23 luglio 2019 ora 00:01
Buon compleanno picio.
Vorrei essere al tuo fianco in questo momento.
Vorrei azzerare i 1232km che ci separano.
Vorrei vederti soffiare sulla candelina che segna 22 anni e cercare di indovinare il desiderio che esprimerai.
Vorrei essere presente insieme a tutte le persone per te importanti e metterti in imbarazzo cantando la canzoncina di buon compleanno.
Vorrei sentire il rumore della tua risata.
Più di tutto.
Quella risata che è stata il suono più bello che ha accompagnato così tante mattine, così tante notti impacciate ma memorabili, così tanti momenti nostri.
Vorrei sentirti ridere ancora e guardare il tuo sorriso mentre sei circondato dall'amore della tua famiglia.
Vorrei esserci.
Venire lì da te e abbracciarti, fare la foto di rito davanti alla torta e tirarti le orecchie ventidue volte.
Cose così scontate che io ho sempre reputato banali, quasi inutili.
Cose che erano troppo normali per una fuori dagli schemi come me.
Cose che però adesso vorrei fare.
Solo con te, solo per te.
Vedi che potere hai su di me? Vedi che potere hai sempre avuto?
Prendi la parte più fredda di me e la fai diventare fuoco che arde senza spegnersi mai.
Vorrei esserci a strapazzarti quei riccioli sempre un po' troppo stropicciati e poi raggiustarli come se fossero una cornice per il tuo viso perfetto.
Vorrei perdermi nell'osservarti mentre ti muovi con naturalezza tra gli spazi di casa tua.
Vorrei vedere ancora una volta Messina di notte dal tuo terrazzo mentre l'odore del cloro della piscina mi invade le narici.
Come quella sera di tanti mesi fa.
"Tish, metti nello zaino un cambio.. Partiamo, ti porto a Messina!"
Così avevi detto e io ci ho messo poco più di un secondo ad assecondarti in quella pazzia.
E così abbiamo preso il primo volo disponibile.
Roma-Reggio Calabria.
Traghetto.
La Sicilia.
Messina.
Casa tua.
La tua famiglia.
Due caschi ed una moto.
"Tieniti forte" e mi hai portato di notte a vedere il mare.
Tra le strade buie, illuminate solo dai lampioni un po' traballanti della tua città.
Per un attimo ho chiuso gli occhi e ho creduto che quella fosse la felicità.
Avvinghiata a te, nel silenzio della notte.
Le tua mano che mi accarezzava la gamba.
Il tuo odore, che giuro sarei capace di descriverlo, tanto che me lo sento addosso anche adesso.
Io che odiavo il mare, l'ho amato.
Io che non sapevo più amare, ti ho amato.
Questo è stato il tuo potere Alberto.
Farmi tornare ad amare.
Amare la vita, amare me stessa, amare un'altra persona, amare la mia musica, amare le piccole cose e saperle apprezzare, amare il mare, amare la notte, amare il vento che ti scompiglia i capelli, amare il sale che ti resta appiccicato sulla pelle, amare la sabbia tra le dita, amare la luna.
La luna di quella sera me la ricordo ancora. Era solo uno spicchio, piccola ma luminosa, proprio come questa notte.
È sempre lei.
E quella notte mentre a piedi nudi, abbracciati sulla sabbia, la guardavamo come se proprio lei potesse svelarci quale sarebbe stato il nostro futuro, tu hai usato queste stesse parole.
"È sempre lei. Ovunque tu sarai, ovunque io sarò, la luna è sempre sopra le nostre teste e finché la vedremo nel cielo non saremo mai troppo lontani per non ritrovarci."
Io questa sera lo vedo questo spicchio di luna.
E tu Albe? Tu lo vedi?
Mi senti almeno un po' vicino a te?
Mi hai pensato per un solo istante mentre soffiavi sulle candeline?
Io sto cercando di immaginarmi tutto.
Stai sicuramente indossando una camicia, magari una di quelle in lino, azzurra o bianca, una di quelle che mamma Anto ti rimprovera sempre di non saper indossare perché le stropicciavi tutte dopo un solo secondo.
Sarai bellissimo mentre con una mano ti sposterai i riccioli dalla fronte, come fai sempre.
Ma l'immaginazione non basta. Non mi basta.
Perché io dovrei e vorrei esserci.
Vorrei essere stata la prima a mezzanotte in punto a sussurrarti "tanti auguri amore".
Ti avrei poi sicuramente lasciato un bacio casto e leggero sulle labbra e chissà se poi tu mi avresti incatenato tra le tue braccia non lasciandomi più andare, incurante di chi potrebbe guardarci.
Come quella mattina a colazione con Jefeo.
"Dai Albe, ci guardano"
E tu continuavi a baciarmi e stringermi.
"Boh uno fa colazione e questi gli devono fare uaua..."
E allora poi ci siamo staccati.
"No Jefe, questo non lo puoi mettere"
È tutto così limpido e chiaro nella mia mente. Ogni istante passato accanto a te è un ricordo vivido.
E a volte ho solo bisogno di abbracciarmeli stretti i ricordi dei nostri attimi.
Altre volte, la maggior parte delle volte a dir la verità, li rinnego, me li strappo dalla mente e vorrei solo cancellarli.
Vorrei non averti mai conosciuto, ma allo stesso tempo vorrei esserti accanto mentre gli anni passano e vederti spegnere un numero spropositato di candeline.
Vorrei dimenticarti ma allo stesso tempo sono qui e non riesco a chiudere occhio perché questo non è il posto in cui dovrei e vorrei stare.
Io non lo so quando è finita tra di noi.
Però so dirti quando tutto è iniziato.
Roma, un tramonto e il Colosseo.
Io, tu e le nostre labbra che hanno azzerato ogni distanza tra di noi per la prima volta.
Tutto è iniziato in quel primo bacio.
Poi non lo so cosa è successo, ci siamo amati di fretta e segretamente, ci siamo amati male.
Ci si può amare "male"?
Non lo so.
Quello che so è che eravamo troppo impegnati a litigare per imparare ad amare bene forse.
Quello che so è che eravamo troppo diversi.
Ma, vedi Albe, il fatto è che c'erano momenti in cui eravamo capaci di cancellare ogni differenza, eravamo capaci di lasciarci alle spalle ogni discussione.
Come la sera della finale.
Quando ti ho visto alzare la coppa al cielo e ho visto il tuo sorriso e i tuoi occhi puri illuminarsi di gioia, in quel momento ho capito di amarti ancora.
E quella sera te l'ho detto.
Te l'ho detto in quel lento che abbiamo ballato solo noi, con una musica che abbiamo sentito solo noi.
Mentre tutti gli altri si scatenavano a ritmo pop, noi ce ne stavamo lì a cullarci tra le nostre braccia.
Io ho poggiato la testa al posto giusto, nell'incavo del tuo collo.
Ho iniziato a lasciare piccoli baci.
"Tish"
Il tuo è stato un sussurro, un gemito, una preghiera.
Ti ho guardato e allora te l'ho detto "Ti amo Albe, non ho mai smesso"
"Ti amo anche io, ti ho sempre amato Testa"
E quella notte ce lo siamo ripetuti più volte, tra le lenzuola blu del tuo letto nella nostra casetta.
Abbiamo fatto l'amore, dopo un tempo che non so neanche io come abbia fatto a trascorrere così lento.
Quella notte ci siamo ritrovati e ci sentivamo invincibili.
"Ce la faremo"
E invece Albe, non ce l'abbiamo fatta.
È stata Ostia l'ultima nostra volta.
L'ultima nostra speranza.
L'ultima volta in cui i nostri corpi sono diventati uno solo.
Poi non so cosa sia successo.
È successo che il tempo a noi non ci ha mai voluto bene.
Ci è stato nemico.
E allora tu partivi e io arrivavo.
Io bussavo alla porta e tu eri appena uscito.
Aerei, treni, hotel, città diverse.
Chilometri e chilometri.
Stanchezza, frustrazione, delusione.
Ecco come ci siamo persi.
"Mi manchi"
"Non ce la faccio più"
"Scusami non riesco"
"Non posso"
"Non possiamo"
"Scusami è tardi"
"Forse non è il momento giusto"Che era finita non ce lo siamo mai detti.
Nessuno dei due ha avuto il coraggio di scrivere quella parola.
Non so tra quali lettere degli ultimi messaggi si sia nascosta la parola "addio".
Non lo so.Vorrei aver avuto il coraggio di esserci stasera.
Vorrei che fosse andata in modo diverso tra noi.
Vorrei aver avuto abbastanza coraggio per tutti e due.E questo messaggio vorrei inviartelo, ma non lo farò.
Buon compleanno Alberto, anche se questi auguri non ti arriveranno mai.
Sentimi vicino, anche se non ci sono.
Vorrei esserci ma non ci sono.Tanti auguri amore mio.
E perdonami se questo coraggio non ce l'ho.
Perdonami.La vedi la luna?
Mi vedi?
Sono lì.
Ti amo.
T. 🖤
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Momenti.
Chick-LitUn messaggio che nessuno ha mai scritto e che nessuno riceverà mai. Ma sarebbe stato bello...