"Giulia! Hai finito di specchiarti o devo aspettare ancora per molto?" Mio fratello e la sua sensibilità nei confronti dell'universo femminile. È in trepidante attesa da soli cinque minuti che, a parer suo, sono diventati due ore. Dopo l'ultima cena con i Falcucci non abbiamo più avuto modo di controbattere tanto era l'entusiasmo dei nostri genitori, ogni tanto mia madre lanciava delle occhiate di sottecchi ad Alessandro e io fingevo di non vederle, il che mi ha lasciata, devo dire, un po' sorpresa. Il fatto che consideri Ale un bel ragazzo non mi è nuovo, lo ha sempre insinuato sin da quando era un bambino, ma il fatto che continui a sottolinearlo più volte mi lascia un tantino perplessa. "Dolce fratellino sempre molto paziente sto arrivando! Devo fare la pipì e scendo" - "Ancora con questa pipì? Ma se l'hai fatta appena venti minuti fa!"- "Giuro che se non la smetti di rompere ti buco le ruote della macchina e ti lascio a piedi" Naturalmente, in quanto maschio anche lui ha una passione sfrenata per le auto, tanto che la sola idea che possa succedere qualcosa alla sua dolce Audi lo fa rabbrividire. Stranamente non lo sento controbattere, per cui in fretta e furia mi pettino nuovamente i capelli e scendo, salutando mamma e papà che ci guardano attraversare il cancello come se dovessimo andare in guerra. "Non stiamo andando al patibolo mà! E pà per favore controlla ogni giorno che la mia dolce Molly sia pulita e profumata in garage" Già, dimenticavo che mio fratello ha dato un nome alla sua auto, Molly. Dopo gli ultimi saluti un lampo mi attraversa lo sguardo. "Ma non andiamo con la tua Fra?" Domando a mio fratello non capendo. "No, passa Alessandro" Risponde facendo spallucce. Non ci posso credere. Non solo devo vivere sotto il suo stesso tetto per venti giorni, ma devo anche sopportarlo durante il tragitto che ahimè, non durerà meno di tre ore e mezza.
Appena varco il cancello di casa, nell'attesa mi siedo sul piccolo gradino di fronte al giardino ma il calore del marmo a contatto con la pelle nuda delle gambe coperte solo da un paio di shorts neri mi costringe ad alzarmi, fin quando non sentiamo il rumore del clacson. A me stessa ripeto che andrà tutto bene, ma in realtà avverto un presentimento bello o brutto che sia che piano piano sta prendendo spazio dentro di me. Recupero il trolley rosa perla e, con la solita accortezza che mi contraddistingue, mentre raggiungo la Range Rover di Alessandro, che anche lui ha chiamato Titti da quando gli è stata regalata, inciampo su Snoopy, il mio barboncino toy alto un quarto di metro e tanta voglia di crescere che si intrufola tra le mie gambe facendomi perdere l'equilibrio. Un urletto strozzato mi esce di bocca e per evitare di soppesare su Snoopy che altrimenti finirebbe schiacciato sotto il trolley mi dò uno slancio all'indietro, precipitando proprio sul gradino di marmo che, a contatto con l'osso sacro mi fa gemere di dolore. Apro gli occhi ma noto mio fratello intento a parlare con Martina e Ale, sempre pronto in mio soccorso, che mi allunga una mano con un sorrisetto impertinente sul volto. "Sbaglio o in una settimana sono già tre volte che cadi in mia presenza?" Domanda sornione alzando gli occhiali da sole sui capelli biondo cenere, proprio come i miei e puntando il mare dei suoi occhi sulla cioccolata dei miei. "Hai ragione, sei talmente disgustoso che quando ti vedo lo spavento è tanto che rischio di morire" Rispondo teatralmente strappandogli una risata. Recupera la mia valigia e la infila nel portabagagli di Titti. Mi siedo accanto a Martina dietro e inizio ad osservare Roma che scorre fugace dal vetro del finestrino. I miei pensieri vengono interrotti dal rumore della mia suoneria ed io prontamente, senza leggere il nome del contatto, mi appresto a rispondere richiamando su di me l'attenzione dei presenti. "Pronto!" - "Ciao, sei Giulia del corso di medicina, giusto?" - "Non so quale sia la percentuale che la Giulia che stai cercando sia io ma, dimmi pure. Anzi chi sei?" - "Si, sei proprio tu" Risponde l'interlocutore lasciandosi scappare una risata. Nel frattempo vedo Alessandro guardarmi dallo specchietto con interesse ma fingo di ignorarlo. Intanto Martina mi supplica di mettere il viva voce e l'accontento, non sapendo quello che lo sconosciuto avrebbe voluto chiedermi. "Comunque, sono Marco, un compagno dell'assistente che l'altra volta ti ha interrogato all'esame. Mi chiedevo se sei impegnata e se uno di questi giorni vuoi uscire a prendere un caffè" Mi chiede gentilmente. Alessandro frena bruscamente facendomi saltare in avanti e mi lancia un'occhiata di fuoco mentre Martina e mio fratello, complici, osservano la scena divertiti. "Ma sei impazzito? Razza di idiota" Rispondo dimenticandomi di coprire il microfono del telefono. "ehm, se non vuoi per me non c'è problema" sussurra Marco timidamente. "Oh no scusami, ce l'avevo con un ragazzo alquanto problematico che non sa portare la macchina ma che ha lo stesso la patente... i giovani di oggi! Comunque, appunto perché sono in macchina, per venti giorni starò a Rimini quindi se vuoi ci sentiamo non appena torno" Gli propongo gentilmente sperando però che nell'arco di questi giorni dimentichi la mia proposta. Non per cattiveria ma non vorrei illuderlo, non mi interessa in quel modo, forse come amico. "Certo, va benissimo dolcezza" Risponde con fin troppo entusiasmo. Sentendo pronunciare quel nomignolo storco il naso e vedo Martina trattenere un sorriso alla vista del fratello nero dalla rabbia che, in meno di tre minuti, si ferma in un Autogrill e scende dalla macchina rifilando la scusa di dover usare il bagno. "Scusami ma ora devo andare, ciao" Velocemente metto fine alla chiamata e decido anch'io di scendere dalla macchina per sgranchirmi le gambe. Come mio solito, vado in bagno per fare i miei bisogni quando proprio sulla porta mi scontro con un Alessandro palesemente infastidito. "Tutto bene?" Chiedo ingenuamente. "Certo, dolcezza" Risponde con una punta di amarezza. "Ma che problemi hai, mh?" - "Non ho nessun problema e vedi di farti gli affari tuoi!" Dice scontroso. "Non permetterti di rispondermi così senza che io abbia fatto nulla! Quello che ha dei problemi qui sei tu". Vedo le rotelle del suo cervello muoversi per studiare la situazione, quando sentiamo un urlo provenire dalla porta del bagno accanto. Entrambi raggiungiamo il punto da cui proveniva quella voce e troviamo un grazioso bambino in preda ad un pianto isterico con il ginocchio sbucciato. Ci lanciamo uno sguardo di intesa e, mentre lui recupera l'occorrente per disinfettare la ferita, io cerco di consolarlo dicendogli che è tutto apposto. Osservo Alessandro applicare con maestria il disinfettante sulla ferita senza recare alcun dolore al bimbo che ci guarda con interesse. Nel frattempo recupero un pezzo di garza e dopo averglielo delicatamente poggiato sulla ferita, gli domando dov'è la sua mamma. "Mi ha detto che tornava subito mentre un signore la portava via, ma stava piangendo e quindi l'ho rincorsa ma mi sono fatto male e sono entrato qui cercando di pulire tutto" con un gesto delle mani ci indica il pavimento sporco di sangue che sembra preoccuparlo tanto, quando in realtà a preoccupare noi è ben altro. "Tesoro, adesso chiamiamo qualcuno e ti facciamo venire a prendere, va bene?" domando dolcemente accarezzandogli la guancia mentre Ale prende il suo IPhone per contattare i soccorsi. "Mia mamma quando torna?" Mi chiede ingenuamente. Non sapendo cosa rispondergli lo afferro con cura e me lo porto in braccio, dandogli un bacino tra i capelli mentre lui, calmatosi dal pianto isterico di pochi attimi prima, si avvicina al calore del mio corpo trovandovi conforto. Alessandro rientra nel bagno dopo qualche minuto e mi lancia un'occhiata preoccupata, osservando il bambino con un sopracciglio alzato. "Però, non sapevo fossi così brava con i bambini" Mi rivela sorpreso. "Ci sono tante cose che non sai di me" Dico sinceramente sentendolo sussurrare qualcosa tra sé e sé simile a un "conto di scoprirle". Lo supero e mi afferra per un braccio dandomi una mano a portare il piccolo in braccio, raggiungiamo Francesco e Martina e spieghiamo loro l'accaduto attendendo la polizia che arriva dopo mezz'ora. "Grazie mille ragazzi, siete stati davvero gentili. Faremo del nostro meglio per ridargli la sua mamma." Ci rassicura l'agente. Nel frattempo il bambino si era addormentato tra le mie braccia e con cura lo stendo sul sedile del passeggero della volante della polizia lasciandogli un dolce bacio sulla fronte. Prima di lasciarmi andare però mi sussurra all'orecchio: "siete innamorati come mia mamma e mio papà?" Le mie guance si tingono di rosso e non faccio in tempo a rispondere che l'agente chiude lo sportello. Alessandro osserva la scena con un luccichio nello sguardo che prima d'ora non mi ha mai rivolto, poiché sempre pronto a prendermi in giro e a schernirmi, ma adesso si limita solo ad appoggiare una mano sulla mia schiena conducendomi verso la sua dolce Titti.
Mi apre lo sportello del passeggero e attende che io entri per chiuderlo, non prima di avermi rivolto uno dei suoi sorrisi più sinceri che, per mia sfortuna, poche volte gli ho visto rivolgermi. Senza accorgermene chiudo le palpebre e mi addormento sul sedile in pelle poggiando la testa sulle gambe di Martina, che si rilassa sul sedile addormentandosi a sua volta. "Giulia, svegliati" mi chiama dolcemente Marti prima di scendere dall'auto, faccio finta di non sentirla e mantengo gli occhi chiusi fin quando due braccia forti mi sollevano dal sedile facendomi aprire gli occhi di scatto dopo aver riconosciuto un profumo familiare. Mi piace e mi è sempre piaciuto. Il profumo di Alessandro. Mi costringo ad alzarmi in piedi e dopo avergli rivolto un'occhiata imbarazzata, lui mi fa l'occhiolino. Mi osservo attorno e riconosco quella che dovrebbe essere la Villa dei Falcucci di Rimini, dove Martina ed Ale andavano spesso in vacanza da bambini. Il cancello in ferro battuto dal quale poco prima siamo entrati a bordo di Titti immette in un grande giardino con un prato inglese ben curato e al centro una piccola fontanella contornata di fiori accesi. Davanti, una deliziosa Villa a due piani rosso salmone con le imposte bianche preceduta da una scalinata a mezzaluna in marmo dove giace un tavolino anch'esso in ferro battuto e di forma rettangolare. Alessandro recupera le chiavi consentendoci di entrare e in poco tempo ci sistemiamo nelle quattro camere da letto disponibili. A me è toccata la camera lilla, con un letto a due piazze bianco panna, una grande finestra collegata a un balcone e la porta proprio accanto a quella del bagno. I ragazzi me l'hanno ceduta sapendo che, tra tutti, quella che di notte si sveglia più spesso per i miei continui bisogni fisiologici sono proprio io. Apro subito le persiane e mi affaccio sul giardino, strizzo gli occhi e riconosco una spiaggia non molto distante, probabilmente raggiungibile a piedi in poco tempo. "Ci cambiamo e andiamo in spiaggia, ti va? In dieci minuti massimo a piedi ci arriviamo tranquillamente" Alessandro sbuca dal nulla leggendomi nel pensiero, annuisco ed entro dentro per cambiarmi. Indosso un costume rosso fragola a due pezzi che si intona perfettamente al colore dello smalto che ho messo appositamente ieri pomeriggio. Indosso un vestitino bianco come copricostume aperto sulla schiena e scollato sul davanti e raggiungo Martina in salotto. "Che la nostra vacanza abbia inizio!" Grida Francesco dalle scale seguito da Alessandro con un paio di pantaloncini grigi e la maglia ancora arrotolata tra le mani in attesa di essere indossata. Forse, avrei voluto dirgli, stai meglio senza.
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Come il cielo in tempesta
RomanceGiulia, 20 anni, studentessa di medicina e una straordinaria capacità di finire in situazioni al dir poco imbarazzanti in un battito di ciglia. Con il sarcasmo a portata di mano e il miglior sorriso ad incorniciarle il viso, ha sempre la risposta pr...