II

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"Sì, certo, ok. Ah-ah, sì. Mamma, sì ma.. vabbè, ok sì" - Il telefono venne posato seccamente sul tavolo, di fronte al frigorifero. Mentre si sistemava la giacca, tirò l'ultima sorsata alla tazza di caffè. Guardando l'orologio si accorse che era in tempo come sempre ma arrivare in orario vuol dire presentarsi almeno quindici minuti prima.

Che scocciatura, ho trent'anni e ancora sta a dirmi cosa devo fare. Nonostante la sua disapprovazione, decise di seguire il consiglio di sua madre, e si spruzzò il profumo che gli venne regalato lo scorso Natale. "Devi essere perfetto questa sera, alla tua età dovresti avere almeno due figli!" - le parole appena pronunciate al telefono lo fecero rabbrividire e gli misero un pizzico di agitazione. C'è tempo per 'ste cose.

Agitazione che si fece sentire più viva quando si ricordò che quella sera avrebbe rivisto la sua vecchia compagna di classe - la dolce Sara - ambita da tutti i ragazzi durante tutto il corso delle superiori.

Decisamente di mala voglia, prese le chiavi della macchina e si avviò verso l'uscita. Diamine, i denti. Meglio non fare brutte figure, almeno alla prima uscita. Passando dalla cucina giunse finalmente al bagno poco illuminato, accese la luce e quando finì di lavarsi i denti salì in macchina, pronto per l'avventura.

Quindici minuti di guida tranquilla, dovuti principalmente al poco traffico che si può trovare a Frusasco, e arrivò finalmente al ristorante, suggerito dalla ragazza; nonostante vivesse lì vicino, Claudio non ci fece mai caso o comunque preferì girare altrove da quel noioso paese. Attraversato il ponte, svoltò a destra per seguire una breve strada sterrata protetta ambo i lati da siepi ben curate. In fondo alla via a sinistra si estendeva il parcheggio, di fronte al ristorante. Ben visibile e forse pacchiana si ergeva l'insegna luminosa; poco utile perché chiunque la vedesse, doveva capitare lì di proposito.

Ruotò il polso, sollevando la camicia a tinta unita coperta dalla giacca, per scoprire l'orologio Maserati. I lampioni illuminavano a sufficienza il quadro, per far sì che vedesse decentemente l'ora. In anticipo, bene. Spero di non doverla aspettare troppo, la fame si fa sentire.

Dalla polverosa strada arrivò una Jeep nera, seguita da una Volvo, forse una V40, con i fari allo Xenon. Da quest'ultima uscì una ragazza vestita casual: portava dei jeans blu chiaro tenuti alla vita da una cintura blu scuro, accompagnati da una maglietta bianca anonima coperta da una giacchetta in similpelle rossa, per prevenire colpi di freddo. Raggiunse immediatamente Claudio, dopo avergli lanciato un rapido saluto di mano.

"Mio Dio, quanto tempo" - Iniziò Sara, poco prima di baciarlo su entrambe le guance.

"Sì, è da una vita che non ci si vede, diamine. Ti sei fatta più bella, non lo credevo possibile." - Gli occhi del ragazzo si posarono su quelle innocenti fossette che si formavano ogni volta che Sara sorrideva; da sempre le amava e da sempre amava i suoi profondi occhi blu.

Dopo i classici convenevoli, entrarono. Saltando la fila di chi non aveva prenotato, si diressero verso il primo cameriere, un ragazzo giovane, sui 25 anni; i suoi capelli corti ai lati e lunghi in centro gli davano uno stile da rocker, sicuramente in contrasto con l'uniforme bianca e nera che indossava. "Buonasera, avete prenotato?" - disse con voce un po' rauca - "Martini" - rispose prontamente la ragazza.

In pochi minuti, il cameriere ritornò menù alla mano e li fece sedere al loro tavolo, il 23: un piccolo quadrato coperto da una classica tovaglia grigia in tessuto, sulla quale erano state appoggiate delle posate, tovaglioli anch'essi in tessuto e persino una candela, per rendere la serata un po' più romantica.

Ordinarono immediatamente da bere: "Un mezzo di rosso frizzante e un litro di acqua, sempre frizzante". Presto anche le due pizze vennero servite. Il brusio del resto della clientela si alzava sempre più, diventando rumore piuttosto fastidioso.

"Quindi, dimmi un po', di cosa ti occupi adesso? Dopo il Liceo, non ho saputo molto di te." - iniziò Claudio, deciso ad affettare la sua Margherita nel piatto.

