Sole Sommerso

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Sbuffò, il suo respiro carico di frustrazione. Il clacson dell'auto di Mel continuava a suonare insistentemente, un suono stridente che sembrava amplificarsi contro il silenzio della casa semivuota. Ogni secondo che passava sembrava più lento, come se il tempo stesso si fosse fermato per osservare la sua crescente impazienza. Suo fratello, però, non dava segni di vita dietro la porta del bagno, chiusa a chiave, il suo silenzio diventato un ostacolo insormontabile. Ogni volta che dovevano uscire insieme, Kelly si sentiva come se lo stesse spingendo a venire con loro.

Ogni minuto che passava amplificava il senso di impazienza che cresceva dentro di lei. Non importava quanto lui fosse in ritardo, non importava quante volte lei lo sollecitasse, lui lo faceva a posta. Era come se, per lui, la frustrazione di sua sorella, che si faceva strada ogni volta che le sue richieste non venivano soddisfatte, lo divertisse.

Ogni movimento che faceva sembrava più frenetico rispetto al fratello, che, dall'altra parte della porta, restava in silenzio, a volte ignorando completamente l'accorciarsi del tempo. La bionda, nel frattempo, si spostava da una parte all'altra della stanza, i suoi passi rapidi e nervosi. Indossava una maglietta bianca semplice, la stoffa che si aderiva leggermente al corpo ogni volta che si muoveva, e dei jeans chiari, strappati sulle ginocchia.

Dentro si sentiva tutt'altro che rilassata. I suoi capelli erano legati in una coda alta, qualche ciocca che sfuggiva e cadeva davanti agli occhi, il che la costringeva a sistemarli ripetutamente con un gesto veloce ed impaziente. Le sue mani si stringevano e si rilassavano.

Il rumore del clacson fuori dalla finestra si mescolava al suono ovattato della musica che usciva da dietro la porta del bagno. Il battito del cuore della ragazza sembrava sincronizzarsi con il suono del rumore incessante del clacson, ogni battito un po' più veloce, un po' più irregolare. Cercò di concentrarsi sul respiro, cercando di mantenere la calma, ma il pensiero che suo fratello fosse ancora lì dentro, l'inquietava. Ogni volta che lo sollecitava, lui sembrava farsi più distante, come se le sue parole fossero semplici rumori di fondo, ignorate senza nemmeno il minimo sforzo di risposta.

— Eddie! MUOVITI! — urlò di nuovo, la voce che risuonava nel corridoio vuoto, sembrava quasi che le rimbalzasse nelle orecchie. Non c'era risposta. Ancora. La porta di legno davanti a lei era diventata l'unica cosa su cui riusciva a fissare lo sguardo, come se concentrarsi su quei dettagli potesse far scorrere più in fretta il tempo. Il legno scuro, venato, sembrava prendere vita sotto il suo sguardo, quasi come se volessero raggiungere qualcosa o qualcuno... Qualche crepa qua e là e un leggero scolorimento, che rendeva la porta ancora più vissuta erano il segno che aveva lasciato il passare degli anni.  Una piccola incisione nel legno catturò la sua attenzione, un simbolo che sarebbe passato inosservato per chiunque altro, ma che per lei aveva un significato profondo, quasi magico, legato a un passato che non voleva lasciar andare. Un ricordo della sua adolescenza, un legame che le scivolava tra i pensieri come una vecchia melodia che non riusciva mai a dimenticare. Capace di evocarle una miriade di ricordi legati al suo gruppo di amici.

Si spostò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, gesto automatico che faceva ogni volta che sentiva un'improvvisa tensione accumularsi nelle spalle. Sbuffando di nuovo, stavolta con un'aria più di rassegnazione che di vera frustrazione, sperava solo che suo fratello potesse finalmente lasciarsi andare, trovare qualcosa che lo facesse sorridere davvero, al di là della sua apparente apatia.

Ogni volta che guardava Eddie, si chiedeva se stesse davvero cercando di cambiare, se quella corazza che indossava ogni giorno fosse una protezione, o semplicemente il suo modo di essere. Anche se lui non lo mostrava mai apertamente, lei sapeva quanto si sentisse più tranquillo quando Luke era al suo fianco. Era come se, con lui, riuscisse a trovare una pace che non trovava altrove, come se la sua presenza fosse il solo antidoto a quell'inquietudine che altrimenti lo divorava. Kelly non poteva fare a meno di chiedersi cosa ci fosse sotto quella corazza di indifferenza che il fratello sembrava indossare ogni giorno. A volte pensava che fosse solo una facciata, una maschera che lui si era costruito per proteggersi dal mondo che vedeva tutti i giorni a lavoro, ma altre volte si chiedeva se non fosse proprio quella la sua natura. In quel momento, mentre il rumore del clacson penetrava i suoi pensieri, lei sentiva una stretta al cuore, come se l'impotenza di non riuscire ad aiutarlo fosse un peso che si stava accumulando dentro di lei.

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