7;Estate
Mio piccolo, caro e dolce, dolcissimo Taehyung, sai che giorno è oggi? Oggi è l'ultimo giorno d'estate, ed io sono qui, seduto alla scrivania, mentre mangio dei fichi non molto maturi.
Ma, ad essere onesto, ben poco m'importa del loro sapore, che non sarà mai dolce quanto quello delle tue labbra.
Perché ricordare proprio questo giorno, ti starai chiedendo ingenuo, o forse no, perché conosci ogni mio dettaglio così bene che non occorrono complicate spiegazioni.
L'estate, ah, l'estate.
L'ho sempre reputata uno dei periodi peggiori della mia vita.
Stagione che mi regala parecchi momenti solo, steso sul morbido e sporco letto, a rimuginare su quanto io mi faccia schifo e su quanto ogni piccola cosa mi faccia star male.
Sai, ogni volta che finiva la scuola, tornavo a casa e, a piedi nudi sul pavimento caldo, correvo in stanza, e pregavo affinché le vacanze estive di quell'anno potessero essere migliori, solo per ottenere molteplici delusioni, un sistema crudelmente programmato, e io continuavo a star peggio anno dopo anno.
Ma, c'è sempre l'eccezione alla regola, e tu, Tae, sei stata una di queste nella mia estate penosa di qualche anno fa.
Ero triste, un groppo in gola e la nausea.
Continuavo a darti risposte fredde, arrabbiate, o addirittura insensate.
Credimi, amore, non era mia intenzione e mai lo è stata, ma non ero capace di fare altro, di aprirmi e farmi aiutare da te.
Venisti a casa mia, con un piccolo mazzo di fiori, semplice quanto meraviglioso, e un sorriso che solo a guardarlo mi fece sentire come se fossi in paradiso.
Forse, in quel momento capii quanto avessi bisogno di te e della tua presenza, non solo mentale e spirituale, ma fisica.
Avevo bisogno delle tue carezze, dei tuoi abbracci di conforto e dei tuoi baci, perché ormai le sole parole non bastavano a farmi stare bene e mai basteranno.
Ti accomodasti di fianco a me, sul mio letto, piegando di poco le lenzuola mal ridotte.
"Namjoon" mi guardasti serio, avevi uno sguardo distrutto, gli occhi grandi e castani circondati da scure occhiaie, ed io, colpevole, non potevo far altro che sentirmi in colpa, odiarmi ancora una volta, e alimentare il casino che prendeva atto nella mia mente.
"cazzo, namjoon, sei un idiota, un cretino, cazzo, sei uno stronzo."
Ti alzasti furioso dal letto, e parlavi con rabbia, forse preoccupazione, ma, Tae, non avevo mai avuto così tanta paura.
"cosa ti prende? Andiamo, parla, te ne prego.
Non ne posso più di vederti così mal messo e perso.
Per favore." questa volta il tuo tono era più basso, al contempo disperato e furioso, angosciato.
Come potevo risponderti, amore? Come?
Mi sedetti, e, azzardai ad afferrarti le mani, e tenerle strette nelle mie, lisce e un po' più calde, ma tu, ti tirasti indietro, e giuro di aver sentito pezzi del mio cuore spezzato graffiare i polmoni e la gola.
"no, non cercare di risolvere le cose in questo modo, Nam.
Affronta la situazione una volta tanto, non essere così codardo" e con queste parole, amore, mi colpisti in pieno petto con un proiettile, sputasti la realtà che mi schiaffeggió rigorosamente la guancia destra, e poi quella sinistra.
"cosa c'è che non va?" mi chiedesti di nuovo.
Taehyung, mi fidavo di te e mi fido di te, ma credimi, ero così spaventato e non volevo davvero perderti, perché eri l'unica parte di me che apprezzavo e l'unica che apprezzo.
Non volevo restare solo, eri tutto ciò che avevo e non potevo permettermi di lasciarti andare, anche se, molto probabilmente, le mie sciocche azioni dettate dalla mia stupida ansia avrebbero portato ad una tua perdita imminente.
"namjoon, te ne prego"
"Taehyung, per favore, non farmi domande."
"cosa vuoi che faccia? Restare qui a guardarti cadere a pezzi? Sei un cretino."
Avevo la nausea e le nocche diventavano pallide a furia di stringere le lenzuola tra le dita.
"lo so" sussurrai.
"me ne vado, magari preferisci stare da solo." no, no taehyung, forse il problema era proprio quello.
Ti alzasti, pronto per raggiungere la porta in legno e con espressione delusa.
"per favore, taehyung, no, non andartene."
"dammi un motivo per restare."
Davvero? Tae, non potevo credere alle tue parole.
"ho bisogno di te, ti prego."
Involontariamente iniziai a piangere, forse facendo la figura dell'idiota.
Se avessi potuto, avrei evitato, ma forse è stato un effetto collaterale di tutte le emozioni sconosciute che non riuscivo ad esternare.
"non piangere, cazzo, non farlo, sei uno stupido, smettila, non piangere, non piangere..." ripetevi.
Mi abbracciasti, e si rivelò essere quello che mi serviva.
Tae, avrei voluto dirtelo, che avevo paura, di non essere abbastanza, di essere un peso, essere eccessivamente possessivo e forse soffocante e problematico.
Non riuscivo a non pensare, quando ero solo, che l'eccessiva dipendenza che mi creavi mi avrebbe rovinato.
Non riuscivo a capire se stare con te mi facesse bene o male, ma ero sicuro che mi rendesse ancora più fragile e insicuro di quanto già fossi.
Ma, avrei voluto farti capire che non c'era motivo di dubitarne, ti amavo, e ti amo, e so che facevi lo stesso, e spero ancora sia così.
Non riuscivo a spiegarti che l'essere apprezzato mi pesava, non sono mai stato abituato, e non sapevo come gestire questa strana sensazione.
Più ci pensavo e più suonava egoistico.
Ma più ti avevo per me, più mi sentivo bene.
Mi dispiace, Tae.
Mi dispiace aver creato così tanti problemi e tensioni per delle inutili insicurezze, paure, e di non aver badato anche ai tuoi di sentimenti, ai miei ugualmente contorti, e di non averti mai sostenuto quanto facevi con me.
E vorrei ringraziarti, di aver continuato ad amarmi, di aver avuto tale pazienza, di non avermi abbandonato nei momenti tristi.
Ma ora non ci sei, se non nei miei pensieri e nel mio cuore e nei miei ricordi.
E non posso far nulla, se non pentirmi e odiarmi come ho sempre fatto, di non aver fatto abbastanza da farti rimanere qui con me, tra le mie braccia, con i tuoi baci, e sentire il tuo profumo avvolgermi e rendermi felice.