ᴄʜᴀᴘᴛᴇʀ ꜱɪx

1.2K 105 13
                                    


LET ME HEAR
♢ Chapter six: nightmare


.·:*¨༺ ☆ ༻¨*:·.


Erano le tre del mattino e Jimin non riusciva a trovare nessuna traccia di sonno, continuando così a giocare con la sua pallina da tennis.

Continuava a pensare a quello che era successo ore prima in quel salotto. Il ragazzo sembrava stare bene, non aveva sentito alcun rumore provenire dal piano superiore e non voleva averci a che fare più di quanto doveva.

Aveva la mente piena di informazioni ma non riusciva ancora a trovare il capo del filo. Voleva sul serio sapere l'artefice dietro alle ferite del ragazzo ma allo stesso tempo, non voleva.

Sapere, significava solamente entrare nella sua vita e avere problemi. Ne aveva già abbastanza per quanto lo riguardava.

Lanciò la pallina in aria e nel momento in cui la riprese, un rumore lo fece paralizzare all'istante. Proveniva dal piano superiore.

Era abbastanza sicuro di aver chiuso le finestre, non sarebbe portato entrare nessuno. Nessuno aveva motivo di entrare, possibile che sia stato proprio quel ragazzo a crearlo?

Salendo velocemente le scale, afferrò saldamente la maniglia prima di aprire la porta ed entrare. La prima cosa che vide era Jeongguk seduto sul pavimento con una mano sul fianco.

Una volta acceso le luci, si avvicinò a lui aiutandolo a alzarsi e in quello, poteva notare del sangue sulle sue dita. Doveva aver controllato la ferita in precedenza, ma quello che lo stava scombussolando erano le lacrime sul suo viso.

Non sapeva davvero come aiutarlo in quel momento. Non poteva sentirlo e non sapeva cosa fosse successo. Poi un'idea gli venne in mente. Il telefono.

_______________
"cosa è successo? ne vuoi parlare?"
_______________

________________________
"ho fatto solo un incubo. mi dispiace se ti ho svegliato. volevo accendere la luce ma mi sono scontrato con il comodino. sto bene"
________________________

Finito di leggere, Jimin alzò lo sguardo sul suo viso mentre si asciugava le guance con un fazzoletto. Non stava per niente bene. Poteva notare il tremolio alle mani, era tutt'altro che tranquillo.

________________
"ma stai tremando. fidati di me. non siamo partiti bene, lo so. ma posso aiutarti. non dirò nulla a nessuno"
_________________

Jeongguk rimase a fissare il pavimento per lunghi secondi prima di portare la sua attenzione su Jimin seduto accanto e annuire leggermente. Jimin sorrise ringraziandolo per la fiducia che gli stava dando e mettendosi poi composto sul letto, con le gambe incrociate, gli ridiede il telefono.

Iniziò ad osservarlo. I suoi capelli erano corti ma aveva la frangia che gli copriva quasi tutta la fronte e i ciuffi alquanto disordinati. Sembravano però lisci.

Il suo profilo lo attraeva.

Abbassando lentamente lo sguardo, si ritrovò a guardare il suo collo scoperto. Non riusciva a distogliere lo sguardo, non ne capiva il motivo, ma dovette farlo quando lo vide muoversi. Sembrava stesse tremando e guardando il proprio telefono, vide una goccia d'acqua sul display.

Avvicinandosi, iniziò a leggere la nota.

_______________________________
"sognai di tornare a casa dopo la scuola. chiusi la porta alle mie spalle, trovai mio fratello in salotto a guardare la tv. riuscivo a parlare e lo salutai. andai in camera mia e trovai mia madre sul letto a piangere, le chiesi il motivo per cui stesse piangendo ma non mi rispose, era come se fossi invisibile per lei. però dopo, entrò mio padre e| "
_______________________________

Il testo finiva in quel modo. Guardando il volto di Jeongguk, lo vide con gli occhi stanchi fissi sulla porta e in un modo o nell'altro, aveva iniziato a ricollegare quello che aveva sognato alla renata. Possibile che sia stato il padre a ridurlo in quello stato? Poteva essere una teoria.

Ripreso il telefono e cancellando la nota, lo mise sul comodino prima di prendere le mani del ragazzo facendo spostare in quel modo la sua attenzione su di lui.

Non aveva bisogno di parlare, poteva solamente farglielo comprendere con i gesti. Così fece. Avvicinandosi, allungò le braccia dandogli un abbraccio.

Si era promesso di non aiutarlo, di non farsi coinvolgere, ma non poteva ignorarlo. Non più. Non riusciva a immaginare un genitore ferire il proprio figlio, non poteva proprio sopportarlo.

L'avrebbe aiutato.


.·:*¨༺ ☆ ༻¨*:·.

Let Me Hear - Kookmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora