III

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Domenica mattina. Il giorno di riposo, in cui anche Dio si è fermato dalla creazione.

Erano le sette e mezza di mattina quando Claudio si svegliò. Non aveva impostato nessuna sveglia dal suo smartphone: sapeva benissimo che l'alba l'avrebbe destato. Non appena le premature luci del Sole penetrarono dalla finestra, il ragazzo si ritrovò a fissare il soffitto, pensando a tutto ma anche a niente. Dopo qualche grugnito e rotolamento tra le leggere coperte, decise che era inutile rimanere a poltrire; così si alzò, e dopo aver spalancato la finestra per far cambiare aria, si diresse verso il bagno. Adesso le pareti non erano più bordeaux; era circondato da tre mura bianche mentre l'ultima, quella da cui si può vedere la strada appena sotto, era di un azzurro chiaro, quasi impercettibile. Appoggiò entrambe le mani sul lavandino, una per lato; posò lo sguardo spento sullo specchio, soffermandosi sugli occhi stanchi. Ci vuole un caffè.

L'aspettavano diverse ore di escursione in montagna dunque aveva bisogno di energie: pancetta e uova all'occhio di bue gli fecero da colazione mentre al pranzo ci avrebbe pensato Sara. Chissà cosa mi prepara.

Erano le otto e un quarto: ora di uscire. Raccolse la sua attrezzatura da montagna (scarpe da trekking e vestiti comodi) e si avviò verso la macchina; scese due rampe di scale dopodiché la raggiunse. Dieci minuti dopo si trovò in Piazza della Libertà, nel centro storico di Frusasco, dove i due ragazzi si erano dati appuntamento. Come parcheggiò, vide Sara aspettarlo fuori dalla macchina; la raggiunse.

"Buongiorno! E' da tanto che aspetti?" – iniziò Claudio, salutandola.

"Nah, sono qui da appena cinque minuti" – Trasse un profondo respiro, poi lo guardò negli occhi sorridenti – "Senti che aria fresca. Sarà una bella giornata!"

Sollevando lo sguardo al cielo, Claudio notò la perfetta pulizia: neanche una nuvola osava coprire quel panorama celeste. "Si, direi che abbiamo azzeccato il giorno."

Dopo essersi concordati su quale macchina usare per raggiungere il sentiero – ancora 10 minuti di guida verso Borgata Bergia – salirono entrambi sulla Jeep del ragazzo.

Lasciando la macchina in uno spiazzo circondato da erba, iniziarono a cambiarsi; entrambi si infilarono le scarpe adatte alla montagna, si divisero il carico negli zaini e lasciarono il superfluo in macchina. Pronti.
La camminata inizia con un sentiero largo, di terra e pietre grosse abbastanza da dar fastidio sotto le scarpe. Ai lati vi erano dei campi incoltivati e poco curati; dell'erba cresceva superando i settanta centimetri. Api, cavallette e farfalle di tutti i colori danzavano tra foglie e fiori accesi di blu, viola e giallo. Il ronzio delle cicale era incessante, fastidiosamente rilassante. Il percorso si alzava per diverse decine di metri prima di perdersi tra la fitta boscaglia, oscurato dall'ombra delle chiome di pini e dei castagni. Oltre, si intravedevano le vette che sfioravano le nuvole appena giunte da Est. Delle poiane si facevano trasportare dal vento caldo in su, sempre più su, libere nell'aria.

Man mano che ci si inoltrava nel bosco, aumentava la sensazione di fresco. La temperatura si aggirava sui venti gradi appena e rendeva la passeggiata più piacevole e meno faticosa. Dopo mezzora di camminata, i due ragazzi si posarono su una roccia grande abbastanza da far stare comodi entrambi. Dopo aver preso una sorsata d'acqua a testa, ricominciarono a camminare, senza troppe parole. E così proseguirono, nel silenzioso chiasso della natura.

Erano le undici e qualche minuto, mancavano ancora un paio di ore all'arrivo quando la loro quiete venne interrotta: poco dopo aver superato la segnaletica del sentiero, Sara si bloccò di colpo, interrompendo la camminata di Claudio, appena dietro di lei. Facendo segno di non fiatare, gli indicò un punto un po' più avanti. Vedo solo foglie e alberi. Che avrà visto? Si sforzò concentrando gli occhi nel punto indicato. Poco dopo, intravide una figura dal colorito marrone muoversi dietro un albero. Oh, un capriolo! Subito dopo, la ragazza estrasse il cellulare dalla tasca e, più silenziosa di un ninja, rubò quel momento per immortalarlo, probabilmente su Instragram o Facebook (o entrambi). Poco dopo, il rumore delle foglie secche calpestate lo spaventò e, voltando il suo muso grigio, corse mimetizzandosi tra gli alberi.

La camminata proseguì, finché alle tredici non arrivarono alla fine della fitta selva. L'odore di muschio iniziava a disperdersi mentre il calore dei raggi solari iniziava a farsi sempre più accentuato; nel mentre, le ombre svanivano lasciando il posto ai colori della natura. Ora il percorso si apriva in una distesa d'erba senza fine. Wow. Mozzafiato.

Continuarono a camminare.

Finalmente, il percorso giungeva alla prima conca: ai lati si ergevano delle colline spelacchiate, coperte da un basso strato d'erba; nel mezzo, di fronte ai due escursionisti, la strada iniziava a scendere di diversi metri, dolcemente. Il fondo era dominato da sole pietre e da qualche ciuffo d'erba che cercava di dominare sul terreno fangoso. Potevano persino vedersi delle rane prendere il caldo sole, pietrificate sopra sassi immobili.

Si fermarono qualche minuto, poi dopo un cenno d'intesa, si diressero verso la collinetta a destra, per ammirare il panorama dall'alto.

"Possiamo fermarci qui, almeno per mangiare" – Suggerì Sara. Il rumore del suo stomaco si fece sentire nel silenzio.

"Si, ho una fame..." – Così dicendo, Claudio tirò fuori dallo zaino una tovaglia anonima che distese sul prato. Sara lo seguì e prese dei contenitori, all'interno dei quali riposavano dei pezzi di frittata alla cipolla – che tanto amava quando sua nonna Concetta la cucinava durante le visite estive – e dell'insalata di riso.

"Ammetto che ci voleva proprio una passeggiata così tranquilla" – confessò Sara, prima di imboccare un po' di riso. – "posto giusto, condizioni giuste, compagnia giusta" – ed entrambi sorrisero – " Molti degli amici con cui cammino, non tacciono un secondo, parlano parlano e parlano. Almeno tu sei silenzioso. Oppure sono io noiosa"

Claudio colse l'ironia e, dopo un lungo e rilassato sospiro, rispose – "Nah, se devo chiacchierare, vado al bar. Preferisco mantenere le forze per arrivare in cima!"

Quando finirono di mangiare, si rimisero immediatamente in marcia per completare il percorso. La strada non era più faticosa, così Claudio iniziò un motivetto che gli risuonava in testa, ricordando i tempi delle superiori:

"Ma la tua vita adesso puoi cambiare

solo se sei disposto a camminare,

gridando forte senza aver paura

contando cento passi lungo la tua strada.

Allora... 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi!"

"Cento passi? Davvero?" – Sara lo squadrò con occhi increduli, chiedendosi da dove avesse tirato fuori quella canzone.

Superando la prima conca, salirono su una collinetta, oltre la quale si potevano ammirare altre due ellissi scavate nel terreno. Sembrano davvero degli occhi, visti da qua. Incredibile, non le avevo mai viste.

Rimasero lì sopra per qualche minuto, prima di accorgersi che bastava girarsi a destra per poter contemplare Frusasco e i paesi limitrofi dall'alto. La visione lasciava senza fiato, sembra tutto così piccolo. Frusio spaccava in due il paese, scorrendo verso Sud-Est. Non era particolarmente grande, ma è diventato famoso per la bellezza che rappresenta. Nel periodo autunnale, molti amanti del paesaggio raggiungono Frusasco solo per osservare i colori che l'acqua del fiume assumeva, in cui il marrone delle foglie si mescola con il verde delle alghe che, nel calare del sole, viene illuminato da un intenso e passionale rosso.

I ragazzi si decisero a rimanere tra i due occhi, aspettando il pomeriggio per ritornare alla civiltà. Alle 18 erano si fermarono in un bar a sorseggiare : "una birra bionda per me ed uno Spritz per la ragazza, classico con arancia e ghiaccio" – Chiacchierarono del più del meno, scambiandosi battute e risate di tanto in tanto. Dopo due settimane, si sarebbero rivisti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 29, 2019 ⏰

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