Il detective Mulder sfogliava i documenti
davanti a sé aggrottando le sopracciglia arruffate.Ogni tanto grugniva qualcosa di incomprensibile o tirava rumorosamente su col naso.
Era un uomo burbero e schivo come un orso e dell'animale ricordava anche l'aspetto, con il suo metro e ottantasei di altezza, la corporatura robusta e i movimenti lenti e leggermente impacciati.
Non gli andava a genio quasi nessuno, tranne pochi eletti e la moglie Elaine, sua sposa da più di vent'anni.
I colleghi di lavoro scherzavano su come potesse anche solo stargli vicino: c'era chi affermava che per sposarlo si doveva essere nient'altro che dei masochisti e chi invece era convinto che ci poteva essere una sola soluzione: la signora in questione doveva essere ancora peggio di lui.
Scorbutica il doppio e aspra il triplo, come minimo.Però Mulder era sì un uomo che con la socievolezza faceva a botte, ma nel suo campo veniva considerato l'eccellenza assoluta.
Alla Omicidi di Detroit era ammirato e temuto grazie al suo talento e alla sua perspicacia uguale a pochi.
Negli interrogatori poi, diventava ancora peggio che nella vita reale.
Per lui terrorizzare i sospettati non era solo giusto, ma necessario.Quasi nessuno, però, conosceva i suoi veri timori, le sue paure, il suo io reale.
I colleghi apprendevano solo quello che lui voleva si sapesse in giro. Nessuno poteva immaginare che di notte facesse sempre lo stesso sogno, lo stesso identico incubo.Ora si trovava sotto al naso quelle scartoffie dal contenuto stravagante, le osservava con finto contegno quando in realtà avrebbe voluto ridere risa amarissime in faccia a tutti i presenti.
Il led rischiarava la sala a intermittenza.
La metà dei presenti teneva tra le dita una sigaretta, lasciandola consumare, aspettando che Mulder parlasse. La stanza era pregna di denso fumo grigio.«Bene... questo è il caso, allora» esordì Mulder trattenendo le risa a stento.
Gli avrebbe dato una strigliata atomica, a quei cretini.
Come potevano solo pensare di mandargli un caso così vecchio e insulso?Un semplice omicidio in un laboratorio della Gentric S. P. A. avvenuto quattro anni prima.
La vittima ( se si poteva definire tale, pensò Mulder) era un clone della Dottoressa Gwenda Callaway, genetista a capo del progetto dedicato all'essere.Sembrava quasi uno scherzo del destino, lui che odiava così tanto quelle creature, o come le chiamavano... cloni, aveva per le mani un caso di omicidio con soggetto proprio uno di loro.
La risata che da tanto, troppo tratteneva scoppiò acida e maleducata sulle facce sorprese dei colleghi.
«Volete farmi credere che ora catalogano come omicidio anche l'uccisione di uno di quei cosi?» sputacchiò Mulder ghignando.
«Sì, signore. È una legge in vigore da un paio di mesi» rispose rapida Alma Bailey, la sua collega del Massachusetts fresca di laurea, tirandosi su gli spessi occhiali.
«Qualcuno mi ha avvisato su questa legge merdosa? Perché a me sembra di no.»
«Ci scusiamo se non lo abbiamo avvisato prima, signore» dichiarò un uomo appoggiato alla finestra.
Mulder lo fissò per qualche secondo, incerto sul da farsi.
«Non ti ho mai visto, a te. Come ti chiami?» esclamò Mulder.
Il giovane alzò gli occhi verso il detective.
«Sono Isaac Jensen, signore. Mi hanno trasferito qui a Detroit da poco.»Doveva avere sì e no trentacinque anni, anche se ne dimostrava molti di meno.
Quando parlò, il sottile impermeabile beige che indossava oscillò appena.
Aveva un bel viso, dei lineamenti quasi perfetti, ma insulsi.
I capelli corvini erano acconciati con cura quasi maniacale e lui li sistemava spesso con un gesto della mano molto esibizionistico.
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Omega Project
Science FictionLa dottoressa Gwenda Callaway, genetista impiegata nella Gentric S. p. A, a capo della ricerca denominata "Progetto Omega", dona il proprio DNA per creare il primo clone mai esistito. Il progetto va a buon fine, ma passato un anno l'essere viene tr...