Dante è sempre stato un ragazzo molto mite e tranquillo sin da quando era bambino. Non era il tipo di persona che usciva con gli amici senza porsi dei dubbi su questi, infatti non aveva molte amicizie, ma questo a lui non importava più di tanto. Durante la sua gioventù passava le giornate fresche e ventilate a fare pisolini nel cortile di casa o nei piccoli boschi del Varas. Un giorno vide il padre andare per i boschi con un lungo arco rosso e una faretra di un violaceo scuro, il quale conteneva numerosissime frecce. Incuriosito e affascinato dalla bellezza degli strumenti del padre decise di seguirlo all'interno del bosco. Il padre, si accorse della presenza del figlio, il quale si nascondeva dietro ad un tronco di un albero; e fu felice di vedere la curiosità negli occhi del giovane Dante. Proseguendo insieme per il sentiero arrivarono ad uno spiazzo. Il padre disse al figlio di mettersi in un punto tranquillo e in silenzio e il ragazzo obbedì, mettendosi seduto ad osservare il padre che intanto si metteva in posizione: distendeva le braccia verso terra, mantenendo l'arco; le gambe erano leggermente piegate ed una era più indietro rispetto l'altra, i respiri si facevano più lunghi. Davanti agli occhi di Dante, quel silenzio e quella tranquillità intensa era straordinaria, era come se l'intero mondo fosse caduto in un sonno eterno, quasi surreale. Quel breve momento non durò molto. Quando all'improvviso da un cespuglio si senti un fruscio di foglie, il padre con un movimento fluido e fulmineo, tese l'arco, carico una freccia e scocco. Dal cespuglio non si sentiva più niente. Stessa cosa successe quando anche un ramo di albero che si trovava diametralmente opposto al cespuglio si mosse. E con un altro colpo fulmine calava di nuovo quel silenzio strabiliante. Gli occhi di Dante non riuscivano a seguire quei semplici movimenti né tanto meno le frecce che venivano scoccate. Quella felicità durò finché il padre non si giro verso il figlio per poi all'improvviso mirare nella sua direzione e scovare una freccia talmente rapida che Dante non riuscì a rispondere con i riflessi. Il ragazzo volse lentamente lo sguardo dietro di sé, osservando con il cuore in gola la freccia che si era conficcata a terra, la quale aveva era ad un passo da lui stesso. La paura che provò durò un attimo ma fu intensa quanto la tranquillità che fino a poco fa si percepiva. Quando il giovane guardò la freccia, vide che questa aveva trapassato da parte a parte un serpente che si stava avvicinando minacciosamente al giovane. In quel momento Dante comprese l'azione del padre e capì quanto fosse meravigliosa la serenità e quel senso di pace che provò quel giorno e di come queste possano essere effimere fugaci. Quell'esperienza non fu traumatizzante ma rivelatrice per Dante, il quale si avvicinò con passione e dedizione al arte del tiro dell'arco, accompagnato dagli insegnamenti di suo padre. Passato gli anni, Dante divenne più maturo ed iniziò a tirare con l'arco per puro divertimento; e oltre a passare le giornate in pigrizia dormendo, si dedicò allo studio e al ripulire gli archi, tra cui anche quello del padre. L'arco rosso e la faretra erano estremamente belli all'occhio e possedevano delle forme molte semplici ma molto sensuali. Guardando quell'arco, Dante ricordava le parole del padre, il quale gli raccontò che i Rouge sono da generazione un famiglia di arcieri d'immenso talento,la quale considera l'arco come l'arma nobile per eccellenza. Questi ricordi dolci furono simbolo di orgoglio per il ragazzo per molto tempo. Tuttavia, come insegna la storia anche questa dolcezza si sarebbe dovuta trasformare in un'amara verità. Infatti dopo le vicende che portarono alla morte del padre, Dante ereditò l'arco rosso e la faretra continuando a pensare di non essere mai raggiunto il livello del padre.
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Dante, le origini
Contoraccolta di brevi storie sul arciere dell'E.G.G. ogni storia sarà auto conclusiva e narreranno le vicende ed eventi prima dell'arruolamento