G ino si rigirava nel letto nel buio della notte in preda ad ansie e paranoie figlie dell'economia violenta e del logorante inutile stress moderno. Rimuginava di commissioni personali, del lavoro, della famiglia, dei soldi e tutte le altre cose normali rese estremamente complicate dal mondo moderno. Ad ogni ripensamento una giravolta nel letto, prima a destra poi a sinistra; ed il ciclo si ripeteva ritmico ed incessante da ormai 1 ora e 43 minuti, rigorosamente scanditi dalla sveglia che lo fissava e lo teneva aggiornato dalla sommità del comodino. A lei di quanto Gino riuscisse a dormire non importava nulla, sarebbe suonata marziale in ogni caso. E tanto più i tormenti delle giornate vuote lo segregavano dall'agoniato sonno tanto più la sveglia si affannava a cercare gli spartiti per suonare la sua tediosa sinfonia.
Ormai gia da 3 giravolte però Gino teneva in grembo l'odiosa ed inquietante sensazione che qualcuno lo stesse fissando, probabilmente da dietro il sipario del buio. Così lentamente cominciò a girare le orbite degli occhi, come l'antenna di un radar, alla ricerca di figure che rientrassero nel suo cono visivo. Apparentemente nulla di anomalo ma continuò ansioliticamente nella ricerca, forse ci teneva a scovare qualche effetto pareidolia. Quindi si rigirò ancora una volta e ancora una volta effettuò la ricerca con le sole orbite degli occhi. Assolutamente nulla, eppure questa volta la sensazione si fece più nitida: sembrava che gli occhi con lo sguardo incollato su di lui venissero dalla direzione dei suoi piedi piuttosto che da destra o da sinistra. Scrutare in quella direzione voleva dire alzare il capo e rimanere in quella posizione per tutta la rotazione delle orbite. Gino era troppo stanco e momentaneamente pigro per poterlo fare e optò per ritentare di addormentarsi chiudendo le palpebre come le saracinesche di un negozio in vista dell'arrivo del corteo di manifestanti tutt'altro che pacifici.
Ma mentre crogiuolandosi nel buio delle sue interiora cercava il conforto del tanto sperato sonno sentiva ancora più arrogante ed impetuosa la sensazione che qualcuno lo stesse osservando. Era come una punta ghiacciata di trapano, sottilissima e dalla rotazione velocissima, che gli premeva alla base della spina dorsale e si faceva strada nella carne. Sotto la pelle diventava invece rovente e gli pareva persino di sentire le carni prima cauterizzarsi e poi carbonizzarsi dall'interno. Aspostarta carne a sufficienza la punta tremenda si trasformò in un sinuoso verme nuovamente gelido che prese lentamente a serpeggiare risalendo la colonna vertebrale. Gino sentiva nitidamente questa inquitudine angosciante nella sua fiacca scalata verso la nuca, con gli occhi ormai spalancati dal fastidio.
Stanco più del sonno stesso allungò un braccio ed accese il lume da comodino che immediatamente irradiò nell'ambiente la sua aurea giallognola e malaticcia. Gino ora stava ritto seduto sul letto scrutando l'oscuro e corto orizzonte della sua camera da letto. Nulla gli parve di scorgere di diverso. Stava forse impazzendo? Forse l'indomani avrebbe fatto meglio a trovarsi un buon psicologo. Il verme di putrida ansia però si era placato e niente più sentiva masticargli le viscere vertebrali.
Prima di ritornare nella posizione di riposo però i suoi occhi scorsero una sagoma che in effetti normalmente non era presente. Pareva un ovale sospeso a mezz'etere proprio a pochi centimetri dal muro. Strizzando gli occhi come spugne alle quali si vuole spremere la verità delle immagini riconobbe le concavità e le convessità della figura. Era, senz'ombra di dubbio, un innaturale ed imperturbabile volto. Evidentemente doveva ribadire il concetto a sua moglie: nessuna di quelle statue da vetrina doveva stare in casa, in special modo di notte; mettevano a disagio Gino, esattamente come quelle infernali bambole di porcellana. La sua consorte, in giovine età, voleva diventare un medico, magari chirurgo, ma non riuscì mai a terminare l'università. Così si ritrovo a cucire pezze e lembi di stoffa anzichè ricucire le anime ai corpi.
Gino sobbalzò e per poco il cuore non si conficcò nella laringe, le pulsazioni parevano quelle di un motore piuttosto che quelle di un cuore umano, perle madide di ghiacciato sudore sbocciarono inermi sulla sua fronte e sulla maggior parte del suo corpo. Iridi e pupille scioccate stavano dilatate a fissare il volto plastico come un soldato fissa imperterrito e terrorizzato la trincea nemica. Le palpebre immobili come mummie sonnecchianti in qualche teca più adatta ad essere acquario che a custodire i putridi resti di un antico sovrano. Braccia e gambe tese come corde di baliste, lo stomaco annodato alle budella come il cappio al collo di chi come ultimi minuti ha solo l'immagine della folla che inveisce contro di lui.
Il manichino aveva appena sbattuto le palpebre degli occhi.