Capitolo 3: L'albero più crudele

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Harry non riusciva a tornare al The corner. Un mal di testa persistente lo affliggeva, probabilmente il risultato dell’abbandono improvviso di caffeina, ma malgrado ciò, solo il pensiero del caffè gli faceva rivoltare lo stomaco.
Fece del suo meglio per tappare il crescente rimpianto al petto, raccontandosi che Louis era stata soltanto una cotta sciocca, semplicemente un sintomo del male di primavera. Se Zayn aveva notato il suo umore un po' più nero del solito, gentilmente non lo faceva notare.
“Stai passando una buona giornata, Harreh?” chiese mentre Harry entrava in cucina con ‘l’intento di procurarsi del cibo’ stampato sul viso.
“Va bene, credo,” si sforzò di essere gentile. “Tu?”
“Non mi lamento. Anche se la 1 puzzava di piscio stanotte.”
“Mica è sempre così?”
Zayn gli sorrise e finì di lavare i piatti. “Solo quando l’odore di sudore non è più forte.”
Harry sapeva che il suo coinquilino voleva solo tirarlo su di morale, ma Harry non poteva essere tirato su di morale. Quella notte segnava l’anniversario dell’ARD, la competizione alla quale era stato obbligato a rinunciare a causa dell’operazione, e abbinato al dolore dovuto alla mancanza di Louis, lo spirito di Harry assomigliava a quello di una foglia decadente.
“E’ un po’ tardi per chiedertelo dato che ho già detto di sì, ma non ti dà fastidio un po’ di compagnia per alcune settimane, vero?” domandò Zayn, il viso speranzoso mentre finiva di impilare in modo precario una ciotola sopra due Tupperware.
Harry estrasse una busta di insalata e qualche pomodoro dal frigorifero, decidendo di non impiegare troppi neuroni nella ricorrente domanda di Zayn riguardo agli ospiti. “Suppongo vada bene,” farfugliò.
“Starà sul divano, non ti starà per niente tra i piedi, ne sono certo. E’ un mio amico della galleria. Ti piacerà.”
Harry fece spallucce. “Okay.” Non poteva davvero fregargliene nulla.
“Ha perso il lavoro alcuni giorni fa e il suo affittuario era uno stronzo. Quindi ti va bene se prende il divano?”
“Sì, Zayn, non mi importa. Va bene.”
Harry cominciò a condire l’insalata, tagliuzzando alcune cipolle verdi e tagliando a metà un avocado da aggiungere a un’ampia dose di ceci, quasi dimenticandosi dell’ospite di Zayn in arrivo, finché il loro campanello sgangherato non suonò pochi minuti dopo.
Si lasciò cadere su uno degli sgabelli molto artistici ma incredibilmente scomodi di Zayn e iniziò a mangiare l’insalata mentre il moro correva verso il corridoio, gridando, “Arrivo, bebes!”
Harry sentì la serratura sbloccarsi e la porta aprirsi. “Benvenuto!”
Il rumore della valigia che veniva trascinata dentro la piccola entrata mascherò la voce dell’ospite finché lui e Zayn non sorpassarono l’angolo della cucina.
“Mi dispiace irrompere così, e non te lo avrei chiesto, se-”
“Come se non faresti lo stesso e di più per me, idiota.”
Harry smise di masticare, un pezzo di lattuga che si incastrò artisticamente fuori dalla sua bocca mentre fissava Louis preso dallo shock.
“Porca puttana” Louis imprecò, lasciando cadere la valigia.
Zayn li guardò con aria assente. “Vi conoscete?”
Harry annuì nello stesso momento in cui Louis scosse la testa e disse, “Solo di vista".
“Oh...” Zayn avvertì la tensione e si accinse a placarla. “Beh, uh, questo è il mio coinquilino Harry, è un pianista. Harry, questo è il mio vecchio amico Louis.”
“E io che pensavo che fossi un ragazzo ricco dell’East Side,” rifletté Louis, ignorando l’introduzione di Zayn, le labbra strette.
“Harry? Ha debuttato alla Carnegie più di un anno fa, non è vero babes? Ma non è assolutamente ricco. Gli farei pagare molto di più d’affitto se lo fosse,” lo stuzzicò Zayn.
Louis alzò semplicemente le sopracciglia. “Huh. Ho sempre creduto ci fosse di più di quello che volevi far vedere. Hai una specie di luce. Ha senso ora.”
A Harry non piaceva sentirsi ripetere le stesse parole che aveva usato lui. Sbuffò e prese la ciotola di insalata, tenendola abbracciata a sé come un’armatura, imbarazzato, pieno di vergogna, arrabbiato. “Sono contento che tutto abbia senso ora.”
Si incamminò lungo il corridoio e non troppo velatamente chiuse la porta della stanza. Zayn e Louis parlavano al limite dell’udibilità, perciò Harry non riusciva a godersi del tutto la sua insalata, dato che prendeva delle pause dal masticare ogni secondo per poterli sentire tra un morso e l'altro. All’inizio si scambiarono solo convenevoli e parlarono di conoscenze in comune, ma poi le loro voci si abbassarono e Harry d’istinto premette l’orecchio alla porta, disperato nel distinguere le parole.
“E’ stato brutto?”
“Beh, l’ho incontrato dopo, ovviamente. Ma direi di sì. Non credo sia stato in grado di esibirsi da allora.”
“Riesco ad essere proprio un coglione.”
“Sta bene, non preoccuparti. Harry è solo un tipo strano; è lunatico la maggior parte dei giorni, onestamente, a malapena sorride.”
“Sorrideva sempre al caffè.”
“Sì, beh...” la pausa di Zayn conteneva più significato di qualsiasi altra parola. “Forse ha una cotta per te. E’ diventato rosso ed è scappato.”
Louis non rispose per alcuni secondi, facendo affondare ancora più in profondità lo spirito già mortificato di Harry.
“Non credo, Zaynie. Le persone non hanno più cotte per me.”
Nonostante i suoi migliori sforzi quella sera, Harry non poteva evitare la cucina per sempre. Alla fine gli venne sete. Quando emerse dalla stanza trovò Louis accucciato sul divano, un tablet in grembo, la lampada del tavolo che lo illuminava. Alzò lo sguardo su Harry dal bozzolo di coperte, anche se era piena estate.
“Non puoi avere freddo,” borbottò Harry, riempiendosi la tazza, il respiro che quasi lo attaccava dallo shock di vedere gli zigomi di Louis illuminati.
“L’aria condizionata è un po’ fredda. Non sono abituato a ghiacciarmi il culo.”
“Puoi aumentarla, sai.”
Louis si mosse, spostando le gambe. “Zayn ha detto che deve rimanere così per il piano.”
Harry chiuse il rubinetto di scatto, sbuffando. Non toccava il suo piccolo Grand da mesi. “Non importa. Aumentala e basta.”
“Non rovinerò il tuo piano, Harry. Sei un pianista, sarebbe come distruggere l’ufficio di qualcuno.”
“E’ solo l’accordatura,” Harry si passò una mano sul viso, “E non sono più un pianista comunque. Quindi.”
Louis alzò le sopracciglia. “Ho sentito che impartisci lezioni, però?”
“Lo faccio. Quello è quello che fa la gente quando fa schifo ad esibirsi: insegna. Senti,” Harry prese un gran respiro, impaziente di strappare del tutto la sua già diroccata illusione, solo per finirla una volta per tutte. Louis già si aspettava il peggio.
“Ero davvero un gran pianista, e poi un taxi mi è venuto addosso e mi hanno trovato uno stupido tumore e ora sono un pianista di merda con un corpo di merda e con prospettive di merda. Va bene? Ora sai perché passo giorni a bere caffè e a sembrare arrogante.”
Harry non rimase per vedere la reazione di Louis alla sua invettiva di autocommiserazione.
Sprofondò di nuovo in camera sua e ancora una volta sbatté la porta prepotentemente, felice di mettere un nuovo muro tra di lui e il resto del mondo.
*
Per la settimana successiva, Harry iniziò a temere di svegliarsi al mattino e tornare a casa la sera.
L’intero fottuto appartamento aveva iniziato a puzzare come Louis, la doccia aveva l’odore del suo shampoo, il soggiorno puzzava del suo alito mattutino e di capelli non lavati; addirittura l’ingresso portava con sè l’odore delle sue scarpe (che mai si preoccupava di indossare con le calze, anche nel calore dell’estate newyorkese). Era troppo. Quello, e il vederlo accovacciato sul divano ogni mattina, lui che gli ballava attorno in cucina mentre preparavano la colazione, il sentire le sue chiacchiere mattutine con Zayn, il condividere un fottuto bagno - tutto questo aveva iniziato a portare Harry verso la pazzia.
Si sentiva costantemente al limite, costantemente attivo, costantemente sotto esame, anche nella solitudine della sua casa.
E avrebbe potuto fermarlo, avrebbe potuto continuare la sua vita giorno per giorno senza cambiamenti, come Zayn, ma il suo orgoglio ebbe la meglio. Non avrebbe permesso a Louis di vederlo sussultare dal dolore quando si piegava per prendere uno yogurt dal frigorifero. Non avrebbe permesso a Louis di vederlo mentre camminava in modo innaturale dopo una lunga giornata o avvolto nei suoi consueti cuscinetti termici e borse del ghiaccio. Harry non riusciva a sfuggire al fatto che gli importava che Louis sapesse, non riusciva ad abbandonare questa stupida fantasia che, forse, Louis lo riusciva a trovare attraente e desiderabile. Ma mentre ogni giorno si usurava, la determinazione di Harry si affievoliva. Era stanco. Le cose facevano male. Aveva bisogno di abbassare la guardia e ricaricarsi senza mettere su una scenetta degna di un attore ogni volta che aveva bisogno di bere.
Quando arrivò a casa il mercoledì seguente, la casa sembrava vuota, perciò pensò che fosse sicuro far cadere la maschera. E un po' di viveri. Aveva riempito due buste grandi al Trader Joe’s della 72esima prima di salire sulla 1 verso casa. La spesa era faticosa da portare dalla stazione fino all’appartamento, ma rifiutò di tirarsi dietro un carrello. Rifiutò di far vedere che portare due buste pesanti gli veniva difficile. Ovviamente, il suo orgoglio aveva un prezzo, e quando finalmente ebbe oltrepassato la porta, la sua schiena cedette e lasciò cadere le borse sul pavimento.
Non facendo nemmeno caso all’odore delle scarpe di Louis nelle narici, si sdraiò sulla piastrella fredda dell’entrata e chiuse gli occhi. Alcune volte il dolore passava prima su una superficie dura piuttosto che su una morbida, come il suo letto.
“Harry?”
Cazzo.
Stringendo forte la mandibola per evitare di lasciare uscire un gemito, Harry si rimise in piedi, gli occhi che subirono l’improvviso afflusso di sangue. Confuso, si appoggiò contro l’anta dell’armadio e cercò a fatica di incontrare lo sguardo preoccupato di Louis.
“Stai bene?”
“Sto bene, sì-” ma non appena Harry lo disse, un altro tremore lo pervase e, incapace di controllarlo, scivolò di nuovo sul pavimento.
Louis si inginocchiò di fianco a lui prima che Harry lo potesse fermare. “Forza, sdraiati piano, ecco ci siamo,” diede istruzioni Louis, portandosi Harry sul grembo.
Cullò la testa di Harry sulle cosce e lo fece mettere sdraiato con il corpo dritto.
“Hai portato quelle borse per tutto il tragitto da one57?”
Gli occhi chiusi strizzati, un nodo in gola, Harry sussurrò un flebile, “Sì.”
“Sei davvero un coglione testardo.” Louis accentuò questa definizione tirando un riccio di Harry.
Harry inspirò, pronto a rilasciare una serie di piagnucolii, sulla difensiva, ma Louis zittì l’imminente sfogo appoggiando delicatamente le mani sulla cassa toracica di Harry.
“Che stai facendo?” domandò Harry dopo un momento, dopo che aveva sentito un lieve formicolio partire dai palmi di Louis.
“Shhh. Sto facendo pratica su di te.”
“Prat—“
“Shh!”
Harry rimase in silenzio, confuso, ma stranamente, sentendo molto meno dolore. Registrò una sorta di liberazione nel suo petto quando ingollò una boccata d’aria, stupito del fatto che sembrava stesse respirando per la prima volta.
Prima che avesse la possibilità di chiedere una spiegazione, Louis fece scivolare le mani sull’area della cicatrice di Harry. La sensazione di formicolio si moltiplicò, e la pancia di Harry si lasciò andare in diversi rumori. In imbarazzo, cercò di contorcersi.
“Va bene, è così che so che sta funzionando. Cazzo, cosa ti hanno combinato? E’ come se tutti i tuoi organi fossero nel posto sbagliato.”
Qualcosa di appiccicoso vicino alla colonna vertebrale di Harry si lasciò andare, come un artiglio che si ritrae. “Lo sono davvero? Cosa?”
“Shh.”
“Mi hai fatto una domanda!”
“Era una domanda retorica, lo vedo che sono stati spostati. L’operazione ti ha davvero devastato, non è vero? Anche questa è una domanda retorica.”
Dopo un altro minuto di silenzio Louis mosse le mani per afferrare Harry sotto le braccia e sostenerlo in posizione eretta, poi si alzò mentre trascinava in piedi Harry con sè.
“Ti senti un po’ meglio?”
E Harry si sentiva meglio.
“Lo so, è fottutamente strano. Questa terapista che vedo me lo ha insegnato, ma lo ha fatto su di me, sai. Energia di guarigione. Terapia viscerale, di preciso. Alcune volte usa anche dei cristalli, e pensavo che fosse tutto falso all’inizio, ma ho fatto dei progressi. Credo che potresti averne più bisogno di me, onestamente, funziona meglio sul corpo che sulla mente.”
Harry lo guardò a bocca aperta, guardò questo enigma di uomo, i suoi occhi grandi, blu, luminosi, le sue mani, premute fino a poco prima sul corpo di Harry completamente immobili, e che ora tremavano appena sui fianchi.
“Lascia che le prenda io,” continuò Louis, mordendosi il labbro e abbassandosi per prendere la spesa di Harry.
“No, davvero, riesco-”
“Per amor di Dio, sciocco arrogante! Va’ a sdraiarti prima che ti obblighi con la forza.” Louis gli lanciò un’occhiataccia prima di allontanarsi con le buste di Harry. Ripreso sonoramente, Harry sgattaiolò nella sua camera e gattonò sul letto, il sangue che ancora pulsava dove le dita di Louis si erano poggiate momenti prima.
Si addormentò, inaspettatamente, e si svegliò supino alcune ore più tardi, trovando oscurità completa fuori. Stranamente, la schiena non gli faceva molto male quando si voltò. Quasi impaurito di verificare il sollievo, si alzò in piedi e si stiracchiò.
Non si stava sbagliando, il dolore si era davvero affievolito rispetto all’inizio della giornata. Confuso e intimidito, Harry vagò verso la cucina dove trovò Louis che stava facendo saltare in padella del soffritto.
“Mi sono addormentato,” confessò Harry, sbadigliando.
“Immaginavo. Ti senti ancora bene?”
“Sì. Stranamente, sì. Non sei un tipo di mago, vero?” fece un piccolo ghigno Harry.
“Nope. Mi prendi due piatti, per favore?”
Harry obbedì. “Hai compagnia per cena?” domandò, non prestando attenzione ai segnali.
“Ho preparato la cena per te, Harry. Beh, l’ho preparata per me e ne ho fatta in più per te e ho rubato tipo metà dei tuoi peperoni per farla. Spero non ti dispiaccia.”
Harry fece spallucce, ma il suo stomaco brontolò al delizioso profumo, tradendolo. Fece per sedersi al tavolo della cucina, ma Louis lo fermò.
“Mangi in camera tua di solito perché le sedie di Zayn fanno schifo, vero?”
Harry annuì, anche se si era recluso anche per altre ragioni, ultimamente.
“Sediamoci sul divano, okay?”
“Nessuna regola riguardo il mangiare qualcosa sul letto, allora?” lo stuzzicò Harry, sorpreso del fatto che una battuta fosse scivolata fuori dalle sue labbra.
“Prometto che sarò fuori di qui presto, così potrai riavere il tuo divano, non preoccuparti.”
Harry si sedette. “Non sono preoccupato.”
I loro sguardi si incrociarono per un momento prima che Louis gli porgesse una delle forchette che stava tenendo in mano. “Non dire mai a Zayn quanto sia buono, non deve sapere che so cucinare. Pensa che io sia negato, ma amo queste ricette di famiglia un po’ troppo. Smetterà di prepararmi da mangiare se lo scopre.”
Era delizioso. “Il tuo segreto è al sicuro con me,”
Harry rigirò il boccone di verdure nel piatto.
Louis smise di masticare e ingoiò, il suo atteggiamento cambió leggermente non appena incontrò di nuovo gli occhi di Harry. “Anche il tuo lo è con me.”
Brividi corsero lungo la colonna vertebrale di Harry al suono delle parole, e anche se sapeva perfettamente bene cosa intendesse Louis, non poté fare a meno di chiedere: “Che vuoi dire?”
Louis gli sorrise tristemente. “Solo... Puoi smetterla, è francamente un po’ estenuante vederti ogni giorno.”
Harry si sentì punto nell'orgoglio.
“Allora non guardarmi.”
“Harry.”
La tenerezza nello sguardo di Louis prevalse sull’ego offeso di Harry, e si leccò le labbra e diede un cenno sottile a Louis. Non poteva sopportare oltre, ma Louis accettò il gesto comunque, e mangiarono il resto del pasto in silenzio prima che Harry ritornasse a letto.
*
La settimana si concluse malamente per Harry. I suoi sei studenti del venerdì erano miseramente impreparati e finì con l’insegnare loro ritmi base mentre batteva a tempo con le mani.
Durante il viaggio di ritorno a casa in metro, mise il broncio per la sua discesa sociale da esibizioni elevate ai fondamenti banali dell’istruzione musicale. Mentre saliva i sei piani fino all’appartamento di Zayn in ascensore, percepì un colpo di malinconia pervaderlo; quando raggiunse la sua camera, tolse la polvere dalla copertura del piano e aprì il coperchio. Troppo cosciente della schiena che gli doleva, si sedette tuttavia sul panchetto regolabile.
Gli mancava. Dio, gli mancava fottutamente troppo. Si sentiva intrappolato senza di lui, bloccato, vicino allo scoppiare in qualsiasi momento. Gemma lo aveva chiamato drammatico la prima volta che lo aveva visto piangere per la sua musica, quando si era seduto al piano sei settimane dopo l’operazione, i suoi muscoli non riconoscevano più il percorso e la sua cicatrice non gli permetteva nemmeno di sedersi in posizione eretta. Le sue spalle si erano avvicinate alle orecchie, sempre più strette nel tentativo di tenere le braccia sopra i tasti. Era riuscito a creare rumore, sì, era stato capace di buttare fuori i pezzi che si era impegnato a ricordare. Ma non era riuscito a suonare.
Per qualcuno come Gemma la differenza era irrilevante, ma Harry poteva riconoscerla. Le sue abilità manuali, l’eccitante controllo della situazione, l’energia, la coordinazione... Era tutto sparito, consumato nel dolore, nei crampi e nella disperazione. All’inizio Harry aveva fatto del suo meglio per lavorarci, per trovare un fisioterapista e rieducare il suo corpo distrutto, ma persino dopo mesi di sforzi non riusciva a vedere risultati soddisfacenti. Non poteva più esibirsi, non poteva più sentire quel brivido bellissimo - il fenomeno - attraversargli la colonna vertebrale. Il destino gli aveva tarpato le ali.
Mentre stava seduto a fissarle, le note sembravano chiamarlo, lo invitavano, crudeli. Riusciva quasi a ricordare il sapore del ricordo del fluttuare sopra i bordi lisci dei tasti, del creare sonorità ricche e consolidare linee affusolate di melodia con note basse che rimbombavano in ogni suo osso. Perciò riprovò, cautamente, timidamente, e cercò di allontanare il dolore che lo tratteneva. Un Preludio e Fuga di Bach arrivarono alla sua mente, il numero nove della seconda suite, e lentamente Harry iniziò a farlo funzionare, misura dopo misura, il ricordo che rimaneva lì più di quello che si era immaginato.
A metà, però, la sua mano destra si bloccò; la spalla si immobilizzò quando la schiena si irrigidì. Nessuna parte di lui poteva funzionare se qualcosa rimaneva inguaribile. Non tornerò più come prima, pensava, accogliendo il sollievo della sconfitta mentre lasciava cadere sul petto il mento e iniziava a piangere.
“Harry?”
Si udì un colpo alla porta. Frettolosamente si asciugò gli occhi e si alzò per rispondere.
“Sì?”
Quando aprì la porta, gli occhi grandi di Louis incontrarono i suoi, quei bellissimi occhi blu incorniciati da guance leggermente rosa.
“Non ti vorrei disturbare, ma, uh, Zayn se n’è andato e...” Louis prese un bel respiro e rivelò una giacca con la mano tremante, un bottone, un ago e un filo nell’altra. “Potresti cucirla per me? Sembra proprio che non riesca a farlo.”
Quando Harry prese l’indumento, notò dei rimasugli di sangue lungo le dita di Louis. Sopraffatto dalla compassione, tirò su con il naso, aprì la porta, e fece per sedersi sul letto, facendo segno a Louis di seguirlo.
“Vai in qualche posto carino, allora?” domandò mentre infilava il filo nell’ago e faceva un nodo. La giacca sembrava di buona qualità, anzi, di ottima qualità.
“E’ per un colloquio.” Louis non disse altro.
“Oh, buona fortuna. E’... Un altro coffee shop?” Harry si domandò se avesse dovuto punzecchiarlo proprio quando la frase gli scivolò fuori dalle labbra.
Louis gli sorrise, per fortuna. “No, ho lasciato perdere il sogno di una carriera nobile, come ho detto.” Louis studiò le mani di Harry mentre cuciva, gli occhi concentrati sull’ago che entrava e usciva. “Avevi ragione, comunque: facevo altro. Ma preferirei che mi conoscessi per quello che sono ora. Non ha senso fingere di essere qualcuno che non sono, ed è stancante mentire a me stesso e agli altri.”
Harry finì di appuntare il bottone e prese le forbici che teneva nel cassetto della scrivania.
“Credi davvero che possa essere considerato mentire?”
Louis alzò lo sguardo verso il soffitto. “Mmm, forse no. E’ più un non volere accettare la realtà. Non c’è niente di male ad essere un ‘nessuno’, Harry. La maggior parte delle persone lo sono, sai. Io mi ero illuso che il mio talento mi rendesse importante... Quando nessuno è davvero più o meno importante di qualcun altro.”
Louis controllò il bottone, provandosi la giacca ed allacciandola. L’indumento gli calzava perfettamente, mettendo in risalto i suoi punti più spigolosi e al contempo quelli formosi alla fine della schiena. “Sto imparando ad accettare di non essere nessuno di importante, non avendo nessun capitale sociale né tantomeno valore sociale. E’ davvero assurdo quanto sia deprimente una volta che inizi, quando dici alle persone che non fai nulla di interessante o speciale, né che contribuisci in modo unico allo sviluppo società capitalistica. Ma una volta che ti ci abitui, a non basare il tuo valore solo su quello, ti senti un po’ più libero.”
Le sopracciglia di Harry erano da un bel po’ arcuate, per lo stupore. “Ma non ti manca? Voglio dire, qualsiasi cosa fossi prima.”
Louis non rispose, ma il naso si arricciò in un modo strano. “Grazie, Harry. Sei una salvezza. Augurami buona fortuna”
E Harry non avrebbe distrutto la speranza negli occhi di Louis nemmeno per un miliardo di dollari.
“Buona fortuna, Louis. Spero otterrai il lavoro.”
Louis si aggiustò le spalle della giacca mentre usciva dalla stanza di Harry. “Anche io.”
*
Harry aveva programmato un weekend tranquillo.
Zayn decise di organizzare una festa che mise fine ai piani di Harry meno di cinque ore prima che iniziasse. Normalmente Harry non ci avrebbe dato alcun peso, ma col fatto che fosse dedicata al festeggiare il successo del colloquio di Louis, si sentì obbligato a partecipare.
Il piccolo appartamento si riempì piuttosto velocemente, e anche se quasi ogni invitato portò del vino, in qualche modo continuavano a rimanere senza. Harry aveva di certo contribuito a questa mancanza, mandando giù la sua buona dose di alcolico mentre guardava Louis passare di persona in persona, sorseggiando alcol con una cannuccia dal suo bicchiere mezzo pieno. Anche con le mani tremanti, Louis aveva grazia nei movimenti, una fluidità e disinvoltura che attiravano lo sguardo di Harry.
Più guardava Louis conversare e ridere di gusto, più Harry voleva essere vicino a lui, beandosi della sua luce.
Per la stessa ragione, si tenne a distanza. Non poteva permettersi un altro rifiuto da parte di Louis.
“Harry! O cavoli! Che ci fai qui?” Liam interruppe i suoi pensieri nel momento in cui Harry, in piedi, teneva con cura il suo terzo bicchiere, ma lo abbracciò sorpreso.
“Vivo qui, in realtà. Con Zayn.”
“Davvero? Ma è fantastico. Non l’ho ancora incontrato, Louis mi parla di lui da anni però. E’ una bella festa finora? Tutti sono entusiasti per il nuovo lavoro di Lou.”
Liam prese un sorso di Chardonnay.
“Sai, um, cosa farà di preciso in questo nuovo lavoro?”
“Niall mi ha detto che è simile alla galleria, sai, valuterà nuovi lavori, gestirà anche delle mostre credo, lavorerà con il direttore come assistente più o meno.”
Harry inclinò la testa. “Mostre d’arte?”
Liam lo guardò con un punto di domanda disegnato in fronte. “Sì, Harry. Quanto hai bevuto?”
Harry deglutì e si rimise in ordine la camicia. Era in piedi da un po’ ormai e la sua schiena iniziava a lamentarsi. “Non abbastanza. Non importa, lascia perdere.”
Si allontanò da Liam e scivolò verso il corridoio per raggiungere la sua stanza, chiudendo piano la porta dietro di sé e accendendo la fioca lampada per evitare di farsi notare. Decise di provare a far uscire Louis dalla sua mente.
Scorse il cellulare nella penombra, pensando di guardare un film oppure leggere, ma il chiasso della festa lo cullò in una sorta di rilassatezza e, già sdraiato sul letto, accidentalmente si addormentò.
Ore dopo si svegliò di soprassalto.
“Merda...”
Harry sentì l’imprecazione prima di registrare che qualcosa gli aveva toccato il braccio. Sbatté le palpebre, adattandosi alla poca luce, e si voltò verso l’orologio vicino al letto. Segnava l’1:42.
“Scusami, scusami. Pensavo te ne fossi andato.”
Era Louis.
“Andato? Perché dovrei essermene...” Harry riuscì a mettersi seduto e trovò Louis appollaiato al limite del letto.
“La luce era spenta, lo era da ore. Pensavo che ti avesse dato fastidio tutto quel rumore e te ne fossi andato per stanotte.”
“Quindi...” Harry si strofinò gli occhi, ancora confuso. “Avresti dormito nel mio letto? Perché io non c’ero?” Non che gli desse fastidio. Respirare l’odore di Louis sulle lenzuola si classificava tra le sue fantasie preferite, e il suo cuore iniziò a battere forte solo al pensiero di quella realtà.
“Sì, suona inquietante ora che lo sto dicendo ad alta voce. Ma senti, mi dispiace, Zayn e Liam stanno scopando, e posso sopportare fino ad un certo punto. Il divano é direttamente contro la sua stanza e immaginavo che avresti preferito sapermi qui piuttosto che trovare del vomito su quel bel tappeto. Ma,” Louis si tirò su “sei qui, perciò... Hai dei tappi per le orecchie che potrei prendere in prestito, per caso?”
Harry sentì una profonda macchia di rosso espandersi sul viso, collo e petto. “C-certo. Accendo la luce e, um, le cerco.”
Filò giù dal letto e accese la luce sopra le loro teste. Immediatamente la situazione peggiorò di 20 milioni di volte, perché con la luce accesa era piuttosto chiaro che Louis avesse pianto.
Con i singhiozzi, decisamente: il suo viso era macchiato di chiazze rosse e bianche, gli occhi gonfi e le ciglia appiccicate insieme dalle lacrime. Persino le sue labbra sembravano maciullate nei punti in cui le aveva trattenute con i denti.
Harry non sapeva se ignorare quest’ovvia rivelazione o cercare di dire qualcosa di carino. Optò per la prima opzione.
“Tieni, queste sono nuove, promesso. Nessun residuo di cerume.”
“Grazie,” disse Louis, forzando un sorriso, non alzando mai gli occhi verso Harry. Si avviò verso la porta.
“Lou?” Harry prese il braccio dell’altro uomo e lo strinse delicatamente. “Non mi dà fastidio, se, um, rimani.”
Louis tirò su con il naso e arricciò il naso nel tentativo di sembrare perplesso. “Va bene così, Harry. E’ stato presuntuoso da parte mia.”
“No davvero, ho sentito prima d’ora Zayn scopare, e credimi, i tappi per le orecchie sono piuttosto inutili.”
Louis esitò un momento prima di accettare. Harry spense di nuovo la luce e gattonò al limite del letto. “Un mucchio di spazio, vedi?”
“Proverò a non muovermi troppo, non vorrei urtarti.”
“Nah, non preoccuparti. Non ho dolori quando sono sdraiato sulla schiena.”
Louis lasciò uscire una risata ironica. “Vorrei poter dire lo stesso.”
Un silenzio pesante si insinuò nella camera non appena entrambi si misero comodi sul materasso.
Dopo alcuni minuti in cui solo i loro respiri riempirono l’aria, Harry chiese: “Non era una bella festa?”
“No, no, era carina. Adorabile, davvero.”
Con l’oscurità che lo rendeva più coraggioso, Harry osò: “Non sei arrabbiato per Liam, vero? Tu e Zayn eravate...”
“No, niente di tutto quello. Cioè, sì, Zayn e io scopavamo tanto un po’ di tempo fa, ma solo perchè eravamo gli unici gay nella nostra classe ed eravamo strafatti.” Louis si fermò per sbuffare. “In realtà avevo in mente di farli conoscere da anni. Non pensavo che avrebbe funzionato così velocemente.”
Harry cercò di ingoiare l’improvviso attacco di gelosia che lo soffocava, riconoscendo che fosse alquanto irrazionale. “Capisco.”
Louis si voltò per guardarlo in faccia, la sua voce di miele ancora più morbida di quello che era stata prima. “Piango per via del lavoro, Harry.”
Harry strizzò gli occhi. “Per quello?”
“Sì.” Louis leccò rumorosamente le labbra.
“Mi sono finalmente arreso. Non era mai stato decisivo prima; tutti i lavoretti erano un tentativo di rimandare l’inevitabile, suppongo. Finché avevo qualche entrata potevo dire a me stesso che tutto sarebbe migliorato, che la terapia avrebbe funzionato, che sarei tornato normale alla fine. Ora non mi rimane nulla per fingere.”
Per alcuni minuti Harry immaginò di riuscire a sentire il dolore dell’altro uomo dentro di sé, vero e caldo e soffocante.
“Mi dispiace, Lou,” sussurrò Harry, insicuro su come procedere.
“Non dispiacerti. Quando qualcosa è morto, devi elaborare il lutto, giusto? E’ la stessa cosa con i sogni.”
Brividi attraversarono la pelle di Harry a quelle parole, e prima che potesse contemplare l’intimità delle sue azioni, istintivamente si avvicinò e si tirò Louis contro. Non si erano mai abbracciati prima, ma nel buio, con le loro anime scoperte, sembrava giusto. Louis si sciolse nell’abbraccio e intrecciò le braccia intorno al torso di Harry, appoggiando la testa sotto la clavicola del riccio.
Rimasero in silenzio per un po’, e molte volte Harry si domandò se Louis si fosse addormentato.
“Sei mai stato innamorato, Harry?”
Preso alla sprovvista, con il cuore che batteva forte, Harry rispose sinceramente, ricordandosi troppo bene la conversazione che Louis aveva probabilmente sentito al The Corner. “No.”
“Mi viene difficile crederci.” Louis si accoccolò più stretto a lui dopo queste parole, il petto che si alzava contro il costato di Harry.
“Lou?” Harry incalzò leggermente, insicuro su cosa chiedere. “Tu lo sei mai stato?”
Silenzio. Il respiro del più grande divenne sempre più irregolare e soffocato mentre combatteva contro le lacrime e cercava di fermare i singhiozzi prima che potessero farsi sentire. Harry strinse la presa quando Louis finalmente rispose: “Sì.”
La sua onestà cruda attraversò molte barriere di Harry in una volta sola. “Com’è?”
“Com’è?” ripeté Louis, il petto che ancora singhiozzava.
“Sono sempre stato curioso.” Harry sentì i suoi stessi occhi iniziare ad inumidirsi.
I singhiozzi di Louis divennero una risata flebile. “Non sono sicuro che l’amore sia qualcosa che riesci a descrivere, Harry. Ti possiede, tipo. Mia nonna mi ha sempre detto che era il più crudele tipo di albero, che fa crescere i suoi rami e le sue radici nel tuo corpo, in modo sano e bello finché la sua fonte non si prosciuga. Ma quando la cosa che ami se ne va, non solo l’albero appassisce e muore: si ciba di te.”
“Sembra un gran rischio per un po’ di casino,” rifletté Harry.
“Ovvio che è un casino. Ma se pensi che rimpianga l’aver amato perché mi ha fatto del male, cazzo, cosa sarei senza quello? Come fa la gente a passare la vita non permettendosi di amare? Non puoi davvero provare qualcosa senza essere vulnerabile, senza rischiare. Non riesci a creare arte senza sacrificare la certezza di non provare dolore.”
Harry pensò alle parole da dire e non gli piacquero.  “Io riuscivo. Lo facevo.”
“Ma non puoi, comunque.” Louis sembrava incredulo, la voce commossa che diventava incalzante. “Se non metti l’anima in quello che fai, se non rischi, allora non sei nient’altro che una macchina.”
Harry cercò di allontanarsi, le parole di Louis avevano colpito tutte le sue parti esposte. Sentì lacrime di indignazione pullulare negli occhi.
“Non hai la fottuta idea di quello che ho messo nella mia musica, Louis!” La voce si spezzò con passione, “Non hai la fottuta idea di cosa io abbia-”
Louis lo zittì con un bacio, premendo le sue labbra ferventi su quelle di Harry.
Ogni cosa si fermò, anche l’aria attorno a loro, e mentre Louis gli baciava l’incavo della bocca, la rabbia di Harry si trasformò in bramosia, e aprì la bocca, bisognoso e assetato. Cinque respiri dopo, iniziò a sentire un calore farsi spazio nella profondità dello stomaco; le dita che ora lavoravano la pelle dell’altro, scivolando sotto magliette, ancorandosi a carne morbida. Harry gemette per primo, incapace di trattenere l’emozione repressa di essere consumato dalla bocca di qualcun altro. Dopo un anno di solitudine, il semplice tocco delle labbra di Louis lo fece arrossire e indurire nelle mutande.
Si separarono per respirare e Harry permise alla sua fronte di cadere contro la spalla di Louis mentre allontanava i fianchi dall’altro ragazzo, in imbarazzo.
“Non ti sto facendo del male, vero?” si affrettò a chiedere Louis, le braccia calde che bloccavano Harry dal contorcersi ancor di più.
“N-no…”
“Bene. Lascia che ti baci, allora?”
“Louis, io-” lascia che, come se fosse un privilegio, un'emozione. Come se Louis avesse voglia di baciarlo.
“Tu cosa?”
“Non devi... Fare questo.” Harry cacciò indietro altre lacrime. “Nemmeno io sono un progetto.”
Louis lo schiaffeggiò mentalmente, se lo tirò addosso più vicino, le braccia ferme, pronte, calde. “Ragazzo impossibile, sta’ zitto, va bene?”
Harry ebbe poca scelta quando la bocca di Louis trovò di nuovo la sua e mise fine alle sue parole. Si baciarono finché Harry non perse traccia di dove le sue labbra iniziavano e quelle di Louis finivano. Una calda beatitudine gli scivolò addosso come se la sua mancanza di tocco umano fosse finita nel miglior modo possibile, con Louis che gli leccava la bocca e gli stringeva i fianchi, intrecciando i loro piedi insieme con cautela. Avendo a malapena la forza per sognare, con il turbinio di emozioni che si susseguivano nella sua mente, pensò distrattamente a quanto volesse annusare i capelli arruffati di Louis, sentire il suo battito rapido, baciarlo per sempre.
Si baciarono fino all’alba.
*
Harry si svegliò tardi la mattina seguente, con una coperta leggera addosso e solo. Intontito, si mise seduto, uno strano senso di malinconia gli strattonava il petto. Era deluso che Louis non fosse rimasto. Lentamente si trascinò fino alla cucina, sperando di trovare Louis lì, solo per avere la conferma che la notte precedente non fosse stata un sogno. Invece, si imbatté in Zayn e Liam: Zayn che faceva i pancakes mentre Liam era appollaiato su uno sgabello.
“‘Giorno, Harry,” mugugnò Zayn, non alzando nemmeno gli occhi da quello che stava facendo. “Liam si è fermato a dormire.”
“Lo so,” Harry sorrise dolcemente all’amico del coffee-shop.
“Come lo sai?” chiese innocentemente Liam, un rossore adorabile che gli saliva per il collo.
“Louis è rimasto a dormire nella mia camera perché voi due animali non riuscivate a fare meno rumore.”
Zayn lasciò cadere la spatola nell’impasto.
“Oh.” Liam disse concentrato nel fissarsi il grembo.
“Voi, um, non avete visto Louis stamattina, vero?” domandò Harry, a disagio per la pila di coperte piegate sul divano.
“L’hanno chiamato al lavoro, mi sa che non sarà un gioco da ragazzi alla fin fine,” spiegò Zayn mentre cercava di salvare i pancakes rimasti.
“Meglio così: Louis è impazzito a causa della noia, sono sorpreso che sia durato così tanto nel fare i lavori che ha fatto,” si intromise Liam.
Harry si prese del tempo nel scegliere una banana. “Oh? Perché dici questo?”
“Perché non è assolutamente da lui,” spiegò Zayn questa volta, “Odia le cose ordinarie. Anche a scuola, saltava tutti gli impegni, le scadenze, tutto. Qualsiasi cosa che avesse una struttura che detestava... Ma poi, la merdaccia si presentava allo studio con il fottuto dipinto più bello che avessimo mai visto, e gli davano comunque pieni voti. Lo odiavamo proprio alcune volte,” disse Zayn con un sorriso mentre versava altro impasto.
“Era un pittore?” domandò Harry, il cuore che scalpitava ora, vicino alla verità.
“Sei serio, Harry?” Liam gli toccò la spalla, “Non lo sapevi? Metà dell’arte nel mio negozio è di Louis. Per lo più quelli che considerava non abbastanza belli da vendere, perchè diamine, di certo non posso permettermi la sua roba più popolare-”
“Le ragazze nel campo di papaveri?” interruppe Harry, la voce che si spezzava.
“Sì, quello è suo.”
Harry sbatté le palpebre lentamente e si appoggiò al frigorifero. Dio. Cazzo.
Zayn lo fissò. “Ma che ti prende, eh? Se eri curioso, avresti potuto chiederlo tu stesso a Louis, non è timido al riguardo.”
“Forse sono io timido al riguardo,” Harry ribatte aspramente, una punta di fastidio nei confronti di Zayn, forse dovuta anche alla confessione della notte precedente di Louis.“Cosa gli è capitato?”
Zayn spense il fornello. “Distonia focale.”
Harry restò a bocca aperta per un momento. Aveva conosciuto un trombettista con la stessa condizione e ricordava le storie dell’uomo riguardo il non essere all’improvviso più in grado di produrre un suono con lo strumento. L'uso ripetitivo di nervi che alla fine facevano cilecca e causavano la malattia, e nessuno capiva come trovare rimedio a questi sintomi tragici che ti cambiavano la vita. “Come... Come diamine...”
“Faceva un sacco di dipinti, Harry. Lavorava dieci-dodici ore al giorno, con quei fottuti pennelli tra le mani. I neurologi hanno detto tutti che è stato incredibilmente sfortunato.”
La malattia risiedeva interamente nel cervello e non vi era cura, anche se Harry ricordava di aver letto da qualche parte che alcune volte si annullava per nessuna apparente ragione.
“Perciò Louis lavorava per te nel coffee shop aspettando di vedere se... Se fosse tornato a dipingere.”
“Yep.” Liam immerse il pancake nello sciroppo e fece un occhiolino a Zayn come ringraziamento, che sorrise e iniziò a imburrare il proprio.
“Era, um, davvero devastato quando è successo?”
“Non voglio fare questo discorso davanti ad una bella colazione, e inoltre, non posso davvero rispondere per lui. Ma sì, Louis era a pezzi. Era innamorato della pittura, più di qualsiasi altra cosa.”
Zayn mise fine alla discussione e Harry se ne tornò in camera con la sua banana.
La mangiò senza far rumore, lasciando che il silenzio della tarda mattinata gli penetrasse la pelle.
Sì sentì fortunato, d’improvviso, incredibilmente fortunato, che riuscisse ancora a toccare i pulsanti del suo pianoforte. Per un’ora rimase seduto, crogiolandosi nei suoi pensieri, per la prima volta grato che le cose non stessero andando peggio del solito.
Con nuovo rispetto, si sedette al piano per la seconda volta quella settimana e alzò il coperchio. La schiena ebbe uno spasmo, ma ignorò il tutto, scegliendo invece uno dei suoi pezzi preferiti - Glinka’s The Lark - nota dopo nota, il suo cuore che andava a tempo mentre le scale musicali si susseguivano fluide in progressione.
In quel momento niente, nemmeno il dolore, poteva trattenere Harry dal disegnare scale melodiche con la musica; cazzo se gli era mancato.  Le dita si fermavano diverse volte quando le spalle si bloccavano, i muscoli serrati che si rifiutavano di muoversi, ma continuò, respirando attraverso il dolore, facendo quanto poteva per allungare la colonna vertebrale verso il soffitto e non sentirsi incastrato come un uccello in un nido.
Suonò la penultima sequenza, chiudendo gli occhi e ascoltando avidamente mentre le armonie riempivano l’aria, il piacere dei loro toni dipendeva solo dall’ultimo accordo ancora non suonato. Ritardò l’esecuzione per un pelo rispetto a quello che avrebbe dovuto perché una volta finito il pezzo, avrebbe voluto ricordarlo. E per un momento, fu trasportato in un altro mondo.
Per un momento, quasi sentì quel fenomeno magico.
“E’ bellissimo.”
Harry si spaventò e aprì gli occhi. Louis era in piedi contro lo stipite della porta, le braccia conserte, il viso pieno di qualcosa come tristezza.
“Sei un bugiardo, Harry Styles.”
Harry lo guardò, scioccato.
“Io... cosa?” Riusciva a sentire il calore arrivare al viso.
“Mi hai detto che non sei mai stato innamorato.” Louis camminò verso di lui e gli prese la mano, non per accarezzarla né per tenergliela, ma per esaminarla.
Se la rigirò e fece scorrere le dita sopra quelle di Harry, accarezzando le vene delicate del suo polso e percorrendo la pienezza del suo palmo.
“Suoni anche se ti fa stare male. Non puoi stargli lontano, nonostante il dolore. Stavi piangendo, sai.”
Harry istintivamente si accarezzò il viso con l’altra mano e lo trovò bagnato.
“Devi suonare, ne hai bisogno. E questo è amore. Questo è quello che le persone fanno, amano anche quando le fa a pezzi, anche quando il dolore è troppo. Quindi sai com’è. E’ così che è l'amore.”
Harry non rispose. Non riuscì. Solo una metà di lui capì.
“Non dovresti arrenderti. C’è ancora della speranza per te. Dio, se solo io avessi ancora quella... Se ci fosse solo la più piccola possibilità di poter riavere indietro quello che ho perso-” Louis si chinò e baciò le nocche di Harry. “Non lasciare che lo sconforto vinca, Harry.”
Harry non riusciva ad incontrare gli occhi di Louis. Una parte di lui voleva ritirarsi nel suo bozzolo, in quel posto sicuro di dolore e sofferenza in cui poteva compiacersi, in cui non doveva provare, in cui non doveva rischiare di vedere i suoi tentativi fallire.
Nel punto in cui la mano di Louis teneva la sua, ancora una volta non tremava, l'incontro delle loro pelli era immobile e meravigliosamente caldo.
Arrendendosi a quella strana fame, Harry esitò solo un momento prima di baciare Louis alla luce del giorno.
“Pensavo di averlo sognato,” biascicò mentre le mani di Louis trovarono la dolorosa irritazione della parte bassa della sua schiena e premettero lì delicatamente.
“Anche io.”
Lentamente, Louis lo guidò all’indietro finché non inciampò ancora una volta sul letto di Harry. Lo fece sdraiare sulla schiena e strisciò verso l’alto per mettersi a cavalcioni sui suoi fianchi, le loro labbra che non si allontanavano mai. Mentre il corpo di Louis scendeva sempre più in basso, i loro baci si facevano sempre più pigri.
Alla fine i loro inguini si toccarono e Harry si lasciò scappare un piccolo gemito disperato, il peso di Louis contro di lui che gli faceva venire l'acquolina in bocca, tentandolo.
Harry era disposto a leccare dentro la bocca di Louis per premere ancora più vicino i loro corpi per il resto della giornata, ma Zayn chiamò dalla cucina e ruppe il loro momento, domandando a voce alta dove il riccio avesse nascosto l’origano,
“L’ho rubato io,” confessò Louis con un gemito nella bocca rovinata di Harry, “L’ho spostato dal mobiletto al davanzale ieri. Zayn è troppo particolare se si parla di ordine.”
“Oh…”
“Dovrei, ehm, andare a prenderglielo.”
“Giusto.” Harry leccò la saliva dagli angoli delle sue labbra e lo guardò senza poterne fare a meno mentre Louis scivolava dal letto arrivava alla porta di Harry, sistemandosi la frangia in disordine prima di uscire.
“Lou?” lo richiamò, disperato, per assicurarsi che quella non sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe assaggiato la sua bocca. “Puoi sempre usare il mio letto, lo sai.”
Con un quasi impercettibile bagliore negli occhi, Louis annuì, le mani che tremavano ancora di più appoggiate ai fianchi.
“Grazie, Harry. Lo apprezzo.”

Flawless || Italian TranslationDove le storie prendono vita. Scoprilo ora