La signora se ne tornava a casa dal mercato; la via era deserta; il sole le offuscava la mente; l'accompagnavano aiuole spoglie ed erba secca; lei pensava solamente se suo marito avrebbe avuto ancora gli occhi aperti e il cervello in funzione o se l'avrebbe ritrovato sdraiato sul letto, supino, con la coperta a rivestirlo fino all'addome, freddo in tutto il corpo, se prima malaticcio, ora in eterno riposo; e se in frigo fossero rimaste due o tre uova e un po' di pancetta, per fare la frittata.
Con enormi sforzi, per il peso della sporta, tentò di salire le scale fino al primo piano, dove si trovava l'appartamento. L'alloggio era ricavato all'interno di una squallida palazzina popolare, di appena quattro unità, distante qualche centinaio di metri dal centro di quel piccolo borgo in collina. Di certo, tanto scomodo ai servizi. Non che la cosa le importasse particolarmente.
Portava ancora vivo il ricordo delle estenuanti passeggiate in montagna dei tempi che furono; le giovani estati in cui il nipotino l'accompagnava divertito in mezzo al bosco che conduceva al lago di Acquapartita. Meritata villeggiatura in quella pensioncina a conduzione famigliare che durava poco meno di un mese, per sfuggir all'afoso calore agostano di ogni maledetta estate di bassa collina.
Era una donna forte, non tanto fisicamente quanto d'animo; non certo più serbava la forza d'un tempo, questo era ormai palese, lo era eccome; ma quella sporta era troppo grande per i suoi gusti, doveva decidersi a cambiarla.
L'unico ingombro che soleva opprimerla, durante le passeggiate mattutine col nipotino, era quello del cesto in vimini ove usava adagiare fiori di campo, erbe selvatiche e aromatiche che non lesinava e adorava raccogliere prima di rientrare alla pensione per l'ora del pranzo.
Si tastò tutta, per trovarsi addosso la chiave di casa. Con un lieve tremolio della mano, poiché il suo morbo non le dava tregua, riuscì a infilare la chiave nella toppa.
Appena uscita la porta dell'albergo, la mattina presto, con il nipotino in una mano, poteva e desiderava ardentemente annusare il profumo morbido del pane appena cotto che giungeva dal forno lì vicino; prima tappa della loro passeggiata mattutina.
L'appartamento era cupo, buio. Il neon consumava troppa energia elettrica e non poteva permettersi di sprecare così tanta moneta. Si diresse verso il frigo, anch'esso staccato dalla presa elettrica. Tolse le uova dal primo scomparto, in alto. Ruotò la manopola del gas del fornello. Era quest'ultimo interamente intaccato dal calcare.
Gli acquazzoni improvvisi non spaventavano la signora; nemmeno il nipotino pareva provato dagli scrosci d'acqua che creavano turbinolenti torrenti sopra e accanto i marciapiedi sconnessi che correvano lungo il pendio asfaltato che conduceva alla pensione; pareva solo velatamente indispettita dai preoccupati moniti del fanciullo che le segnalava ove poggiare il piede ogni qualvolta avvistasse la presenza per strada di quelle piccole ranocchiette di fosso che parevano smarrite ed intralciavano il loro cammino travolte dalla corrente.
Aprì un pensile, con una calma irritante, e fece presa con la mano sul manico del tegame; con le piaghe rugose della pelle oscillanti sulla sua superficie. Ci buttò dentro le due uova, guscio compreso.
Attraversò ansante il corridoio e giunse nella sua stanza da letto.
La stanza della pensione era sensibilmente più piccola, con un bagnetto incluso; assolutamente adeguata alle loro esigenze; il letto per il nipotino, incastonato dentro una nicchia all'interno di una parete, era alquanto rassicurante e trasmetteva un vago senso di protezione dalle insidie della natura selvaggia e dal richiamo della montagna. Sotto il letto, la collezione dei cesti in vimini, di varie misure, realizzati dal marito durante il periodo della villeggiatura.
Sul letto, se ne stava disteso, a pancia in su, con la coperta che lo rivestiva fino all'addome, suo marito con le palpebre chiuse e rilassato in tutto il corpo. Non dava segni di vita; nemmeno un respiro ansimante in quell'oscuro silenzio di morte.
Sul pavimento, i suoi occhiali con le lenti rotte per la caduta.
La vecchia, con un sospiro, se ne tornò in cucina con la sua solita lentezza. Una lacrima le rigò il volto... appena varcata la soglia del bugigattolo; ma il suo sguardo era impassibile come sempre.
Distese la tovaglia sul tavolo e rovesciò il contenuto del tegame nei due piatti incrostati.
Poi, con voce solenne, esclamò:
- Caro, le uova sono pronte!
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