"Dopo il Dottorato, ho capito che la vita da studente mi sarebbe mancata. Poi come biologa, non mi sarei vista bene fuori da un laboratorio. Al momento sto effettuando ricerche affianco al Dott. Zimbon." - concluse gustando un sorso di vino. Claudio la seguì bagnandosi le labbra nel bicchiere. Non amava molto il vino, in generale gli alcolici non erano il suo forte ma in compagnia poteva sopportare.

"Interessante. Ti chiederei su cosa vi state scervellando, ma temo di non poter capire molto." - Sorrise appena, roteando il calice davanti a lui. Il continuo vociare diminuì poco a poco.

"Tu invece? Ancora chiuso in banca?"

"Beh, la paga è buona. È un buon lavoro: tratto con i clienti, ci so fare; gli orari mi lasciano del tempo libero da dedicare a qualunque cosa voglia"

"Tempo libero.. Sentiamo, con cosa occupi le tue giornate?"

Per un momento, non le rispose. Si soffermò da subito sugli occhi brillanti e curiosi per poi concedersi del tempo per ammirare nuovamente le fossette, nate dallo splendido sorriso che la ex compagna di classe gli stava regalando - " solite cose: alterno serate tra palestra" - Mostrò ironicamente il bicipite - "e lettura. Ogni tanto mi capita di prendermi un weekend per andare in montagna."

"Ah, ti piace camminare? Da un annetto anche io sfrutto qualche domenica per passeggiare. Sai che ho sempre amato vedere il verde degli alberi. Ma senti un po': invece di cenette romantiche al lume di candela, che ne dici se prossima domenica ci facciamo una passeggiata verso i Tre Occhi?"

Salendo il paesino, poco sopra Borgata Bergia, inizia il percorso del Monte Mussala che si innalza fino ai 1700 metri e si apre, poco sotto, nella Conca dei Tre Occhi, chiamata così perché in passato vi erano tre laghi, ormai prosciugati, che ora hanno lasciato l'impronta. Non è raro incontrare giovani coppiette o gruppi di amici che campeggiano in quella zona. Chiunque amerebbe vedere le stelle da lassù, nell'aria incontaminata. Non è nemmeno difficile che qualche sociopatico si diverta a veder divampare fiamme, distruggendo ettari ed ettari di bosco, come accadde nel 2016, anno in cui due ragazzi sono stati ritenuti responsabili di incendio doloso. "Ragazzi che hanno vissuto situazioni familiare prive di affetto, di attenzioni" secondo la polizia locale.

"Certo! Non mi aspettavo che anche tu facessi Trekking. Anche se ammetto che qualche foto su Instagram l'ho vista."

La serata proseguì tranquillamente ed entrambi raggiunsero casa. Non è andata così male, pensò Claudio, avvolgendosi il corpo con il suo lenzuolo pronto a ritornare nel mondo dei sogni.

Da quel giovedì sera, le giornate passarono piuttosto velocemente, almeno per Claudio. Il venerdì aveva fatto solo mezza giornata, quindi aveva sfruttato il tempo rimasto per andare in palestra un po' prima. Alle 16.10 era già negli spogliatoi a cambiarsi e alle 18.30 era appena salito in macchina, per tornare a casa. Gli aspettavano 10 minuti di macchina, che avrebbe trascorso in compagnia della sua fedele Virgin Radio; non mi delude mai, pensò, quando al termine della pubblicità mandarono in onda Stairway to Heaven. Per quella sera aveva rifiutato i due inviti ad andare a bere qualcosa: "No scusami, fino a Torino non mi va di guidare, stasera" e "Mi spiace ma stasera credo che rimarrò a casa a riposarmi. Aggiornatemi su quanta vita c'è a Frusasco, mi raccomando" erano le risposte che aveva dato. Desiderava solo accomodare il sedere sul suo divano, appoggiando i piedi sul suo pouf per leggere il suo libro. Niente di meglio.

Così fece. Ma diamine, la fame chiamava. Abbassò i piedi dal pouf e si sollevò dal divano, posando il libro sul tavolo in cristallo di fronte. Nel gesto, riconobbe una certa familiarità in quell'azione. Certo, non era la prima volta che stava sul divano e che si alzava appoggiando il libro. Ma forse gli odori, i suoni dall'esterno dell'appartamento, le luci avevano un ché di già vissuto. Non ci fece troppo caso, e si diresse in cucina, per dare un'occhiata al frigorifero. Domani mi tocca andare a fare la spesa, pensò, guardando per almeno venti secondi il refrigeratore quasi vuoto. Nuovamente quella sensazione di già vissuto. Sorridendo, pronunciò ad alta voce "Deja-vù".

Qualcosa di già vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora