Me ne sto seduta sul muretto del Lungotevere a comtemplare la bellezza della mia amata Roma ma soprattuto del suo cielo così brillante. Dopo che l'atmosfera che avevo creato si era dissolta grazie all'incontro con quel tipo, pensare mi resta un po' complicato. Mi ritrovo spesso a guardare dall'altro lato del fiume per controllare se quel ragazzo è ancora lì. Non so per quale motivo ma mi sento molto incuriosita da lui. Nonostante la sbruffonaggine lui è di una bellezza disarmante. Non l'avevo mai incontrato prima d'ora, nemmeno nei locali frequentati da ragazzi, eppure Roma la conosco come le mie tasche. L'unica cosa che mi fa pensare che lui sia di qui è l'inconfondibile accento romano. Lo guardo, in questo momento si sta accendendo una sigaretta. È molto attraente. Rispecchia esattamente il mio tipo ideale di ragazzo, peccato che sia uno stronzo di dimensioni epocali. Mi rendo conto che lo sto fissando quando vedo il suo sguardo posarsi nel mio e accigliarsi bruscamente. Decido di spostare l'attenzione sul cielo. Mi sento così imbarazzata, sono sicura di essere arrossita ma non potevo non guardarlo. Lascio passare alcuni secondi e gli lancio un'altra occhiata ma lui non c'è più, è sparito. Prendo il mio telefono e dopo aver visto l'ora decido di incamminarmi verso casa. Passeggio sul lungotevere godendomi la leggera brezza che contraddistingue un'ora così tarda. È l'una e sto tutta sola nel buio della notte in una zona non proprio raccomandabile. Una mano mi afferra il braccio. Mi giro e vedo un ragazzo di circa 25 anni davanti a me. Puzza di alcool e di erba, o qualcosa di molto simile. "Cosa ci fa una ragazza così bella tutta sola? Hai per caso bisogno di compagnia? Io e i miei amici sapremmo come scaldarti" dice sorridendomi e avvicinandosi pericolosamente. "Non mi serve niente, grazie. Sto tornando a casa" dico cercando di liberarmi e cercando di mantenere un tono di voce fermo per non far trasparire la paura. La sua presa si stringe ancora di più facendomi capire che non ho scampo e mi sta guardando parecchio infastidito. "Non sopporto quando mi viene detto di no, quindi tu ora vieni con noi altrimenti ti porto io con la forza, non ci metterei niente a sollevare quel culo così bello" mi sento mozzare il fiato, non mi piace la piega che sta prendendo e credo che il tipo abbia percepito la paura nel mio sguardo. Vedo accendersi nei suoi occhi una scintilla di soddisfazione e sadismo, è consapevole di avermi in pugno. Un braccio mi circonda la vita, sto tremando. "Lei sta con me e se non volete passare un brutto quarto d'ora vi consiglio di levarvi dalle palle", conosco questa voce, mi sento un attimo al sicuro e poi mi rendo conto a chi appartiene. Sono sorpresa, non mi aspettavo di essere salvata proprio da lui, uno che poco fa stava attaccando briga. "Senti ragazzino me la stavo già lavorando io questa, trovatene un'altra" dice il tipo tirandomi per il braccio. Mi sta facendo male e vorrei che la sua mano sparisse dal mio corpo. "Forse non hai capito" dice il mio salvatore togliendo il mio braccio dalle grinfie del tipo "lei sta con me, ti consiglio di lasciarla stare" l'altro ride, come se gli fosse appena stata raccontata una barzelletta. "Cosa mi potrebbe mai fare un ragazzino come te, sentiamo" ed è proprio in quel momento che un cazzotto colpisce il viso di questo pazzoide, rompendogli il naso. "Andiamocene" mi prende per mano e acceleriamo il passo. Non so cosa dire, sono allibita. "La smetti di guardarmi come se fossi un bignè?" dice sorridendomi e guardandomi di sottecchi. Arrossisco e lui scoppia a ridere. "Che ragazzina, sei così innocente. Hai intenzione di dire qualcosa o vuoi restare a boccheggiare come un pesce?". Com'è possibile che ora sia così in vena di scherzare? Prima se avesse potuto uccidermi con lo sguardo l'avrebbe fatto. "Non so che dire, non mi aspettavo un gesto così umano da uno che prima non voleva nemmeno chiedermi scusa per avermi dato una spallata" "Bhe, vedi questo gesto come un segno di scuse" dice allontanandosi e prendendo una direzione diversa da quella in cui devo andare io. Se n'è andato un'altra volta senza salutarmi e senza che potessi ringraziarlo. Non saprò mai il suo nome e probabilmente non lo rincontrerò mai più.
