§ Capitolo 1

686 21 3
                                    

La porta si schiuse lentamente, disegnando una scia di luce più chiara nell'atrio ancora immerso nella penombra. Dentro si respirava quel tipico odore stantio di chiuso, giacché nessuno vi aveva messo piede per l'intera estate: l'ambiente, così anonimo, a un primo impatto pareva desolato.

Il ragazzo che teneva in mano la pianta dell'edificio, tuttavia, non parve badarvi più di tanto e avanzò all'interno, premendo sul muro l'impolverato interruttore della plafoniera. Fece anche per sollevare la valigia, ma il compagno subito lo fermò: ― No, lascia, te la porto io.

― Grazie. L'hai tenuta per tutto il tempo, mi sembra di approfittare.

― Ah! ― Lawrence gli fece cenno con la mano di non preoccuparsene. ― È leggera, non capisco come tu possa averci fatto entrare ogni cosa. Su, vai... lanciati all'esplorazione del cubicolo!

E giusto come tale poteva chiamarsi, viste le anguste dimensioni. Nicholas si scrutò intorno, nell'unica stanza in comune dell'alloggio: il piccolo televisore incassato in una libreria dozzinale, un semplice divano beige, qualche mobiletto. Nella parete opposta all'entrata sorgeva una grande finestra dalla tenda chiara, mentre nelle altre si aprivano le tre camere degli studenti che vi avrebbero alloggiato.

― Ah-ah, le targhette sopra le porte! ― richiamò l'attenzione il suo amico, correndo a leggerle una per una. ― Dunque, vediamo... P.R., J.H.... ah, ecco: N.B., questa è la tua, ― concluse indicando quella nella parete di destra. ― Sembra proprio che siamo arrivati per primi. D'altronde non stento a credere che gli altri si siano perduti nei meandri di un simile mostruoso labirinto. Solo un cervello come il tuo poteva decifrare la mappa: avessi dovuto farlo io da solo, sarei ancora in giro col naso per aria a elemosinare informazioni dagli studenti più adulti che per prendermi in giro mi avrebbero spedito dritto nella toilette delle donne... figuriamoci. Beh, speriamo che almeno siano simpatici, questi tizi. Simpatici e magari non tanto belli, ― aggiunse, già con una punta di gelosia nello sguardo.

Intanto Nicholas si avvicinò e infilò nella serratura la chiave che gli era stata consegnata. L'effetto fu lo stesso del resto, ma in fondo non era meno di ciò che si aspettava.

― Certo, però, che è piuttosto spoglio, ― commentò invece Lawrence con delusione. ― Da fuori sembra una reggia, è impressionante. Qui dentro invece non ha granché di poetico. Uffh... l'idea di lasciarti qui mi piace sempre di meno, ma non ho scelta. ― Sospirò.

― Le camere sono tutte così, ― mormorò l'altro spalancando gli scuri della finestra sulle fronde ramate degli alberi.

― Perlomeno non avrai problemi a sgattaiolare via senza farti vedere, ora che ti ho insegnato come si fa. ― Gli andò vicino e da dietro gli cinse la vita con le braccia, accostandogli al volto le labbra piegate in un affettuoso sorriso.

― Qui non ho bisogno di fuggire di nascosto dalla finestra, ― gli ricordò Nicholas. ― Non c'è nessuno che mi controlli.

― Vero. ― Altro sospiro. ― Voglio che questa stanza diventi bellissima, dovresti personalizzarla. Ecco, per esempio, io metterei proprio lì una gigantografia di noi due abbracciati. Che ne dici?

Nicholas sorrise lievemente. ― Sai che non potrei farlo: gli altri miei coinquilini comincerebbero subito a pormi domande imbarazzanti.

Già, e Lawrence sapeva quanto detestava che la gente scavasse nella sua sfera personale: solo lui, fino ad allora, con la sua esagerata cocciutaggine era riuscito ad abbattere la barriera inscalfibile che quel bellissimo ragazzo aveva eretto attorno a sé, e non senza attraversare un mare di difficoltà. Ad azzardare un paragone, per lui Nicholas era come un'ostrica di madreperla, di quelle che si trovano nei mari tropicali e che i ricercatori sono costretti a forzare con un coltello per scoprire la rara e pregiata perla che si trova all'interno.

Algid loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora