Nero.

62 8 25
                                    

Un battito, poi un altro.

L'amaro suono del mio cuore squarcia il silenzio che regna nella mia stanza esattamente come un tuono fa con il cielo.

E lo odio. Il mio cuore intendo.

Lo detesto da quattro lunghi anni, da quando quel giorno non è stato capace di mettersi al riparo da quegli occhi maledettamente belli, da quelle iridi nere come le tenebre in cui mi sono immersa innumerevoli volte, tanto da rimanerci intrappolata dentro.

E forse lo sono ancora, intrappolata in quell'oscurità.

L'ho odiato perché ha lasciato che quei sorrisi, belli come un raggio di sole che illumina una stanza buia, guadagnassero campo, lentamente, fino a prenderne interamente possesso.

L'ho odiato per non essersi accorto che nonostante mi amasse e nonostante stesse bene con me, in realtà lui non stava bene con il mondo.

L'ho disprezzato perchè quegli occhi hanno provato a parlargli e hanno urlato, seppur in silenzio, che la gente è capace di opprimere per poi distruggere tutte le meraviglie che non comprende, doveva capirlo, il mio stupido cuore, che le lacrime nere che scendevano fino a morire sulle nostre labbra unite non erano altro che avanzi di quel dolore che traboccava fuori di lui, incapace di tenerlo ancora dentro.

Incapace di mostrarsi forte, incapace di vivere come se andasse tutto bene: ma il mio cuore non è stato capace di udire i suoi silenzi, quei maledetti silenzi assordanti.

Eppure avrebbe dovuto capirlo quando quei baci supplichevoli narravano di un dolore che lui non poteva sopportare e che io non sapevo affrontare.

Mi hanno dato ogni cosa bella, quelle iridi scure come la notte: mi hanno dato amore, mi hanno promesso felicità, mi hanno guardata come se fossi la cosa più bella, come se non credessero che fossi reale.

E allo stesso modo, spegnendosi, mi hanno tolto tutto, svuotandomi.
Inevitabilmente.

E ho provato ripugnanza per il mio cuore, quando ho letto quella stupida lettera, quella in cui affermava di amarmi, in cui diceva che ai suoi occhi rappresentavo quella purezza che avrebbe sicuramente contaminato.
Ha scritto che i miei sorrisi erano capaci di allontanare per un po' quel buio che si portava dietro e che tra le mie braccia riusciva a trovare quella tanto desiderata pace che per lui era troppo effimera.

E lui, il mio cuore, non lo aveva capito in tempo per salvarlo.
Per salvarci entrambi.

Avrei voluto strapparlo via dal petto non appena i miei occhi lo hanno visto per terra, il corpo cereo tra lo scarlatto del sangue.
Poi ho incontrato i suoi occhi, immobili e vuoti.
Le iridi nere in cui ho sempre amato immergermi non avevano nulla con cui coprirmi e al contrario mi hanno spogliato.
Dapprima un urlo ha lacerato l'aria, poi le mie ginocchia hanno ceduto e mentre i dottori cercavano di portarmi via la mia mente non riusciva a pensare ad altro se non al sangue sul mio corpo: sui palmi delle mani, sulle gambe, sul viso. E ho desiderato non provare altro.

E adesso lo odio perchè continua ancora a battere, nonostante io abbia cercato di soffocare il suo grido: quell'odioso pulsare che mi rimbomba nelle orecchie squarciandomi, strappandomi in due e lasciando soltanto una voragine incolmabile dentro di me.

Mi guardo intorno mentre mi accorgo di non riuscire nemmeno a versare una lacrima, una in più, e vedo solamente tanto buio, ma non mi mette timore nè irrequietezza.
L'oscurità è la mia luce.

Mi ricorda che il nero è capace di nascondere ogni cosa, mostrando solo ciò che vuole mostrare.
L'oscurità nasconde, ma le cose belle non possono essere coperte.

Mi ricorda i suoi occhi, tanto misteriosi quanto meravigliosi, capaci di avvolgermi lasciando fuori ogni emozione, ed è proprio per questo che l'oscurità è la mia luce, perchè fa troppo male provare qualsiasi cosa.

Fa troppo male essere consapevole che la mia intera esistenza ormai sarà segnata dal nero e vorrei dimenticarmi di lui ma non ci riesco.
Mai mi libererò del suo dolore, del mostro che lo opprimeva giorno e notte.

E adesso, quando alzo le maniche, vedo le cicatrici di quei tagli che forse rappresentavano un tentativo di stare ancora vicina a quegli occhi o un modo per farmi beffe di loro: guardatemi, anche io posso togliermi la vita, anche io posso farla finita, non sei l'unico angelo a poter cadere.

Sorrido, però, mentre ammiro quelle linee di pelle sbiadita, quelle che rimarranno come segno del dolore che il mio cuore ha voluto provare e sorrido perché non sono nulla se confrontate con i segni che porto sulla schiena, sono quelli i veri pesi.

Le cicatrici che ho sulla schiena forse non saranno evidenti come quelli che ho sui polsi ma sono più dolorose perché mi ricordano che come ad un angelo, quando cade, vengono strappate le ali a me sei stato strappato tu, dalla pelle, dalle ossa.

Ma sono ancora in piedi, travolta da questo dolore, da questa oscurità che mi fa sentire tanto al riparo da volerci restare, mi fa sentire stretta a te ancora una volta, tra le tue braccia, sommersa dal nero dei tuoi occhi, ecco perchè voglio rimanerci al buio.

E magari combatterò, più avanti, per restarci, ma io resto qua perché seppure lontana dalla luce, la vita, vale la pena di essere vissuta.

brani per "writing competition"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora