La mia prima fidanzata

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La mia prima,
primissima fidanzata
l'ho rivista (struccata)
a una festa, intatta,
e intensamente stretta
a un barbuto nostrano
new-global non io.
Mi sembrava così felice,
scimmiescamente audace,
la mia primissima
prima fidanzata!
E tutta ci si buttava
in rutilanti, sculettanti
balletti di coppia,
di gruppo, mentre quello
(compagno, amico, amante)
altro che bellimbusto,
alle prese di un irlandese
fusto di birra, se la gustava
anche lui ribollire,
sbollentare chissà quale
(e con che ardire)
gene incallito di balera.
Ma davvero lo era
felice e capace d'amare
quel tanto, quel poco
che aveva? Sembrava
o lo era? Scommetto,
son certo che era, l'illusa,
davvero convinta (o confusa)
di sé e della sua profusa
distinta mediocrità.
Forse perché
da maremmana americana
(sua madre era d'origine
texana) la vita affrontava,
acciuffava per il lazo
indomito del cow-boy,
come in mezzo a un rodeo:
yee-haw, yee-haw!
O forse ero io, inosservato
osservatore, pessimo
bevitore: incauto ed arzillo,
brillo parlante
frenato dal trovarcisi
REALMENTE (e non
averlo solo immaginato)
nel secolo dopo!
Ubriaco, quindi? Nemmeno.
Piuttosto pervaso
da dolce libido...

Mia amica ormai straniera,
ippofila caballera,
compagna dell'altra Era,
vaga drosofila stasera,
ci siamo con l'ago del tempo
cuciti un po' al giorno,
questo straccio regale
di liscia serenità,
di morbido coraggio.

E per farcela, lo so,
lo sai, lo sanno:
ci vuole un fisico
geniale.

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