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Seduta sul telo da spiaggia, fisso l'orizzonte.
Le nuvole coprono il cielo, ma il mare è stranamente quiete.
Mi sono alzata presto come al mio solito, l'orologio del telefono segna le sei del mattino passate.
Il vento mi accarezza il volto con estrema delicatezza, le temperature si sono abbassate.
È luglio e ancora io ci penso.
Perché Will mi sto tormentando tanto?
Penso e spero che tu mi venga incontro, anche solo per sogno.
Però, questa vita, non era propensa alla nostra storia.
Non era propensa a noi due.

Mi manchi come la neve in piena estate.
Mi manchi come quei secondi in cui il ventilatore è voltato dalla parte opposta.
Mi manchi come alle piante assetate manca l'acqua.

E noi eravamo forti.
Noi abbiamo lottato aggrappandoci ai giorni a seguire.
Noi sì che eravamo forti.
Erano i nostri polmoni a non esserlo.

Le rondini volano in cerchio sopra lo specchio d'acqua riflesso.
Giorni andati persi, secondi che non rivedrò più.

Continuo a guardare l'acqua trasparente.
E sai, tu eri comunque più bello.
E sai, respiravo meglio prima di adesso perché c'eri tu.

Un uomo si avvicina.
<<Mi dispiace. Non ho soldi con me.>>
Sorrido educatamente quando mi pone la rosa rossa.

<<Mi ha sentito? Non ho soldi purtroppo.>>

<<È un regalo.>>

<<Oh...grazie.>>

Un altra lettera.
Mi guardo intorno, chi vuoi che ci sia a quest'ora?
Una volta rimasta sola, apro.

"Se stai leggendo questa lettera, significa che hai ricevuto la rosa.
Ti piace?"

***

Sono trascorse due settimane.
Niente più lettere.
Si sarà stancato.

Non c'è un motivo plausibile ma, quando questa mattina mi sono alzata, mi sono incantata a guardare il fiore dentro il vaso riempito d'acqua fresca e pulita.

Mi hanno convinta ad andarmene dall'ospedale, ma non esclude che ogni giorno io venga a farci visita.

Ho incontrato la madre di Will.
Anche lei fa lo stesso che faccio io.
Mette assieme i pezzi del puzzle, alla ricerca di risposte.

Con un sorriso flebile in volto, mi ha confessato che lui non faceva altro che sminuirla per la sua cecità.
Cecità: una madre che non vedeva altro che la malattia degenerativa del figlio.

<<Quale madre si dimostrerebbe forte mentre il figlio le muore lentamente davanti ai suoi stessi occhi?>>

Trattengo il fiato e abbasso lo sguardo.
Nessuna.
Chi non lo ammette, mente a sé stesso.

<<Stella. So che ti chiami così.>>

Accenno un piccolo sorriso.

<<Quando mi ha lasciato, mi sono informata di cosa feceva una volta sveglio. Mi sono resa conto che eri parte costante delle sue giornate.>>

<<È così...>>
È, non era.
Quell'imperfetto ancora non riesco ad accettarlo.
Il passato viene nominato come imperfetto perché non è perfetto.
Cosa c'è di perfetto in una cosa interrotta dal tempo?

<<Tanti auguri.>>

Apro bocca per parlare.

<<Diciotto anni.>> Sorride.

Abbasso lo sguardo.

<<No, va bene così. Avete festeggiato il traguardo della sua maggiore età, non l'ho mai visto così libero. Libero, grazie a voi. Ai suoi amici.>>

Un silenzio tombale non tarda.

<<Non eravate solo amici. Lo so.>>

Mi alzo.

<<Devo andare.>>

<<Aspetta.>>

Mi giro verso la donna piangente.

<<Questo è per te.>>

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