Capitolo 1

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"Non ero forte ero a pezzi, ma avevo imparato a tenerli insieme."

M&M

Continuavo a girare la collanina tra le dita, era argentata, un cuore sottile, con un lieve brillantino in mezzo, quella scritta M&M incisa mi ricordava tante cose, May, era la mia migliore amica da quando avevo 12 anni, dico era, perché ora non ci parliamo quasi più, tre anni fa è partita per coronare il suo sogno, andare a vivere a Parigi, non che il suo sogno mi abbia rovinato la vita, lasciandomi sola, ma in parte è anche così, adesso ci limitiamo a volte a parlare un po', ma ormai è raro, con gli auricolari nelle orecchie e She we be love dei Maroon5 guardavo la collanina con molta attenzione, mi venivano in mente molti ricordi, tristi, felici, malinconici, divertenti, normalmente avrei pianto. Ma ora no, era da tanto che non piangevo ho smesso di farlo, ma è molto peggio, devi tenerti tutto dentro e non è semplice come si possa pensare,e quanti possono dire di avere dentro quel vuoto che non ti permette di piangere? Pochi.

Avevamo comprato quella collana a tredici anni quando, pensavamo che non ci saremmo mai divise, quando si è piccoli si dicono una marea di cazzate e te ne accorgi solo quando diventi più grande. Che razza di merda è la vita. Sopra ci avevamo inciso M&M cioè ,Milly & May, o meglio May & Milly come diceva sempre lei, ma ora non è qui per contraddirmi, non so che fine abbia fatto la sua collana, se l'ha tenuta, o se semplicemente se ne è liberata, fatto sta che io la conservo gelosamente, per il ricordo della felicità.

Già il ricordo, della felicità è una strana sensazione, la tristezza e la felicità sono una cosa sola, l'una non esiste senza l'altra, senza la tristezza non sentiremmo la felicità e senza la felicità, non sentiremmo la tristezza, però certe volte la tristezza prende il sopravvento, Leopardi disse che la felicità è solo un intervallo tra un male e l'altro e immagino abbia ragione, ecco perché ho isolato tutto, tristezza, felicità, rabbia, gioia, sembro un fantasma, persino se sorrido sembra che in realtà non lo faccia.

Era passata una settimana dall' inizio della scuola, quel pomeriggio dovevo svolgere un tema di italiano su quest'estate, ma preferivo rimanere a letto ad ascoltare musica e guardare fuori dalla finestra.

Il tempo non era dei migliori, era metà settembre e sembrava di stare in ottobre, il vento scuoteva leggermente le foglie, si muovevano leggiadre come se si fidassero del vento, che le accarezzava, in strada passava di rado qualche macchina, vivevo vicino ad una campagna, molto verde, si vedevano già i primi germogli crescere, c'era molto silenzio, io amo il silenzio, ti rende libero, e non c'è niente di meglio della libertà.

Ero stanca di ammuffire in quelle quattro mura, così decisi di uscire di casa, mi infilai le all stars nere ed un giubbotto poco pesante, e varcai la soglia della porta senza preoccuparmi di rispondere a mia madre che mi chiedeva dove stessi andando.

Camminai per poco, non mi andava di allontanarmi tanto, viaggiavo senza una meta, ma poi a cosa serve una meta se hai il vuoto dentro? A nulla ecco a cosa.

Arrivai poco lontano in un piccolo parco, era deserto ed erano già le quattro e mezza, ma i bambini di oggi non vengono più a giocare? A sbucciarsi le ginocchia a conoscere nuovi amici o a innamorarsi in modo superficiale del ragazzino e della ragazzina più popolare o figo?

Mi sedetti su una panchina e chiusi gli occhi ascoltando amnesia dei five second of summer fin quando uno scricchiolio di foglie mi fece aprire gli occhi.

Davanti a me, vi era un ragazzo abbastanza alto dai capelli castani scompigliati dal vento, gli occhi azzurri erano pieni di vita e sembravano illuminarsi quando osservava intorno a sé, indossava un maglione scuro con sotto dei jeans neri, e delle semplici vans, gli era evidentemente caduto del cappuccino a terra, perché colava dalla sua tazza Starbucks, ma non sembrava preoccuparsene più di tanto, si girò verso di me e mi sorrise.

Diamine mandava il mio sistema a puttane quel sorriso, era un sorriso che incontri due o tre volte nella vita, e mi ritrovai inconsciamente ad accennare un piccolo sorriso anche se sembrava che stessi curvando semplicemente le labbra.

-"Ciao, sono Louis, Louis Tomlinson."-e mi sorrise di nuovo.

-"Milly, Milly Edward."-Ripetei seguendo la sua presentazione.

"Be Milly, dimmi che ci fa una ragazza come te, qui da sola a quest'ora?" -"io mi preoccuperei di più del tuo cappuccino che si sta versando quasi completamente a terra." Dissi con una nota di sarcasmo.

-" oh acida la ragazza, comunque ne comprerò un altro strada facendo." -"bene buon per te." Dissi con tono assente, ero tornata la solita depressa cronica, non poteva durare quel bel contatto.

-"ti ho beccato in un brutto momento, vero? Sembra che sulla testa abbia un cartello con su scritto:"mi piace stare sul cazzo alla gente", non risposi, si sedette accanto a me.

Rimasi indifferente -"wow sembri un fantasma ci sei, ma non ci sei, sei ecco..."-"strana." Dissi. -"si... Cioè no... Cioè non strana, diversa." Ero abituata alle persone che mi dicevano che ero strana, particolare e diversa quindi la cosa non mi colpì più di tanto, quel ragazzo era solo uno in più da aggiungere al conto delle persone che mi avevano giudicato.

-"non mi parli più ora?" Disse con un tono quasi di malinconia. -"sei insistente Tomlinson." Dissi con un mezzo sorriso -"non sei la prima che me lo dice Edward." La sua voce era acuta non troppo, ma più chiara di quelle di molti ragazzi, ma mi piaceva era orecchiabile.

-"non ti ho mai visto qui." Dissi togliendo le cuffie che fino a quel momento avevo mantenuto a un volume minimo.

-" si, mi sono trasferito da poco." Disse con un sorriso. Sbuffai.

-"sorridi sempre?" Gli dissi, -" e tu sei sempre così indifferente?"-" non si risponde ad una domanda con un'altra domanda,Tomlinson, comunque si, la maggior parte del tempo."-" comunque si, sorrido spesso ho tanti motivi per non farlo, ma non mi abbatto facilmente."

Disse, da quel poco che avevamo parlato avevo capito che eravamo due poli opposti, lui sempre felice, io che andavo contro tutti. Ma in qualche modo mi piaceva e anche a lui sembrava andasse bene, non era imbarazzato, anzi sembrava quasi ci conoscessimo da una vita.

-" beh credo che debba cominciare ad andare, devo comprare anche un altro cappuccino, ci si vede in giro, Edward." -"ti prego non chiamarmi Edward, chiamami Milly." Dissi, era la prima volta che mi importava veramente di come venivo chiamata da qualcuno, ma essere chiamata da Louis per cognome mi sembrava qualcosa troppo da adulti, e ora come ora, volevo comportarmi da adolescente ora che ne avevo la possibilità.

-" ad una sola condizione Edward." Sbuffai, -"quale?" -"che mi dai il tuo numero." Disse con un sorriso beffardo, -"e così che rimorchi Tomlinson?" Chiesi sarcastica. " no, sei la prima ragazza acida e che vede la vita come una sofferenza continua a cui lo chiedo." -" va bene, dammi il telefono" me lo passa e scrivo il mio numero.

-"beh ci si vede in giro, Milly."

Dopo una mezz'ora sono tornata a casa e mi sono stesa sul letto. Continuavo a pensare a Louis quel ragazzo, era pieno di vita anche troppo per me, è raro trovare qualcuno che odii come me la sua esistenza e che si senta inutile, ma è ancora più raro incontrare qualcuno che sia così pieno di voglia di vivere.

Ripensandoci meglio ,lui, aveva il mio numero, ma io non avevo il suo, che sciocca avrei dovuto chiederglielo, pazienza non che mi importi più di tanto, ovviamente sarà solo un' altra persona con cui parlerò di rado. Eppure c'è qualcosa in lui, che mi fa pensare, che dovrei conoscerlo un po' più a fondo, e forse lo farò, quegli occhi mi intrigano, e anche se lo conosco da poco, posso dire che mi trasmette fiducia, forse potrei mostrarmi a lui per quella che sono? Fargli abbattere quei muri d'indifferenza che ho creato fra me e il mondo? Ma se dovesse succedere lui sarà in grado di riuscire a capire quanto sono complicata, perché io sono un asteroide. Non una stella.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 15, 2014 ⏰

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