½. 𝐋𝐀 𝐋𝐔𝐂𝐄 𝐄𝐒𝐂𝐄 𝐄𝐃 𝐄𝐍𝐓𝐑𝐀

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𝐋𝐀 𝐋𝐔𝐂𝐄 𝐄𝐒𝐂𝐄 𝐄𝐃 𝐄𝐍𝐓𝐑𝐀

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𝐋𝐀 𝐋𝐔𝐂𝐄 𝐄𝐒𝐂𝐄 𝐄𝐃 𝐄𝐍𝐓𝐑𝐀

𝐒𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚 𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞

Raven, con la testa poggiata sul finestrino, si tirò su. Non aveva mai sentito quella storia da sua zia, - e ne aveva sentite tante. Vedendo il suo interesse, Bertha rispose prontamente: "Oh nulla di che. Dispettucci tra sorelle.", fece un gesto con la mano, come per scacciare un insetto, o i ricordi. Raven però vide un velo di tristezza passarle sugli occhi. "Ero giovane, avrò avuto più o meno la tua età. Poi con una sorella molto più grande di te, che crede di sapere sempre cosa è giusto e cosa no, le persone che dovresti frequentare... Insomma, io avevo a malapena vent'anni, lei aveva già superato i trenta.", sospirò, "Tua nonna non è mai stata una persona permissiva, o dolce. È nata risoluta, di ferro. Era allora come è adesso, anzi, forse prima era peggio. Però con la vecchiaia, gli acciacchi, il corpo non risponde più come prima. E poi la vita ti stanca..."

Raven aggrottò le sopracciglia. "Io credevo che la nonna da giovane fosse un po' più cordiale. Altrimenti come avrebbe fatto uno come il nonno ad innamorarsi di lei?"

Zia Bertha ridacchiò. "Le persone buone sono sempre dell'idea di avere abbastanza forza da cambiare gli altri col potere dell'amore. Ma non è così. Se una persona non vuole essere cambiata, non cambierà. Quando tuo nonno se n'è accorto, era già sposato con lei da qualche anno e avevano un figlio. Ormai non poteva più farci niente."

"È strano che se ne sia accorto così tardi.", sussurrò Raven.

"Suvvia Raven, non dire certe cose. Tu non saresti neanche qui se tua nonna non avesse avuto la decenza di sposarsi.", borbottò, imitando la voce di un vecchio prete che fa un sermone.

"E tu zia?", rise Raven, "Dove è finita la tua decenza?"

"Io ho avuto la decenza di non sposarmi.", la mano sinistra creò dei cerchi nell'aria, una cosa che faceva spesso, si accorse Raven. "Puoi fare un po' quello che ti va, sopratutto quando sei giovane.", abbassò la voce quasi che la nonna potesse sentirle, "Rosalie è rimasta bloccata a Inverness. Il massimo degli spostamenti che ha compiuto è stato andare a Londra. Io invece ho viaggiato per tutta Europa. Con un gruppo di amiche che venivano a scuola con me da ragazze, abbiamo deciso di fare un viaggio in Giappone. Quando, non si sa. Ma almeno c'è un programma.", disse, alzando e abbassando le spalle.

"È bello che tu organizzi ancora queste cose. Ricordo ancora quanti regali ci portavi da bambini."

Bertha rise forte, tanto che si formarono gocce di sale ai lati degli occhi. "Tua nonna lo odiava."

Mentre la casa della famiglia McNair era situata in città, la casa di infanzia delle sorelle Rosalie e Bertha Mackenzie, e dove attualmente Bertha viveva, si specchiava sul fiume Ness, perciò era accessibile solo da strade interne

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Mentre la casa della famiglia McNair era situata in città, la casa di infanzia delle sorelle Rosalie e Bertha Mackenzie, e dove attualmente Bertha viveva, si specchiava sul fiume Ness, perciò era accessibile solo da strade interne.

Bertha uscì dalla rotatoria e si immise sulla Sir Walter Scott Drive. Tra rotonde e uscite, il giro fu lungo, ma una volta presa la B862, la strada proseguì dritta, prima di girare a destra un ultima volta, per sbucare sul viale della casa dei Mackenzie.

