Capitolo 2

66 13 3
                                    

Le strade sembravano confondersi davanti a lui man mano che avanzavano verso il luogo in cui li stava conducendo la donna. La vedeva girarsi nella sua direzione mentre camminavano e capiva che stava parlando con loro, ma non riusciva a distinguere le parole. Ermal non era del tutto cosciente di ciò che stava succedendo intorno a lui, essendo ancora frastornato dalla baraonda nella quale era stato immerso fino a pochi attimi prima. 

Appena provava ad alzare la testa questa iniziava a girare vorticosamente e la vista gli si annebbiava. Intorno a sé intravedeva alcune persone che correvano verso la direzione dalla quale loro si stavano allontanando, o forse era il contrario? Ermal non ne era sicuro, non riusciva a stare concentrato, a malapena era in grado di mettere un piede davanti all'altro e spesso perdeva l'equilibrio, rischiando di rovinare a terra. Le uniche cose che percepiva erano la presa salda dello sconosciuto intorno alle sue spalle e al suo torace e un assordante ronzio nelle orecchie, accompagnato dal rumore dei suoi passi sui ciottoli che rimbombavano nella sua testa come una moneta che cade sul pavimento di una cattedrale immersa nel silenzio, rompendo la quiete con il suo tintinnio. Sentiva di essere arrivato ad un punto in cui non sarebbe più riuscito a proseguire. Si fermò di colpo, tutto intorno a lui diventò nero: stava perdendo conoscenza, lo percepiva. L'ultima cosa che sentì fu la voce del ragazzo di fianco a lui, che stava cercando di dirgli qualcosa, ma non fece in tempo a capirlo.

Una superficie abbastanza morbida sotto di sé e un profumo indefinito di spezie furono ciò che Ermal percepì appena riprese conoscenza. Era conscio di essere sveglio, ma non abbastanza da aprire gli occhi e perciò decise di lasciare che il suo corpo si risvegliasse con la calma necessaria e cercò di utilizzare gli altri sensi per capire dove si trovasse in quel momento. Sotto di sé probabilmente erano disposti dei cuscini, dato che percepiva una superficie morbida ma discontinua. Provò a muovere leggermente il braccio sinistro, ma sentì una fitta di dolore e si accorse che era fasciato con alcune bende e nessuna stecca, segno che il braccio non fosse rotto, ma solamente ferito. Decise allora di muovere il destro e incontrò un ostacolo e capì che si trattava di un lenzuolo. Cosa ci faceva in un letto? L'ultimo ricordo che aveva era quello di una strada, di una donna con un bambino e di un ragazzo. 

Di colpo tutto divenne più chiaro e si ricordò. 

Era una mattinata che non si discostava di molto dalle altre: si era alzato di buona lena, aveva salutato la madre e i fratelli e si era diretto nella bottega dove praticava l'arte della pittura. Ad un certo punto però il pennello che stava usando si era sfilacciato troppo e con il permesso del suo maestro era uscito per comprarne uno. Sulla via per raggiungere l'artigiano dove si riforniva di solito era incappato in una baraonda davanti al palazzo dove si erano riuniti Medici e Pazzi ed era finito nel bel mezzo di una rissa. In quel vociare chiassoso aveva distinto l'urlo di un bambino, aveva sentito subito l'istinto di salvarlo dall'orda di persone ed aveva incontrato a dargli man forte un uomo di qualche anno più grande di lui dagli occhi del marrone più intenso che avesse mai visto. Poi i ricordi si facevano più confusi, ricordava calci, il bambino portato via dal ragazzo, il ragazzo che tornava da lui e lo sosteneva, loro che uscivano dalla folla, un vicolo e basta.

Man mano che riprendeva conoscenza nella sua testa nascevano nuove domande: come stava il bambino? Dove si trovava lui? Perché era in un letto? Come ci era arrivato?
Alle sue orecchie giunsero voci ovattate, provenienti probabilmente da una stanza vicina alla sua. 

Prese coraggio e aprì gli occhi. Immediatamente sussultò perché davanti al proprio viso si ritrovò due occhi vispi di un verde brillante che lo squadravano con fare curioso. 

"Ciao strano!" disse il bambino sorridendo. Ermal storse il naso, si tirò su appoggiandosi al gomito destro e guardò il bambino, salutandolo a sua volta. Era un esserino alto un metro circa, indossava una guarnacca* blu e una calzamaglia scura. Aveva un graffio su una mano, ma per il resto era illeso. "Strano, la mia mamma ha detto che devo ringraziarti perché tu e l'altro signore mi avete salvato, quindi grazie!"
Ermal si mise seduto, allungò la mano destra e arruffò i capelli del bambino.
"Di nulla piccolo. Ma dimmi, perché mi chiami strano?" chiese Ermal.
"Be' perché si vede che hai qualcosa di ... Strano! Tu non sei fiorentino!" constatò il bambino.
"Hai ragione, io vengo da molto molto lontano." disse Ermal
"Aaah, lontano come il regno di Napoli?" chiese curioso il bambino.
"No piccolo, ancora più lontano, oltre la parte più lontana della Serenissima" rispose Ermal.
Il bambino sgranò gli occhi sorpreso, quasi sconvolto.
"Lontanissimo! Sei proprio proprio strano allora! Sai, anche a palazzo ci sono persone che vengono da lontano, ma non così! Io le ho sentite parlare in modi diversi, tutti strani!" esclamò il bambino. "Sai, sento tante cose a palazzo, cose che alcuni adulti cattivi dicono a bassa voce, ma che un bambino come me sente sempre!" aggiunse il bambino. 

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 27, 2019 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Un incrocio di destini in quel di FirenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora