Capitolo 3

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Nuovamente seduto nella sala d'attesa del pronto soccorso, si sentì ormai un "cliente fisso".

"Peggio per te...". Continuò a pensare alle ultime parole di Ermelinda. "Speriamo non sia successo nulla a Marta e al... bambino". Mise le mani nei capelli. "La catenina...". Quella volta, frugando nelle tasche, trovò il portafortuna che gli regalò zia Cinzia. Stringendola tra le mani, pregò per la prima volta in vita sua. Alle sue parole si aggiunsero alcune voci lontane, una specie di litania infantile.

"N-no...". Anche stringendo forte la collana, il coro fanciullesco non accennò a diminuire. "Via! Via! Andate via!".

"Come? Sono appena arrivato!". Alzando il capo vide una figura longilinea sulla porta.

"Mi scusi, dottore". Si alzò correndo verso il medico occhialuto. "Come sta?".

"La stiamo portando in reparto. Ha avuto una forte crisi di disidratazione, dovrà stare qui qualche giorno.

"Ah... cosa ha provocato la crisi?".

"Probabilmente il caldo. Non è troppo indicato per una donna incinta passeggiare con queste temperature".

"C-capisco... e... il bambino?".

"Tutto a posto, si tranquillizzi".

Per niente rilassato, Gianni salì al primo piano. Nella stanza numero sette vide Marta distesa sul letto, il colore della pelle si confuse con il bianco delle lenzuola.

"Cicciotto...". La vista del marito la sollevò un po' dalla penosa condizione.

"Amore!". Gianni la ricoprì di baci come avesse ritrovato il dono più prezioso della sua vita. "Non andremo mai più fuori con sto caldo...".

"Non so se è stato il caldo...".

"C-come?". Le strinse la mano sedendosi sul letto.

"Quella donna...".

"Quale donna?". Gianni iniziò a sudare freddo.

"La signora dall'abito vittoriano...".

"Cosa... ha... f-fatto?".

"Poco dopo che sei andato in bagno è ripassata. Ha guardato nella mia direzione e, come se mi conoscesse, si è avvicinata a passi lenti".

"E... poi?".

"Sì è messa davanti a me, era così pallida... i suoi occhi sembravano fissarmi con compassione. "Marta...". Ha detto sottovoce. "Ci conosciamo??". Le ho chiesto. Ma tutto quello che ha fatto è stato alzare la mano e toccarmi la fronte. L'ha massaggiata lentamente, fino a quando ho visto tutto bianco e... mi sono svegliata qui".

"Non ti lascerò più un secondo da sola!". Il marito le strinse la mano ancora più forte. "Adesso mi credi??".

"A cosa?".

"A quella... donna".

"Io... penso di aver avuto una allucinazione e...".

"No!". Gridò Gianni. "Vuoi capire che il fantasma di Ermelinda esiste?? E' una anima assetata di vendetta".

"Ma... vendetta verso chi?".

"Verso il Trotti. Colui che le rubò la villa accusandola di omicidio e uccidendola...".

"Non capisco... ormai quel sindaco sarà morto e sepolto".

"Esiste ancora un superstite della famiglia Trotti...".

"E... chi è?".

"Jack... lei vuole che lo uccida". Ritornando pallida, la moglie lo fissò senza battere ciglio. "Pensandoci, non ha tutti i torti. Il suo spirito mi ha detto che abusa di Francesca facendole passare le pene dell'inferno".

"Non... non può essere vero!".

"Io le credo...".

"La Fra non mi ha mai detto nulla...".

"Prima l'hai sentita "strana" al telefono, vero?".

"S-sì...".

"Perché non le dici di venire qui? Almeno facciamo due chiacchiere...".

"Ma... ci sarà Jack...".

"A Jack non importa niente di te. Verrà sola...".

Gianni ebbe ragione: dopo la chiamata della moglie, Francesca si precipitò all'ospedale.

"Patata!". Nella stanza abbracciò immediatamente l'amica. "Che mi combini??".

Quando Marta spiegò l'"indicente", non citò l'apparizione; riguardo il suo malessere, come i dottori, diede la colpa al caldo.

"Devi stare attenta tesoro!". Disse Fra. "Beh, importante che ora stai bene".

"Grazie, tu come stai?". Le chiese Marta.

"Io... bene...". Ma sia lei che Gianni notarono il volto sbattuto.

"Jack non è venuto?". Udendo il nome del compagno, gli occhi si spalancarono per un attimo.

"N-no... non poteva".

"Ultimamente lo vedo un po' strano...". Insisté Marta. "Cosa gli è preso ieri sera?".

"Nulla, perché?". L'amica iniziò ad agitarsi.

"Io vado a prendere il caffè". Capendo l'antifona, Gianni si alzò dalla sedia. "Lo vuoi anche tu?". Chiese alla moglie.

"No, grazie...".

Una volta sole, la bionda fece cenno all'amica di avvicinarsi al letto. Quasi titubante, Francesca si sedette al posto di Gianni.

"Cicetta...". Marta le accarezzò la mano. "Avete litigato, vero?".

"Beh...". Le ferite sulla schiena sembrarono sanguinare ancora. "Ogni tanto facciamo qualche discussione, ma...".

"Ma?".

"Penso sia... normale. Anche tu e Gianni litigherete, immagino".

"Tutte le coppie lo fanno. Altrimenti c'è da preoccuparsi. Cos'è successo? Dimmi...".

"Ma niente...". La voce della donna divenne nervosa e sbrigativa. "Aveva fretta di andare a casa, come al solito".

"Che hai fatto lì?". Mentre sistemò la manica della maglietta nera, Marta notò una specie di graffio sul braccio sinistro.

"Io...". Lo coprì immediatamente. "Devo aver sbattuto da qualche parte".

"Aspetta!". Marta la fermò prima che si alzasse. "Ci siamo sempre dette tutto, giusto?". L'amica fece cenno di sì con la testa. "Quindi: se c'è qualcosa che ti turba, dimmelo. Non è per caso che Jack a volte è troppo... aggressivo?".

"No!". La seconda volta non riuscì a trattenere l'amica. "Come puoi pensare una cosa simile?". Si sentì offesa. "E' vero: a volte discutiamo, anche pesantemente ma... non si è mai permesso di...".

"Capisco". La interruppe. "Sappi che io e Gianni siamo sempre disponibili, mi raccomando".

"Lo so... ma non c'è nessun motivo per cui preoccuparsi".

Prima che Francesca lasciò la stanza, le due amiche si baciarono sulle guance. Con una gran fretta di andarsene, Fra quasi non ascoltò le raccomandazioni della bionda.

Senza nemmeno incrociarla, Gianni rientrò dalla porta con il caffè in mano. "Allora?".

"Avevi ragione. Dobbiamo fare qualcosa". 

Una Strana Eredità - Terza ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora