Era un giorno come tanti quando suo padre,
re del Paradiso,
o se preferite Dio,
lo fece convocare nella grande sala.
Aveva paura,
aveva timore di non esser stato ciò che doveva,
aveva paura che suo padre lo punisse.
Ma non era quello il giorno.
Louis non lo sapeva,
ma era un giorno speciale.
Quando entrò nella grande sala,
una calda accoglienza gli venne riservata da suo padre e non poté non sorridere.
Sorrise mostrando le rughette intorno agli occhi azzurri.
Suo padre lo fece accomodare su di una grande poltrona fatta solo di nuvole,
calda e fredda allo stesso tempo,
umida e asciutta,
comoda ma scomoda.
Aveva ancora il sorriso quando suo padre gli prese le mani timorose.
Suo padre invece aveva una stretta che voleva dimostrargli rassicurazione,
che ciò che stava per dire era un bene.
La voce del padre entrò nella sua testa calda e lenta,
mentre le labbra secche e un po screpolate del padre dettavano il ritmo di quelle parole.
La voce calda era accogliente e non mostrava alcuna paura.
Ciò che gli disse il padre gli sembrava però impossibile,
eccitante ma pericoloso allo stesso tempo.
Lui amava le sfide e quella che il padre gli stava dando,
era un possibilità per dimostrarglielo.
Ciò che gli disse il padre era più un ordine che una richiesta di aiuto.
Aiuto a lui,
che amava correre per i prati verdi e splendenti del Paradiso,
a lui,
che amava disubbidire alle regole del padre,
a lui,
che cercava di essere ribelle ma rispettoso.
La richiesta era ben precisa.
Andare sulla Terra,
liberare le anime degli umani dal figlio ribelle di suo padre Dio,
Lucifero.
Lucifero era stato bandito già da molti secoli,
era diventato troppo ribelle per restare nel Paradiso,
era diventato ossessivo,
era diventato cattivo nel bene,
era diventato tutto ciò che suo padre non amava.
Ma forse,
invece,
lo amava più di quello che voleva far credere.
Era caduto secoli prima,
quando lui invece era sempre stato un angelo rispettoso.
Da quando Lucifero però era caduto,
anche Louis aveva l'istinto di disubbidire e il padre,
con quella richiesta di aiuto,
voleva riportarlo sulla buona strada.
Non sapeva se ci sarebbe riuscito,
dal momento che Lucifero aveva grande potere sugli umani,
e su suo figlio Louis.
Temeva che anche suo figlio,
una volta sceso in Terra,
sarebbe potuto cadere nella rete del figlio ribelle.
Sperava,
in cuor suo,
che suo Louis tornasse in Paradiso così com'era un tempo.
La voce era ancora calda,
ma adesso,
aveva un'inclinazione di timore e Louis se ne accorse.
Sentiva la paura di suo padre,
sentiva il timore che nascondeva nelle sue parole,
le sue mani,
erano ora più salde a quelle di Louis.
Dopo che finì di spiegare,
il padre si alzò dalla sua poltrona dicendogli di prepararsi.
Louis lo seguì alzandosi con un mezzo sorriso,
quello con le rughette,
quello che riservava solo a chi si fidava,
ma in quel momento le sue rughette non uscirono,
perché suo padre gli disse,
che se sarebbe tornato come suo fratello ribelle,
avrebbe mandato via anche lui.
Aveva paura,
ma non lo mostrò.
Suo fratello era molto persuasivo e molte volte andava a fargli visita in camera,
quando in Paradiso tutti dormivano.
Suo fratello era in grado di farlo sorridere,
ma non come faceva il padre.
Con lui era se stesso.
Mentre si alzava dalla poltrona,
sentì le gambe molli,
il petto pesante e la testa girar,
ma non diede segno di cedimento.
Uscì in fretta dalla grande sala e invece di andare in camera come gli era stato detto da suo padre,
deviò per il prato verde.
Corse con quanto fiato aveva in corpo,
corse fino a sentire le lacrime pizzicargli gli occhi nel tentativo di uscire,
sentiva un nodo in gola per lo sforzo di correre e per il star trattenendo le lacrime.
Ma non pianse,
strinse denti e pugni e aumentò la velocità.
Corse senza sapere dove andare di preciso,
corse fino a ritrovarsi davanti al bosco proibito.