Bagnata dalle luci del primo pomeriggio, l'abitazione, più che mai, sembrava uscita da un romanzo. La casa - costruita da una famiglia inglese agli inizi del Diciannovesimo secolo - era in stile georgiano, immersa nel verde delle Highlands, il cui riflesso si specchiava nel chiarore del fiume Ness.

Per Raven quella era la casa delle vacanze, che profumava di naftalina e di biscotti, con un'aggiunta di polvere un po' ovunque. Era una casa grande, dalle camere ariose, la metà delle quali non utilizzate. Delle sorelle Mackenzie, i cui genitori erano morti quando la zia aveva da poco compiuto trent'anni, rimaneva solo la piccola Bertha ad abitare la dimora familiare, e neanche lei c'era sempre. Perciò la maggior parte del tempo, la residenza era coperta dal silenzio e immersa dal pulviscolo.

"Non preoccuparti Raven.", disse Bertha girando la chiave nella serratura. "Ho chiamato un paio di ragazze dalla città per venire a pulire casa e mettere su delle lenzuola fresche di bucato. Ho fatto accendere il riscaldamento e la caldaia, perciò puoi farti un bagno caldo e potremo cucinare qualcosa, anche se pensavo di prendere un paio di pizze giù in città mentre tu ti sistemi. Cosa ne dici?"

Raven era concentrata nel trascinare il trolley nell'atrio e a non far cadere lo zaino dalla spalla. Quando fu in casa, non potè fare a meno di prendere un respiro profondo. Sì: l'odore della naftalina c'era ancora, così come quello dei biscotti, nonostante fosse passata l'impresa di pulizie e nessuno cucinasse lì da settimane. Era quel tipo di odore di cui la casa era pregna e di cui mai si sarebbe sbarazzata. La ragazza credeva che fosse un profumo risalente ai genitori di zia Bertha, i suoi bisnonni, e che magari aveva colorato la fanciullezza di nonna Rosalie, prima che diventasse la donna che era.

Bertha accese le luci e l'atrio si illuminò. "Su, lascia lì quelle borse, le porteremo al piano di sopra più tardi, anche se non credo che ti convenga molto disfare le valigie, dato che la settimana prossima inizierai la scuola."

Raven fece come consigliato e si diresse in cucina, a sinistra dell'ingresso. Zia Bertha stava trafficando con la teiera.

"Metto su un po' di tè, anche se è ora di pranzo.", fece, alzando lo sguardo verso l'orologio a cucù appeso alla parete. Segnava l'una e trenta del pomeriggio.

"Perchè non mi hai portato dalla nonna?", chiese Raven abbandonandosi su una delle sedie del tavolo.

"Te l'ho detto prima. Tua nonna è un po' occupata ultimamente. Non chiedermi il motivo, anche se sappiamo entrambe di che si tratta. La vedrai domani o non appena si libererà.", fece una smorfia.

La parola 'vampiri' aleggiava tra le due come un blocco, ma nessuna osò pronunciarla. Raven sospirò.

Zia Bertha si sedette accanto a lei. "Stai bene, Raven?"

La ragazza non alzò lo sguardo dalle dita avvolte da cerotti e fasciature. "Sì. Sono solo stanca. Per me è mattina presto."

"Suvvia! Il jet lag non è poi tanto da qui a Miami. Sono solo poche ore. Avanti. Tua nonna non c'è, e neanche tua madre. Con me puoi lamentarti quanto vuoi."

Lo sguardo di Raven si indurì. "So perché sono qui. Ho stretto un vincolo con la nonna tre anni fa. So cosa vuole che io diventi. Magari ha anche qualche piano per me alla Rosegard.", gli occhi le ritornarono sulle dita, sulla carriera da musicista che sognava, ma che ora sembrava distante più che mai. "Credo che voglia affidarmi un compito, così come ha fatto con Andros e Alexander. Un'iniziazione. Ma se c'è una cosa di cui sono certa, è che non voglio essere come loro."

Gli occhi di Zia Bertha persero per un momento quella patina di ingenuità e stramberia che la caratterizzavano. Con le mani morbide le strinse le dita. "Bene. Non credo ci sia alcun bisogno che la nonna o il resto dei McNair vengano a sapere delle tue vere intenzioni. Non credi, Raven?"

La ragazza stava per dire qualcosa, ma la teiera fischiò, uccidendo la conversazione.

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