Un appuntamento?

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Il giorno dopo il sole sorse come ogni mattina. L'alba, che portava una nuova giornata, si infiltrò tra le tende della finestra sfiorando il viso di Joey che era appoggiato al cuscino, gli occhi aperti vigili sul nulla; la mano che penzolava dal letto sfiorava il pavimento fresco dall'aria condizionata che quella notte era riuscita ad uscire prepotentemente dal bocchettone senza alcuna barriera. La sveglia segnava le 6:30, ma ancora non avrebbe suonato per almeno due ore, regola imposta dal Sistema per chi lavorava il mattino: sveglia alle 8:30 per essere a lavoro alle 10:00. A quell'ora il silenzio era così rumoroso che infastidiva Joey così tanto da doversi alzare e romperlo con del rumore, con dei suoni diversi da quel nulla. Preparò il caffè, si fece una doccia e cominciò a camminare per il viale alberato davanti casa sua, avanti e indietro, avanti e indietro. Quando l'orologio segnò le 8:30 dall'alto del lampione su cui era posto, tornò a casa per spegnere la sveglia e si preparò un altro caffè come se la potesse aiutare a spazzare le sensazioni e i pensieri del giorno prima.
Le ore 10 incombevano come una scure sul suo collo. Jeans e una maglia rosa anonima e uscì come al solito da casa diretta al lavoro, anche se di uguale, quel giorno, a tutti gli altri giorni, non c'era niente. I passi erano lenti e non decisi. Il respiro era affannoso e non calmo. Gli occhi scrutavano anche l'aria come se ogni cosa potesse aggredirla.
Il cancelletto sul retro della casa bianca si presentò davanti a lei senza che nemmeno se ne accorgesse; lo spinse ed entrò nel giardino, costeggiando la piscina che quel giorno era proprio da sistemare: file di bicchieri di vetro sostavano ai bordi, tovaglioli di tessuto vagavano dentro l'acqua seguendo la direzione del vento.
Era una mattinata calma, di riposo dopo una festa. Nessun segno di movimento, tutti dormivano ancora nei loro letti comodi e freschi e Joey si sentì meglio per quello: avrebbe evitato di incontrare qualsiasi persona, avrebbe evitato di sentirsi in ansia o in difetto per quello che era successo. Un foglietto appoggiato su un tavolino accanto al ripostiglio delle scope recava i lavori da fare, segno che Lena era andata a dormire tardi come il resto della famiglia.
Spazzare la sala da ricevimento.
Sistemare il giardino e la piscina
Piccoli incarichi ma grandi da smaltire: quel giorno non sarebbe riuscita a finire tutto da sola, non ne aveva il tempo e nemmeno le energie mentali. Scopa e paletta in mano e si recò nella sala.
Il tempo passò e tutto si stava sistemando piano piano: ogni cosa al suo posto pulita e quasi pronta per la prossima festa con degli ultimi ritocchi che non avrebbe fatto comunque quel giorno.
Doveva esser quasi ora di pranzo quando sentì delle voci dal corridoio: Tom era arrivato sicuramente per cucinare. Andò a sbirciare e lì trovò Lena con un'altra signora che probabilmente faceva parte del suo stesso ceto sociale: alta, bionda, labbra carnose, una donna molto curata e vestita in maniera appariscente.
«La festa, in effetti, è stata un successo su tutti i fronti. A quando la prossima?»
«Dovrebbe toccare a Gerard quindi starà a lui decidere quando e avvisarci, ma da quanto ne sappiamo, essendo amante delle feste, non passerà molto». E lo disse, Lena, ammiccando nella direzione della signorona.
«Ottimo ragionamento, Lena. E i ragazzi? Si saranno piaciuti?»
«Lo spero tanto! Jade è così difficile, ma Elizabeth è tanto carina e a modo che mi auguro scelga lei. Appena si sveglia ci darà notizie».
«Che riferirai a me spero. Ad ogni modo se ad Elizabeth dovesse piacere si potrebbe spingere un pò di più la mano, no?»
«Ma certo». Disse Lena accompagnando la visitatrice verso l'uscita principale. «Così come fecero i miei genitori, farò anche io nel caso la scelta non fosse giusta o lui non sapesse proprio scegliere. D'altronde siamo qui per questo..».
La voce si affievoliva sempre di più finché tornò ad esserci il silenzio disturbato appena dal battito del suo cuore che scalciava e si faceva strada nel petto come a volersi staccare del tutto da lei. Quello che aveva sentito le continuava a rimbombare nell'orecchio anche dopo esser andata via dalla casa, anche dopo aver fatto scorrere l'acqua su di lei per almeno un'ora con il risultato di aver tutte le mani rugose.
Come poteva Lena spingere suo figlio tra le braccia di una persona sconosciuta che poteva non andar bene per Jade? Come poteva farlo se anche lei aveva ricevuto lo stesso trattamento dai suoi genitori?
Le domande in realtà avevano tutte un'unica risposta: erano le regole, ma Joey non riusciva a rassegnarsi, forse perché aveva dovuto cominciare a badare a lei sin da piccola, forse perché era semplicemente fatta così, male, non poteva andarle a genio il dover vivere secondo le decisioni di un'altra persona, anche se quella era tua madre.
Aveva accettato il Sistema ormai da tempo, anche se a modo suo faceva delle cose che potevano non essere nella norma: spesso e volentieri, infatti, saltava le feste che erano pressoché obbligatorie, faceva amicizia con gente di ceti sociali diversi dal suo. Certo erano piccolezze, ma in cuor suo sapeva che facevano parte di lei, del suo modo di essere che non voleva piegarsi alla rigidità della società.
Infilandosi i jeans giunse ad una conclusione: non aveva mai accettato quelle regole in realtà, alcune si, altre no, sopratutto quelle che andavano a stravolgere le persone per uniformarle secondo le istituzioni. Non le accettava e mai l'avrebbe fatto e pensarlo liberamente la fece sentir meglio. Lei era diversa da tutti gli altri e lo sapeva benissimo, e non voleva cambiare per niente e nessuno al mondo. Scelse una maglietta rossa, una fiamma di ardore che simboleggiava quella che ora le brillava nel petto e corse via da quella casa, verso il parco dove Tom l'aspettava seduto alla solita fontana: la fontana della sirena.
«Che giornata oggi!» Disse alzandosi dal muretto di pietra. «Da impazzire in quella cucina. Tutto sotto sopra, Lena che non sapeva da che parte prendere. Ogni volta che fanno una festa vanno in confusione e mandano in crisi pure me. A te com'è andata?»
Joey si avvicinò e insieme iniziarono la loro passeggiata per il boschetto.
«Bene, niente di troppo confusionario o impegnativo. Ho sbrigato la sala ma Rachel avrà da sistemare il giardino».
«Si , bhe, anche Rachel è brava quanto te, se la caverà come sempre. Ma adesso parliamo di cose più serie: La festa di domani!»
L'aveva completamente dimenticata.
«Ah..si.. la festa da Jenna». Disse in tono svogliato alzando gli occhi al cielo. «Mi sa che non vengo».
«No Joey! Non puoi più permettertelo. Lo sai che ti convocheranno per condotta indisciplinare. Non vorrai mica finire dal Sorvegliante?»
Alex, il sommo Sorvegliante della città di Vectroland li spiava tutti dai suoi monitor e dal suo immenso grattacielo di vetro che dà il nome alla città. Il Vectraper si stagliava così in alto nel cielo

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 11, 2019 ⏰

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