Rientro in casa che sono quasi le due. I miei mi attendono sulla soglia molto arrabbiati. So di aver fatto più tardi del dovuto. Per quanto io voglia bene ai miei genitori non ci vado spesso d'accordo. Sono molto severi, i classici genitori vecchio stampo. Non capiscono che una ragazza di 18 anni ha bisogno dei suoi spazi e della sua indipendenza, per questo molto spesso sono costretta a dirgli delle piccole bugie. Ho provato moltissime volte a fargli capire che, alla mia età, non sono più una pupetta e ho tutto il diritto di imparare a cavarmela da sola ma la risposta è sempre quella "Casa mia, regole mie". "Dove sei stata fino ad ora e perchè non hai risposto alle nostre chiamate?" dice mia madre urlando, parecchio scossa. "In realtà non mi è arrivata nessuna chiamata" dico tirando il telefono fuori dalla tasca degli shorts. "È spento, credo si sia scaricato". "Livia quante volte ti abbiamo detto di non fare tardi e di dirci tutti i tuoi spostamenti? E poi dov'eri e con chi?". Quante domande, ma non si rendono conto che non sono importanti, io sono tornata a casa viva e vegeta e loro si preoccupano di dettagli superflui? "Ero da Annalisa e poi siamo andate a Trastevere con gli altri". "Cosa sono quei lividi sul braccio?" chiede mio padre che fino a quel momento era rimasto in silenzio a guardarmi con occhi delusi. "Oh che strano, non li avevo visti, avrò sbattuto da qualche parte senza rendermene conto". Credo che se gli raccontassi quello che realmente è successo stasera loro due morirebbero. Dopo un altro quarto d'ora d'interrogatorio mi lasciano andare e io mi rintano in camera. Mi metto davanti allo specchio e mi osservo. Sono particolarmente stanca e indecente. Se penso che ho incontrato un ragazzo così figo in queste condizioni mi viene voglia di sotterrarmi. Ho i capelli spettinati e raccolti alla bell'e meglio in uno chignon, sono acqua e sapone e ho delle occhiaie che toccano terra. Indosso una semplice canotta nera che mette in risalto il mio seno prosperoso e un paio di shorts che fasciano bene il lato B. Forse i miei genitori possono bersela sul fatto di essere andata a fare serata, dopotutto sono così sfatta che sembra io mi sia sbizzarrita ad una festa. Mi spoglio e mi butto sul letto con il mio pigiamino rosa con l'orsacchiotto...si, non risulto molto sexy al momento ma in fondo, chi deve vedermi? Metto le cuffiette nelle orecchie e sento un po' di musica, ho bisogno di rilassarmi. La musica, dopo il cielo, è una fedele alleata durante tutti i momenti della mia vita. Poche sono le certezze che costituiscono ciò che sono: la musica, l'amore, gli amici, la famiglia, la pizza e il cielo. In questo momento la mia testa sta viaggiando e vede un bellissimo ragazzo alto, moro, muscoloso e con gli occhi verdi. Sono proprio questi ultimi la parte che preferisco di lui. Nascondono e filtrano la realtà dei fatti. Mi hanno stregato e hanno suscitato in me l'interesse di conoscere la causa di tutta quella sofferenza. Fortunato il cielo che li ha avuti puntati addosso così a lungo da poter capire tutto di quel tipo e sfortunata me che non avrò più il piacere di vederli se non nei miei sogni.
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Sotto lo stesso cielo
Literatura KobiecaChi lo avrebbe mai detto che un cuore in cerca d'amore possa lasciarsi andare anche di fronte al peggiore ragazzo che potesse incontrare? Di certo non lei, Livia; 18 anni, sorriso stampato in volto e cuffiette nelle orecchie. Ma cosa potrebbe succed...