Ho sempre trovato la pioggia affascinante, rilassante e impertinente allo stesso momento. Non ho mai capito chi la disprezza, preferendo la banalità del sole, del cielo spoglio di nubi e sereno.
La pioggia è come me: malinconica, irruenta ma anche gentile, quando vuole. Può essere tua nemica, quando ti coglie alla sprovvista durante una commissione importante, oppure tua amica, quando ti tiene compagnia al buio e diventa la melodia perfetta per le tue letture.
La pioggia è come noi, perché si mescola a tutto, ma quando cade è sola.
Sento le gocce picchiettarmi prepotentemente sul naso, gli abiti pesanti, zuppi d'acqua, che mi spingono giù, verso il centro della Terra. Lascio che le mie scarpe affondino nelle pozzanghere e non mi curo dei calzini bagnati, o dei piedi che scivolano sul pavimento ciottolato del centro città.
Oggi ho voglia di essere trascinato via, come un pezzo di carta che vola via col vento, o un sassolino che viene mosso dalla corrente. Voglio essere inanimato e passivo, camminare senza meta e senza ombrello.
Vago per le strade del centro senza sapere dove voglio arrivare, finché arrivo esattamente dove avrei voluto essere.
Davanti a me si erge il Duomo della città, alto e imponente, ma non quanto altre strutture che conosco. Forse la sua potenza è racchiusa nella sacralità, anche se non sono un credente e non mi sono mai interessate le cose sacre.
Ma perché sono arrivato qui? Io non volevo arrivare da nessuna parte.
Salgo i gradini guidato dalla passività che oggi mi contraddistingue, e con la testa persa da un'altra parte, non mi accorgo della persona che è seduta sui gradini davanti a me.
Le schiaccio un piede, e non ho neanche la forza di volontà per scusarmi, per aiutare questa ragazza a scappare via dalla pioggia.
Mi tradisco da solo quando mi fermo ad osservarla: non ha un ombrello, né un impermeabile a proteggerla dal maltempo. E non sembra importarle.
Le chiedo scusa, troppo in ritardo secondo il codice civile e sociale, ma solo adesso sembro aver riacquisto un briciolo di lucidità.
Lei non mi risponde e non dovrebbe interessarmi, eppure mi interessa.
«Che ci fai qua da sola a quest'ora?».
Sono le 3 di notte.
Lei alza finalmente gli occhi su di me, i capelli nascosti sotto ad un cappuccio fradicio, il trucco sbavato, sciolto dalla pioggia.
«Aspetto» risponde lei, spostando le sue iridi grigie lontano da me.
«Non dovresti stare da sola a quest'ora. C'è brutta gente a giro» le dico con le mani in tasca.
«Succedono sempre cose brutte quando piove» risponde lei.
«E poi come faccio a sapere che tu non sei uno di loro?» aggiunge, senza voltarsi verso di me.
Se fossi più lucido, probabilmente riderei. Ma oggi ho lasciato andare quella parte di me, dunque rimango impassibile.
«Non hai tutti i torti. Potrei essere un serial killer».
La ragazza scoppia in una risata fragorosa, dal suono inquietante. Il suo volto si contorce in una smorfia e i suoi occhi mi puntano.
«O magari lo sono io».
Adesso rido anche io, lo faccio quasi spasmodicamente, come quando si è nervosi.Ci fissiamo a lungo, con l'acqua che continua a cadere incessantemente, schiantandosi su di noi, che siamo ormai fatti di pioggia.
Un brivido mi percorre la schiena quando nessuno dei due ormai sta più ridendo.
Poi all'improvviso lei si alza e mi saluta con un cenno della mano e un sorriso beffardo che le incide il volto.
È inquietante, ma anche molto bella. È affascinante, come la pioggia. Ed era sola anche lei, come me, come la pioggia.
Quando la suola delle mie scarpe torna sul ciottolato, lontano dai gradini lisci e consumati della chiesa, tutto si fa improvvisamente silenzioso ed è come se l'intera città stesse trattenendo il respiro.
Ha smesso di piovere, dal nulla, proprio come ha iniziato.
La ragazza ormai sarà ben distante da me, e io la penso già, senza neanche sapere il suo nome.
Torno sui miei passi, verso casa, verso la ripresa della lucidità.
Non ricordo neanche di essere arrivato al letto ed essermi addormentato, ma questo non lo ricorda mai nessuno.
E così apro gli occhi stordito, mi sveglio e lucidamente mi alzo. Il ricordo della notte passata è vivido nella mia memoria, così come il freddo dentro le ossa che mi ricorda le ore passate sotto la pioggia.
Faccio colazione con la tv accesa, il caffè bollente che mi accarezza le guance col suo vapore caldo. Il televisore è acceso e mi tiene compagnia, non pretende di essere ascoltato davvero.
Fino a quando delle immagini mi scorrono davanti e mi colpiscono come uno schiaffo.
In sovraimpressione un testo, accompagnato dalla voce della giornalista, che raccontano l'accaduto: "Trovato un corpo in mezzo a Bologna. Aperte le indagini per omicidio".Le immagini mostrano una chiesa, la stessa chiesa dove mi trovavo ieri sera. Il telegiornale mostra dei gradini, gli stessi dove mi trovavo ieri sera. La giornalista sta dando via via tutte le informazioni di cui dispongono: il corpo è stato trovato in una via vicina alla chiesa, ancora non sono chiare le cause della morte, ma le circostanze fanno pensare ad un omicidio.
Ci sono segni sul corpo dell'uomo, sembra sia stato accoltellato, ma è ancora presto per dirlo.Le immagini mostrano soltanto il centro città, ancora bagnato a causa del diluvio. Mi ritrovo a pensare che vorrei vedere le foto di quel cadavere, ma scaccio quell'idea dalla mia mente.
Il caffè mi aspetta ma non sa che non lo berrò più, ormai. Rimango lì a fissare lo schermo, mentre un pensiero si fa spazio insistentemente nella mia testa... Qualcosa riguardo una ragazza sola in piena notte, a pochi metri dalla scena del crimine, mentre ride rumorosamente ad una macabra battuta.
No, non può essere. Sicuramente mi sto sbagliando.Alla fine succedono sempre cose brutte quando fuori piove.
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Quando piove
Mystery / ThrillerSuccede sempre qualcosa di brutto quando piove. Breve storia inquietante su Dario