Non poteva entrare li dentro,
perché suo padre gli raccontava che li,
suo fratello Lucifero,
iniziò ad essere cattivo,
iniziò a ribellarsi,
iniziò ad essere un angelo disubbidiente.
Li suo fratello fece in modo di far diventare le sue ali da bianche a nere con sfumature di rosso,
li suo fratello aveva lasciato ciò che di più bene esiste e prese tutto il male esistente.
La lussuria,
la voglia di comandare,
di ribellarsi,
di esser crudele,
di esser quello che suo padre non amava.
Lui era li davanti,
col fiatone,
con l'istinto di entrare e guardare ogni particolare,
di sperare di vedere suo fratello tra quei tronchi morti e pieni di dolore.
Si guardò in giro,
controllando che non ci fossero guardie,
controllando che l'occhio attento di suo padre non lo vedesse e poi,
con decisione,
entrò in quel bosco proibito.
Entrò passo dopo passo,
lentamente,
toccando con le punte delle dita quei tronchi morti.
Entrò fino ad arrivare nel centro,
dove trovò una struttura strana,
sembrava un angolo di casa,
sembrava un rifugio dove probabilmente suo fratello si nascondeva.
Piano si avvicinò ad essa,
con un tocco delicato sfiorò la superficie di legno freddo di quella porta che lo separava da quel rifugio.
Diede una lieve spinta ma la porta non si aprì.
Probabilmente troppo vecchia,
si ritrovò a pensare.
Guardò attentamente ogni particolare di quella porta e notò una piccola fessura in alto.
Avvicinò le dita ad essa e la sfiorò,
notando che quella non era una semplice serratura.
Era circolare,
piccola,
ma circolare.
Non era profonda e non si poteva inserirvi il dito,
non si poteva osservarne l'interno.
Si toccò istintivamente la collana che portava sempre al collo.
Quella collana,
che gli venne regalata da suo fratello.
Quella collana,
che simbolizzava la loro unione.
Quella collana,
che il solo sfiorarla lo faceva tranquillizzare.
La tolse con un movimento lento dal collo,
facendo alzare i capelli castani e morbidi in un movimento ondulare seppur erano corti,
la tenne tra le mani e ci giocò appena con le dita.
Sfiorando la superficie notò che aveva un piccolo rigonfiamento circolare,
e alzò lo sguardo sulla serratura istintivamente.
L'avvicinò piano ad essa ed era perfettamente coincidente.
La spinse lentamente all'interno e un colpo secco si levò nel silenzio di quel bosco.
La porta si aprì cigolando appena.
Tolse la collana e la rimise al collo velocemente spingendo poi con le dita la porta.
Appena entrò sentì freddo,
come se le porte fossero spalancate e dalle finestre entrasse un vento gelido,
eppure,
quel piccolo rifugio,
non aveva finestre.
Entrò a passo lento,
sfiorò la superficie di quei mobili vecchi e polverosi.
Sfiorò i libri ancora li sopra,
polverosi e antichi.
Ne aprì uno e iniziò a leggerlo.
Non ci capiva niente,
era scritto in numeri,
era un codice e voleva scoprire quali segreti nascondessero quelle pagine.
Richiuse il libro e si guardò in giro.
Su di una parete c'era qualcosa che conosceva,
c'era l'ombra delle ali,
ali nere e rosse,
li suo fratello aveva sicuramente avuto la sua trasformazione.
Istintivamente aprì le proprie ali e mentre si avvicinava a quell'ombra senti un richiamo.
Era suo padre che lo cercava,
velocemente fece rientrare le ali,
corse fuori e chiuse la porta assicurandosi che non si aprisse,
corse fuori dal bosco e si diresse da suo padre.
Quando arrivò non accennò a nessun sorriso,
era troppo immerso nei suoi pensieri.
Il padre gli prese le mani e ne diede un bacio leggero su di esse.
Un brivido di freddo percorse la schiena dritta di Louis.
Inarcò appena la schiena e tolse le sue mani da quelle del padre che piegò appena le sopracciglia in un'espressione di preoccupazione.
Alzò le spalle e aspettò che suo padre gli parlasse e così fu.
Gli comunicò che era il momento di andare sulla Terra,
era arrivato il momento di lasciare il Paradiso,
di lasciare casa.
Il padre mise una mano sulla schiena dritta del figlio e gli diede una leggera spinta verso la grande sala.
Ma non si fermarono lì davanti.
Passarono oltre,
si diressero verso il centro del Paradiso.
Appena arrivarono,
lui alzò lo sguardo notando quanti angeli ci fossero,
quanti erano lì per assistere.
Sospirò appena e suo padre se ne accorse perché strinse la presa sul suo fianco sorridendogli come per incoraggiarlo.
Lui sbuffò internamente e finse un sorriso.
Arrivarono al centro tra gli angeli.
Suo padre iniziò il discorso di addio.
Lui guardava tutti,
ma Louis aveva lo sguardo basso,
preso dai pensieri iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore.
Lo mordicchiò così forte da fargli sentire il sangue che scorreva al suo interno.
Suo padre lo spinse appena verso le scale.
Le scese lentamente arrivando davanti ad una grande porta.
Da li entravano le anime che finivano in Paradiso.
Ma quel giorno,
quella porta,
si stava aprendo per far uscire un'anima.
La sua.
Era felice ma anche terrorizzato,
voleva correre verso il rifugio di suo fratello,
scoprire e imparare ciò che il padre non voleva che sapesse.
Senza voltarsi indietro,
senza guardare suo padre,
senza guardare quegli angeli,
attraversò la porta.
Sentì bruciore in tutto il corpo e trattenne un urlo.
Chiuse gli occhi tanto da fargli male e solo quando sentì di avere i piedi per terra decise di riaprirli.
Si guardò in giro,
era buio,
si trovava in un bosco,
ma non come quello che conosceva,
non come quello proibito.
Era un bosco umano,
se ne accorse perché sentiva la vita che emanava.
Prese un lungo respiro e si guardò.
Indossava degli abiti che non conosceva.
Aveva un paio di scarpe nere e bianche.
Indossava un pantalone stretto che gli fasciava perfettamente le gambe lunghe e slanciate.
Indossava una maglia nera a maniche corte con un disegno impreciso bianco e rosso,
e sopra di essa una giacca di jeans.
Si avvicinò a quello che gli sembrava un lago.
Un lago vero,
non fatto di nuvole,
ma fatto di acqua che rifletteva la luna piena e splendente.
Si guardò e si riflesse perfettamente.
Aveva capelli castani,
con ciocche più chiare e alcune più scure.
Aveva degli occhi azzurri,
quasi di ghiaccio e splendenti,
che riflettevano la luna.
Aveva delle labbra sottili e rosee.
Si sistemò la giacca e si guardò ancora.
Si,
sembrava un umano.
Sospirò e si diresse verso la fine del bosco,
guidato dalla luce della luna.
Arrivò in prossimità di tanti edifici e dedusse fosse un centro abitato.
Sospirò ancora e si diresse verso una di esse.
Bussò piano ma deciso,
aspettò qualche minuto.
Solo quando la porta si aprì si accorse di non sapere cosa dire.
Abbassò il capo,
e una signora anziana,
dinanzi a lui,
gli sorrise e lo fece entrare.
Lo fece accomodare su di una poltrona di pelle,
più confortevole di quelle fatte di nuvole.
La signora gli fece una cioccolata calda.
Vigeva un silenzio confortevole,
uno di quelli in cui puoi starci per ore.
Quando la signora tornò si sedette difronte a lui e gli sorrise ancora.
Iniziò a presentarsi e gli fece domande molto dolci e gentili.
Lui rispose creandosi una storia ed un passato.
Iniziò raccontando di se mentendo.
La signora lo invitò a dormire da lei per quella notte e Louis accettò un po titubante.
Quando la signora lo diresse verso una camera da letto ne guardò i particolari.
Una stanza bianca e semplice.
Pochi mobili di legno antico.
Un letto a baldacchino.
Gli sembrava comodo e ci si sedette sopra.
Sentì un peso sugli occhi e si stese addormentandosi quasi immediatamente.
La signora sorrise e gli augurò la buona notte uscendo dalla stanza,
chiudendo la porta,
lasciando così il ragazzo,
nel silenzio della notte.
Sentiva i passi della signora dirigersi verso un'altra stanza,
poi si addormentò completamente.