensato dentro di me che avessero un non so che di speciale, di unico aggiungerei. Sono di un azzurro cielo che non smetteresti mai di guardare e proprio sul contorno si scuriscono diventando blu, così come le sfumature dell'oceano. Anche lui inizia a fissarmi con insistenza gli occhi, che ahimè, sono di un banalissimo marrone scuro, ma ricordo che un giorno da bambini mentre correvo per raggiungere l'altalena inciampai e mi sbucciai il ginocchio, lui venne in mio soccorso per aiutarmi, fissò i suoi occhi nei miei e vedendoli lucidi prontamente mi asciugò una lacrima dicendomi: "Degli occhi così belli e luminosi non possono nascondere tristezza, solo tanto amore" . Imbarazzata dalla piega che stanno prendendo i miei pensieri, mi allontano di scatto e senza dirgli nulla raggiungo l'aula ancora vuota attendendo il mio turno. Dopo decine di minuti l'aula si spalanca ed entrano gli altri candidati, comprese le mie amiche e Martina, la mia migliore amica nonché sorella minore di Alessandro. Mi chiedo come possano essere fratelli quei due, così diversi nonostante si vogliano un bene dell'anima. Martina non studia medicina ma appena può, così come io con lei, assistiamo l'una agli esami dell'altra facendoci il tifo a vicenda.
"Sei pronta?" Mi domanda con i suoi occhioni verdi cercando di riconoscere nei miei la solita sicurezza.
"Sai già la mia risposta" Le faccio scherzosamente la linguaccia e le schiocco un bacio sulla guancia, come è nostro solito fare. Appena il professore fa la sua comparsa in aula tutti ci ammutoliamo, con eleganza si siede dietro la cattedra e ci annuncia che uni dei suoi assistenti è malato e che, al suo posto, lo avrebbe aiutato uno studente del quinto anno, naturalmente quello che lui reputava il migliore. Non mi preoccupo molto dell'assistente perché alla fine il voto lo verifica e lo stabilisce solo il professore, ma quando vedo entrare dalla porta Alessandro con un completo elegante che solo ora sembro notare, mi si gela il sangue nelle vene e, con gli occhi iniettati di terrore giro lo sguardo verso Martina che mi assicura con lo sguardo di non saperne niente. Tutte le ragazza nell'aula iniziano a sospirare sognanti alla vista dell'assistente e mi innervosisco al solo pensiero che qualcuno qui dentro possa considerarlo più attraente che insopportabile, se solo conoscessero il suo vero carattere infatti non lo guarderebbero più così, ne sono certa. Presto più attenzione alla sua figura e, mio malgrado, devo riconoscere che con questo completo elegante è davvero molto bello, gli calza a pennello. Le braccia muscolose e le spalle larghe sono contenute in una giacca di un nero opaco che nasconde parte della camicia azzurra che fascia il suo addome scolpito. Le gambe invece sono strette in un pantalone aderente al punto giusto che rivela alla fine un elegante paio di scarpe azzurre, proprio come la camicia. Ammetto che ha gusto nel vestire, lo ha sempre avuto in realtà. Sua madre Veronica sin da quando erano bambini teneva molto al loro abbigliamento e deve aver tramandato loro questa passione che allo stesso modo, anche mia mamma condivide e ha trasmesso a me e a Francesco. Francesco e Alessandro sono migliori amici sin dalla nascita grazie alle nostre mamme che si conoscono già dai tempi dell'università poiché entrambe studiarono Economia e Commercio. A distanza di due anni dalla nascita di Alessandro e quindi di Francesco, dal momento che hanno la stessa età, nacque Martina, che è un anno più grande di me e studia Giurisprudenza. Perciò io sono la più piccola tra i quattro, ma non per questo svantaggiata. Anzi, proprio al contrario, già da bambina mi divertivo a prendermi gioco di loro, tanto che nonostante fossi più piccola alla fine riuscivo sempre ad ingannarli per ottenere ciò che desideravo, a partire dal film da vedere fino alla destinazione delle vacanze, infatti quasi tutti gli anni ormai partiamo con la famiglia Falcucci, non che non mi faccia piacere trascorrere del tempo con Martina, che è una delle mie amiche più care, ma il pensiero di sprecare dei giorni della mia vita al fianco di Alessandro che si divertiva e continuava a divertirsi come non mai a prendermi in giro non mi allettava particolarmente, benché meno adesso che sono cresciuta. Arrotolando leggermente la mia camicetta rosa di raso sulle maniche e sistemandola ancor meglio nei pantaloni neri a vita alta sotto la cinta di pelle, mi preparo per il mio turno, sperando in cuor mio che ad interrogarmi non sia Alessandro ma Marco, un suo compagno del quinto anno che conosco di vista.

Come il cielo in tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora